Tassoni, La secchia rapita

Tassoni, La secchia rapita

Tassoni, La secchia rapita

Tassoni, La secchia rapita

Tassoni, La secchia rapita, edizione del 1910, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Tassoni, La secchia rapita, cenni

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La secchia rapita, poema eroicomico in dodici canti, venne pubblicata nel 1622, “drappo cangiante in cui mirabilmente risplendono ambidue i colori del burlesco e del grave”, secondo le Dichiarazioni del signor Gasparo Salviani, pseudonimo dell’autore stesso, e rimane indiscutibilmente il capolavoro di Tassoni, che nei suoi versi alterna la satira e la burla al tragico e motteggia personaggi del suo tempo, ridicolizzandoli.
Egli immagina che la famosa battaglia di Zappolino tra modenesi e bolognesi, sia stata causata da una secchia, rubata da alcuni soldati modenesi ai danni dei bolognesi. Quando iniziano le ostilità tra le due parti, ecco che anche gli dei si schierano chi per una parte e chi per l’altra.
Sia i personaggi che gli dei vengono sbeffeggiati e condotti nella regione del basso buffonesco. Diana lava il bucato:

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Non comparve la Vergine Diana;
Che, levata per tempo; era ita al bosco
A lavare il bucato a una fontana
Nelle maremme del paese Tosco;
E non tornò, che già la Tramontana
Girava il carro suo per l’aer fosco.
Venne sua madre a far la scusa in fretta,
Lavorando su i ferri una calzetta…

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Le Parche fanno il pane, Saturno è un vecchio catarroso con il pitale sotto la seggetta, Vulcano, un cornuto:

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Saturno, ch’era vecchio e accatarrato,
E avea messo dianzi un serviziale,
Venìa in una lettiga riserrato,
Che sotto la seggetta avea il pitale…

Tace la casta Musa e vergognosa,
Da la congiunzion di que’ pianeti,
Ritorce il Plettro e di cantar non osa.
Mormora sol fra se detti segreti,
Ch’al fuggir de la notte umida, ombrosa
Fatto avean Marte e il giovin tebano
Trenta volte cornuto il dio Vulcano…

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Mercurio conserva dentro una borsaccia le suppliche dei mortali che dispensa a due pitali che il padre aveva nei suoi gabinetti “dove con molta attenzione e cura” tiene “due volte il giorno segnatura”. La morte e il tempo situati accanto al Re, mostrano “d’aver la cacarella”.

Tassoni non risparmia nemmeno gli uomini. Gli ambasciatori entrati a Modena, mentre i cani divorano i morti, si preoccupano di trovare un posto dove si beva del buon vino:

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Restavano anco i morti in preda ai cani,
Quando in Modana entrar due ambasciatori
Con pacifici aspetti e modi umani;
E smontati al monton col vetturino,
Chiesero all’oste se egli avea buon vino…

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Enzio re, dopo aver sognato Venere che lo invita ad andare a combattere, si alza, chiede dei vestiti e presa una spada da dietro il capezzale, finisce col ferire un orinale:

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Qui sparve il sonno; e s’involò repente;
Da le luci del Re la dea d’amore
Ei mirò le finestre, ein oriente
Biancheggiar vide il mattutin albore.
Chiese tosto i vestiti, e impaziente
Si lanciò de le piume; e tratta fuore
La spada ch’avea dietro al capezzale,
Menò un colpo e ferì su l’orinale…

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Chiaro l’intento decostruttivo dei classici, operazione che già aveva fatto Boccaccio relativamente allo stilnovismo. Si tratta in entrambi i casi di autori che destrutturano la sacralità della letteratura del loro tempo, riportandone il mito sulla terra.

Tassoni però riserva la satira più pungente al Conte di Culagna che cerca di darsi sempre alla fuga durante la battaglia o di nascondersi per paura dietro il suo cavallo.

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Non lunge il conte di Culagna vede
Pomposo d’armi e di bei fregi altero:
E come ardito e poderoso il crede,
Gli sprona incontro con sembiante fiero,
Ma il Conte lesto si rilancia a piede,
E si ripara dietro al suo destriero…

Quest’era un cavalier bravo e galante,
Filosofo, poeta e bacchettone;
Ch’era fuor de perigli un Sacripante,
Ma ne’ perigli un pezzo di polmone.
Spesso ammazzato avea qualche gigante,
E si scopriva poi ch’era un cappone…

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Chi era il conte di Culagna?
Si pensa che fosse un petrarchista. Maolino Bisaccioni e i conti Alessandro e Paolo Brusantini, nel 1614 diedero alle stampe in Modena due opuscoli (non pervenuti) contro il Tassoni che aveva osato parlar male dei seguaci della perfezione petrarchesca. Secondo le fonti antiche, poi riprese dagli accademici contemporanei che hanno scoperto l’acqua calda, Il conte di Culagna altri non sarebbe che Alessandro Brusantini ridicolizzato a dovere ne La secchia in più punti del testo, (si veda a tal proposito A. Tassoni, La secchia rapita, Milano, Francesco Pagnoni Tipografo Editore, 1865, p. 13). Dalle lettere scritte dal poeta al canonico Barisoni nel 1614 “si fanno assai bene conoscere le cagioni per cui egli fosse tanto adirato contro il conte Brusantino”

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