Ti fermi Lucy, retrofuturo

Ti fermi Lucy, retrofuturo

Ti fermi Lucy, retrofuturo

Ti fermi Lucy, retrofuturo

Vintage African Sculpture, credit Antiche Curiosità©

 

Paolo Durando©

Ti fermi Lucy, retrofuturo

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Retrofuturo presente

 

Ti fermi Lucy sul bordo del tempo,
il passato assente sulle rive della palude.
Fiotti di calore, insetti mortiferi,
umido nella foresta prima del deserto,
levigate rocce nascoste, resti di armi,
rotule sparse, mandibole.
Piccola Lucy dal femore intatto,
protesa verso il retrofuturo,
morta, rinata, tangente il cronotopo,
panorama di tutti i prima e i poi,
sfera illimitata d’istanti,
Lucy ti spegni sulla palude spenta.
Retrofuturo sull’acropoli,
imperi, dèi, dispensiere fedeli,
iniziazioni nei templi dell’amore.
Etèra dagli occhi bistrati,
liscia pelle di letterata infida,
scorta dalle altre come una domanda,
nei fugaci momenti fuori dai ginecei.
Retrofuturo nell’ accesso all’agone,
il coro monta, vaglio dei possibili,
voci ritmanti in coda alle svolte,
disvelamenti lungo le ore mediterranee.
Sulla punta delle dita di seta,
interiezioni di agile mondanità,
godibile fascino di una parte del vero,
ladra di incanti, finchè ti perdi.
Ancora muori e ancora,
retrofuturo di ingenui abbagli,
tessere d’universo a comporre.
Con una cloche a Manhattan,
vicina al rituale compianto sulle Torri,
per quel cimento spettacolare dell’imprevisto,
svuota teste, amputazione di sguardo,
sequestro d’idee ma per altro, in nome d’altro.
Retrofuturo, se non si ha futuro nel presente,
sbagliando chi aveva previsto la fine.
È la non-fine, nell’eterno presente, la fine.
Il futuro estinto, che noia in grande!
Lucy ti addormenti sulla palude virtuale.
Dinqinesh

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Interglaciale

 

La promessa arriva ogni sera al sole di mai.
L’eco di un ritorno, la risposta
dalle ere di umide risacche del vento.
Si svolge da lontananze eoniche
la trama dell’ulteriore racconto,
tremenda e assurda – forse – rivelazione graduale.
Lo sguardo sulle montagne cerca gli anfratti, gli altopiani,
lo smussarsi di ogni punta di ghiaccio,
il venir meno infinitesimale della morsa.
Organi, pulsioni respiri si liberano
nel riconosciuto agio di un altro tempo.
La Terra ne ha passate tante, al caldo è seguito il freddo e poi ancora
e l’oceano Tetide non brilla più sotto le cime scarnificate,
intere foreste sono sepolte sotto strati di paesaggi diversi.
Fischiano le valli e si rivolta l’acqua pura dei fiumi.
Zampe, penne, felci, vermi ha macinato insieme
questo mondo antico neonato.
La vista si allarga ancora oltre i laghi e le gole,
verso le vicende, le mirabili contraddizioni.
La lunga trafila dopo il sonno.
Saremo in tanti.

 

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Rivista Il Destrutturalismo

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