Calasso, Adelphi, la vera cultura?

Calasso, Adelphi, vera cultura?

Calasso, Adelphi, la vera cultura?

Calasso, Adelphi, vera cultura?

Facciata di chiesa antica, particolare, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers & Angelo Giubileo©

Calasso, Adelphi, vera cultura?

.

Negli ultimi trent’anni circa, a partire dall’uscita del primo libro “Le nozze di Cadmo e Armonia” nel 1988, il destino dell’opera di Roberto Calasso è apparso indissolubilmente legato al destino dell’Adelphi, casa editrice nata, insieme a lui ventiduenne, nel 1963 e di cui era diventato direttore editoriale nel 1971 e dal 1999 presidente.
Sono dunque gli anni medesimi in cui matura e cresce anche in Italia l’utopia di una sinistra borghese e illuminista, fino ad allora culturalmente soggiogata da una destra padronale e clericale. L’Adelphi avrebbe dovuto rappresentare il riscatto di coloro che con enorme difficoltà procedevano a tentoni nel mare magnum di un sapere e una conoscenza occultati. Ma senza avere avuto il merito d’indagare il mysterium fino alle sue estreme conseguenze scettiche, scetticismo che è origine e fondamento dell’Accademia e inoltre avendo a suo disdoro la crescita dello stile radical chic, condito con un poco di superiore snobismo da camera, tipico di quella sinistra salottiera e super-borghese che di rosso ha soltanto il colore dei maglioni e delle camicie firmate da mettere sotto la giacca, improvvisando filosofie di morte-rinascita giocate comunque sempre secondo una logica italiana sul privilegio del nome e del chi ti presenta. E dunque un successo editoriale dovuto a un grande impiego di capitali necessari per la grossa editoria, il vile denaro, come si dice volgarmente, e una filosofia spiccia testimoniata dalla scelta del logo – risalente a quanto pare alla dinastia cinese Shang, che simboleggia ed evoca un ciclo universale di “morte e rinascita” – e del nome, nomen omen, che in greco sta inequivocabilmente, guarda caso, per “fratelli”. E tuttavia: un percorso stoico, che esclude l’irrazionalismo e prevede che la natura abbia uno scopo, che creda nell’uomo quale sovrano dell’intero cosmo. Erich Fromm, psicologo spiccio e noto divulgatore, diceva che “il socialismo o è coscienza dell’utopia o non è”. Impossibile, se si vuole essere del tutto logici e razionali, che quella stessa coscienza dell’utopia sia venduta per una realtà possibile e attuale.
Nel suo “Il cacciatore celeste”, Calasso ci dice non molto originalmente, a dire il vero, che “ci sono varie specie di ignoto – e due fondamentali. L’una differisce dal noto soltanto perché è un noto non ancora accertato. L’altra è un ignoto che tale è destinato a rimanere: l’anirukta dei testi vedici, un indeterminato, un indefinito, un implicito che non può esplicitarsi. Lì è il divino, di qualsiasi origine. La prima distinzione è fra chi ne riconosce la presenza (e la potenza) e chi non la avverte. Nell’espandere l’area del noto, la conoscenza scientifica espande anche quella dell’ignoto. Ma c’è un’altra conoscenza, che penetra all’interno dell’ignoto. Non-verbale per costituzione, può manifestarsi attraverso forme di varia specie, talvolta anche verbali. Allora è l’ignoto che appare”. Questa la via, trita, a cui Calasso stesso nulla apporta di nuovo, se non concettose elucubrazioni verbali ed arzigogoli saggistici che ripercorrono strade battute da tanti altri. Calasso, del resto, non era un filosofo, anche se forse si illudeva di esserlo, come non è mai stato uno storico, né un romanziere né un bravo scrittore di manuali. Calasso era Calasso, Calasso era l’Adelphi, così come Scalfari è la Repubblica, personaggi che per anni si sono permessi il lusso, indisturbati, di definirsi scrittori. Scalfari ahinoi, addirittura poeta, ultimamente, povera poesia…
In “Come ordinare una biblioteca“, Calasso ci illumina dicendo che ordinare i libri è un fatto altamente metafisico, cercando così di dare un tono elevato e saccente a un testo che altro non è che un manualetto condito di qualche citazione colta presa qua e là da varie letture. Oltre che una serie di indicazioni pratiche, in stile dissertazioni di lana caprina, come emblematicamente quella sul pergamino con cui l’autore avvolgeva i suoi libri in modo che fossero molto meno riconoscibili i dorsi. Il lancio di una pseudo-filosofia da prezioso da parte di chi sembra non sappia praticamente come impiegare il suo tempo e cerca di complicarsi l’esistenza mediante il nulla:

.

