Scientismo, fisica quantistica, società

Scientismo, fisica quantistica, società

Scientismo, fisica quantistica, società

 

Scientismo, fisica quantistica, società

Vintage Tibetan Handcarved Temple Sculpture of the Standing Buddha, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers & Angelo Giubileo©

Scientismo, fisica quantistica, società

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Lo scientismo, nato dal positivismo francese della seconda metà dell’Ottocento, è un atteggiamento filosofico per cui tutto può e deve essere spiegato alla luce della scienza. Si tratta di una posizione molto di moda oggi, talmente in voga da arrivare al parossismo di associazioni improprie ed utopiche che spesso non hanno nessun riscontro nel mondo reale. Il puerile tentativo di spiegare tutti i meccanismi della società umana tramite la scienza, associa, per esempio, la fisica quantistica al tessuto sociale o meglio a una visione chiamiamola così “buddhista” ed edulcorata del mondo.

Cosa c’entra il buddhismo con la fisica quantistica?

C’entra perché secondo la fisica quantistica siamo noi stessi a produrre i risultati delle nostre misurazioni. Senza un osservatore non esiste una realtà oggettiva. Il buddhismo dice più o meno la stessa cosa: “Se questo esiste, quello esiste; se questo cessa di esistere, anche quello cessa di esistere”. In pratica nulla è reale finché non c’è qualcuno che lo osserva.
Da qui si arriva all’applicazione alla società: l’individuo consapevole diventa ciò che pensa, frase che riecheggia il latino: “Faber est suae quisque fortunae”, attribuendo estrema importanza all’osservatore, quello stesso osservatore senza il quale, nella meccanica quantistica, non esisterebbe una realtà, quell’osservatore che per il buddhismo arriva alla verità tramite il mezzo che preferisce.
Ma, l’escamotage dell’osservatore, il deus ex machina che risolve il nodo in ciò che rappresenta il teatro dell’essere, è mito che si ripete. Non a caso il nome di Gilgamesh, trascritto nelle tavolette dell’omonima epopea risalenti a circa 5.000 anni orsono, è traducibile con l’espressione “colui che vide tutto”. E “l’osservatore” è anche colui o colei che dà forma e contenuto, e quindi crea e interpreta finanche il più celebre “paradosso di Achille e la tartaruga”. Nella concezione di uno spazio matematico, l’Achille del paradosso non raggiungerà mai, correttamente, la tartaruga. Bertrand Russell, matematico di eccellenza, non riuscì a risolvere quello che chiamiamo “paradosso” – dato che nello spazio viceversa geometrico la nostra esperienza ci suggerirebbe piuttosto il contrario e cioè che Achille finisca con il raggiungere la tartaruga. Dopo Russell, nell’ambito del linguaggio della matematica, per la risoluzione del problema serviranno i numeri “immaginari”.
Ma, cosa importa ciò nella nostra “realtà” e con i numeri viceversa “reali” che dovrebbero servire a rappresentarla? E allora, prendiamo a prestito le parole di Watzlawick e diciamo: “Tutti i numeri sono positivi, negativi o zero. Di conseguenza ogni numero che non sia positivo o zero è negativo e ogni numero che non sia negativo o zero deve essere positivo. E come la mettiamo allora con l’apparentemente innocua equazione x2+1= 0? Se spostiamo l’1 dall’altro lato dell’equazione, otteniamo che x2= -1, e quindi che x= √-1. In un universo concettuale costruito in modo tale che ogni numero può essere solamente positivo, negativo o zero tale risultato è però inimmaginabile, perchè quale numero moltiplicato per se stesso (elevato al quadrato) può dare il risultato di -1? L’analogia di questa impasse con il dilemma paradossale precedentemente citato, che nasce in un mondo basato sul concetto di vero e falso e del terzo escluso, è ovvia. Tuttavia, per quanto immaginabile o inimmaginabile essa sia, matematici, fisici e ingegneri hanno già accettato con equanimità la radice quadrata di -1, le hanno assegnato il simbolo I (che significa immaginario), l’hanno inclusa nei loro calcoli al pari delle altre tre (immaginabili) categorie numeriche (positive, negative e zero), e con essa hanno ottenuto risultati pratici, concreti e perfettamente immaginabili” (P. Watzlawick, La realtà inventata).
