Da Trittico della crudeltà

Da Trittico della crudeltà

Da Trittico della crudeltà

Da Trittico della crudeltà

Ragnatela, credit Mary Blindflowers©

 

Giuseppe Ligresti©

Da Trittico della Crudeltà

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A volte ho negli occhi
un nugolo di leggerezza,
quel quotidiano capzioso,
Fuga Redenzione Strapiombo…
Altre volte mi formicolano le dita,
questa figurina
– che sta appena in un palmo –
che si scolla, che scolora.
E poi questa immagine sacra,
il disavanzo della memoria,
della contemplazione estatica, alcolica.
Eppure negli spruzzi d’onda
– dove ha fine l’esistenza –
non trovi che una sospensione temporale,
mi parli di un busto nella ruera,
di un corpicino che puzza,
di quel poco che resta
di queste nostre vite secondarie.

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Quando Vascelli prosaici
raggiungeranno le Memorie
– corollario purpureo delle fasi mistiche –
l’Ombra si schianterà tra i diaspri,
nell’enfasi sacerdotale di una predica serale,
là dove i crepuscoli ostentano
la meraviglia celeste.
È ora un mozzo di bordo,
– Sovrano di un sogno apocalittico –
a regnare i flutti;
angarierà il Nocchiero,
l’anima sua si farà Antartico
per sfiorare i corpi cosmici.
Ma non sarà mai abbastanza la distanza
dal magma ai bordi stellari,
dalla barriera corallina, miopi,
decifreremo appena il Tetragramma.

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Se il Mondo andasse in frantumi
ritroverei senz’altro qualcuno
a pestarmi le unghie,
il silenzio delle tombe sarebbe più alto
delle strida incresciose
di un ernioso orfanello,
con la mia pelle ricamerebbero
il pastrano della Morte.
E tu sogneresti allora
d’intessere lodi per la mia gloria?
Sarebbe magari ossequioso
scavare una congerie di cadaveri
per sottrarmi alla boria della morte,
per morire abbracciati
con le vene intrecciate.

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