A partire da un certo anno ho fatto in modo che quasi tutti i libri che mi circondano fossero ricoperti con quella specie di carta velina che si chiama pergamino e ancor oggi viene usata dai librai antiquari in Francia… mi hanno chiesto ogni tanto perché lo faccio. Il motivo ufficiale è che il pergamino protegge la copertina dall’invecchiamento. Ma non è quello il punto decisivo, che invece è difficilmente confessabile: il pergamino serve a complicare la vita con i libri. La sua vera ragione è quella di rendere meno leggibile- o addirittura non leggibile – cio’ che è scritto sui dorsi. Il pergamino fa sì che siano molto meno riconoscibili e questo allevia chi vive in mezzo a loro – e non vuole essere obbligato a percepire in qualsiasi momento la presenza incombente di un certo libro. Mentre preferisce ritrovarlo quasi al tatto, delicatamente mummificato…

.

Che dire, si può concepire un ragionamento più inutile, concettoso, snobistico e ozioso? Cosa resta alla fine della lettura, se non un coacervo di preziosismi che non hanno neppure il guizzo del simbolo o di significati profondi? Cosa c’è di più triste di un libro avvolto nel pergamino come se dovesse essere venduto?

In “L’innominabile attuale”, profeticamente l’ignoto appare nelle forme presagite dell’intelligenza artificiale che a Calasso rammentano piuttosto gli echi della potenza distruttrice della tecnica asservita al nazifascismo hitleriano. In definitiva: il limite di una profezia, che riconosce la presenza (e la potenza) del divino. Un implicito che non può esplicitarsi. E cioè l’impossibilità di “strappare” le cose al proprio destino. Pena l’esercizio del più grave peccato di hybris, la tracotanza fiera ed orgogliosa di chi, tra gli umani, si vuole sottrarre all’ordine ignoto delle potenze della Natura. Anche qui, nulla di nuovo. Anche se il punto è un altro, racchiuso nel concetto di hybris così caro ai “nostri più antichi progenitori”, come li chiama Aristotele nella Metafisica.

L’opera di Calasso consta di circa quattromila pagine di filosofia, storia e letteratura. Generi diversi che egli ha tentato di ricondurre nell’alveo di un’unica narrazione mitopoietica. Operazione che riteniamo sia senz’altro svanita dalle mani dell’autore, se non altro perché l’ignoto, così come il divino, è, aristotelicamente, non solo “sostanza” ma anche “forma” di quell’unico linguaggio che è il mythos, inerente a tutte le forme di linguaggio possibili sia che appaiano sia che non appaiano. O anche: il linguaggio dell’intero a cui ogni singola parte non ha e non può avere in alcun modo accesso alcuno. E quindi appare quanto meno inutile, ma senz’altro vano, il tentativo di esplicitare nel testo “un implicito che non può esplicitarsi”, come dice lo stesso autore. E dunque senz’altro una contraddizione o piuttosto un esercizio di hybris che perdura per oltre quattromila pagine di rimpasti che non offrono nulla di nuovo sul piano filosofico o creativo-geniale, piuttosto svaghi oziosi di un ricco signore che si pubblicava praticamente da solo, certo così son buoni tutti a fare gli eroi…

Ora che il dio è morto è iniziata la santificazione e l’operazione di rinascita culturale secondo cui la cultura italiana se ne sia andata con lui.
Quale cultura, ci domandiamo. Quella del rimpasto?
Adelphi si regge sui classici, sulla letteratura straniera già sperimentata altrove e su autori che anche solo per essere letti devono essere “presentati”. Questo era, è e sarà per sempre il sistema. Senza corsie preferenziali lì come autori non si entra, indipendentemente da quello che si scrive o da come si scrive. Ma: se questo debba intendersi come vera cultura o casta cultura, certamente non è questo ciò che è la vera sapienza… Sapere di non sapere.

.

Video – The Black Star of Mu

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Rivista Il Destrutturalismo

Christ was a female

 

 

 

Post a comment