La società umana è dunque una costruzione artificiale voluta dall’uomo che non è basata sulla forza e la personalità dell’osservatore, ma su una variabile x. E allora: “se teniamo la mente ‘monda di pregiudizi’, come suggeriva Bacone, e cerchiamo di definire x unicamente dal contesto, troveremo che esiste un altro concetto, e solo quello, che può sostituirsi a x senza generare assurdità o contraddizioni, e questo concetto è il puro spazio geometrico stesso, per il quale i Greci non possedevano ancora un termine tecnico (è noto che i primi Elementi erano essenzialmente bidimensionali)” (G. de Santillana, Fato antico e fato moderno). Le jeux sont faits rien ne va plus.
Nella società odierna, x è una variabile che costruisce un muro tra l’individuo e la costruzione del proprio destino: il denaro. La società umana è basata sul denaro. Possiamo dire a un bambino africano nato povero, se non innalzi il tuo livello di coscienza, nulla può accadere? Possiamo dirgli tu diventerai ciò che pensi? Sarai l’artefice del tuo destino? Siamo veramente sicuri che quel bambino abbia le stesse possibilità di un bianco europeo upper class? Sono domande che occorre farsi per capire che non sempre il sogno è realizzabile, insomma non per tutti e che le applicazioni del buddhismo e della fisica quantistica e di ogni altra teoria alla società, sono molto belle ma nella pratica cadono, ovvero cedono di fronte alla realtà.
Una cosa è osservare i quanti oppure pensare che le vie per raggiungere l’illuminazione siano diverse, un’altra è avere la consapevolezza che l’unica illuminazione di cui si dispone sia quella elettrica e che poi tocca pure pagare le bollette. In poche parole, c’è un gap tra realtà e scienza o tra realtà e filosofia. L’unica vera consapevolezza è riconoscere che non sempre il sogno è realizzabile perché ci sono fattori che non possono essere controllati e sui quali l’uomo non può nulla. L’importanza di un osservatore che è fondamentale nella teoria dei quanti, non può essere applicata impunemente alla realtà sociale, senza correre il rischio di creare castelli in aria e false analisi.
La scienza non spiega tutto e nemmeno la religione, sebbene il buddhismo sia considerata la più “scientifica” tra le religioni proprio perché è una non-religione. Ma né il buddhismo e né la meccanica quantistica possono offrire una visione reale del sociale perché l’uomo non è una particella quantica, elementare, ma una creatura complessa e distruttiva.
La verità – religiosa, politica, scientifica, etc. – è una finzione, una costruzione che serve a chi intende servirsene allo scopo corrispondente. La dialettica aristotelica vero-falso-terzo escluso è soltanto uno strumento utile a chi se ne serve per uno scopo che è estraneo a ciò che comunemente diciamo “realtà”. La realtà medesima non ha alcuno scopo. La realtà dei religiosi e dei fisici, costruttori di teorie, è immaginazione che serve, ma pur sempre immaginazione. Non a caso, stretto tra la teoria macrocosmica della relatività generale e la teoria microcosmica della meccanica quantistica, lo stesso Einstein affermava che la fisica non è e non potrà esprimere mai alcuna certezza.
E quindi, a maggior ragione, le interpretazioni del sociale su base scientistica prestano il fianco all’assioma: se sei bravo, credi nelle tue capacità, se hai consapevolezza e volontà, puoi realizzare il tuo sogno, sta a te, frase che porta alla sintesi: se hai talento prima o poi arrivi perché sei tu a volerlo… Sono frasi costruite apposta per imbonire le masse e far loro credere che tutti siano nati con le stesse possibilità, che il mondo sia un’oasi per tutti e che non esistano muri. Tutto molto bello, ma tremendamente falso. Se i quanti sono la terza alternativa, certi uomini non hanno alternative, qualunque sia il loro punto di vista e il loro grado di comprensione del mondo. Capire non sempre aiuta a modificare il destino. Chi dice il contrario, semplicemente, mente.

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Comment (1)

  1. GIANCARLO

    NON HO UNA POSIZIONE PER POTER GIUDICARE

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