Leggete! Ma anche no!

Leggete, leggete! Ma anche no!

Leggete! Ma anche no!

Leggete, leggete! Ma anche no!

Le reti, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Leggete, leggete! Ma anche no!

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A Natale e durante le feste comandate le raccomandazioni “culturali” si rafforzano, assumendo quasi un’aria paternalistica: leggete libri, comprate libri, i libri sono il cibo della mente, aiutano a vivere, cambiano la vita, etc.
Non mi risulta che nessun libro abbia mai cambiato la vita di nessuno, a meno che tra le pagine l’acquirente non abbia trovato per caso una pagina manoscritta da Leopardi o una banconota milionaria e non sempre chi legge tanto è poi così intelligente, tant’è che persone che si vantano di aver letto ottantamila libri, spesso non riescono a fare un ragionamento che richieda un minimo di autonomia e si perdono nell’involucro a spirale di citazioni che spesso non hanno nulla a che fare con l’argomento di cui si parla.
E siccome ho parlato di citazioni, lupus in fabula, il buon Arthur:

 

Nove decimi della nostra attuale letteratura non ha altro scopo che spillare qualche tallero dalle tasche… Quando leggiamo, qualcun altro pensa per noi: noi ripetiamo solamente il suo processo mentale… quando si legge ci è sottratta la maggior parte dell’attività di pensare… Quindi accade che chi legge molto e per quasi tutto il giorno, piano piano perde la facoltà di pensare. Questo è il caso di molti dotti: hanno letto fino a diventare sciocchi… Tanto più si legge, tanto meno ciò che si è letto lascia tracce nello spirito: diventa come una lavagna su cui si è scritto troppo e in modo confuso (Parerga und Paralipomena, Arthur Schopenhauer, 1851).

 

La lettura di per sé non rende né più svegli né aiuta a diventare scrittori se non si affinano le proprie doti naturali e se non si hanno doti naturali si possono leggere intere biblioteche, ma si rimane lettori o si diventa pessimi scrittori a meno che non si abbia fede e si ricorra ai santi in Paradiso, i soli che permettono a uno scrittore mediocre di emergere. Di queste emersioni simili a quelle dell’escremento sull’acqua, ce ne sono tante. La cattiva letteratura non soltanto serve a spillare soldi che potrebbero essere impiegati diversamente, ma fa reali e consistenti danni, perché, come sosteneva Schopenhauer, aiuta a non pensare. Frasi di sorprendente attualità quelle del filosofo tedesco, in un mondo bestselleriano ed edonista in cui la transitorietà della cattiva non-letteratura (sarebbe meglio chiamarla così) è decisamente più apprezzata della vera letteratura.
Ma come si fa a distinguere il dio vero dal falso, sempre che un dio esista?
Che differenza c’è tra il puro intrattenimento e l’intrattenimento che diverte ma aiuta anche a pensare?

I contenuti.

La differenza principale è data dall’innocuità. La letteratura vera non è mai innocua, ma attraverso un procedimento che può essere realistico o simbolico-metaforico, mette in campo problemi reali e procede alla loro disamina critica. La critica può essere sottintesa, sottile, allusiva o diretta.

La pseudo-letteratura costruisce un mondo patinato e irreale in cui i problemi spariscono perché l’unico scopo è evadere scivolando sulla futilità di un mondo perfetto.

Lo stile.

La vera letteratura si assume l’onere del rischio, apportando innovazioni stilistiche, sperimentando nuove strade e rifuggendo dal déjà-vu che sicuramente è molto utile per vendere in una società che ha l’imprinting simile alle papere. La vera letteratura ama l’azzardo.

La pseudo-letteratura, al contrario, si distingue per l’uniformità dello stile che ripete ritmi già verificati e accettati, imitandoli pedissequamente, non ama dunque né rischio né sperimentalismo.

Le trame.

La vera letteratura costruisce trame semplici o complesse (sono scelte individuali) ma che hanno uno spessore capace di andare oltre la pagina scritta, per una lettura a più piani, tra le righe, dove il non detto ha una sua valenza e profondità, dove si creano connessioni mentali e storiche in cui anche il silenzio tra personaggi ha una sua densità contenutistica.

La pseudo-letteratura non va oltre la trama e la parola scritta. Tutto quello che vedi è. Non si va oltre perché lo scrivente non è capace di volare e trasportare il lettore verso una riflessione su piani più profondi.

 

Quindi quando qualcuno, in quest’epoca buonista e contraddittoria, vi dice: leggete libri siano essi buoni o cattivi, non gridate bravo! Iniziate a dubitare che si possano leggere libri inutili e non letterari senza conseguenze perché i cattivi libri sono quelli che inibiscono le vostre capacità critiche e vi convincono che gli asini volano. Tirateli giù e vedrete che al massimo, ragliano. Insomma Schopenhauer aveva ragione. Dunque, leggete leggete! Ma anche no! In questa fondamentale e solo apparentemente paradossale ambiguità, si nasconde la luce di ogni pensiero creativo.

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