Parola, subnullismo, rumore confuso

Parola, subnullismo, rumore confuso

Parola, subnullismo, rumore confuso

Parola, subnullismo, rumore confuso

The source, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Parola, subnullismo, rumore confuso

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La confusione del proprio ruolo nel mondo con l’ideale fittizio di ciò che si desidererebbe essere, il gioco sciocco che finge e mima l’incrocio di destino tra vita e letteratura, l’interesse per il nome soltanto, il protagonismo becero del signor X che autoproclamandosi scrittore, dà per scontato che a tutti interessi la sua vita e le incidenze del caldo, del freddo e del sudore sulla sua pelle, mentre invade come presenza oscura e fastidiosa, ogni angolo social, parlando ininterrottamente di se stesso. Una noia mortale, un dirsi addosso che non ha freni, nella convinzione che la scrittura non sia trasferire qualcosa di profondo su una pagina scritta, trascendendosi, ma auto-promuoversi dicendo a che ora ci si fa il bidé. Siamo al nulla voluto e venduto da una struttura incapace di stimolare le menti ormai completamente atrofizzate nella contemplazione del sé fittizio, una sorta di proiezione immaginaria di ciò che non si arriva ad essere nella realtà ma soltanto nel virtuale non-reale. Signori e Signori, siamo in piena epoca subnullista.
Il sipario è costantemente sollevato su spazi vuoti che si pretende abbiano capacità siderali, su stelle di latta spacciate per pianeti lontani. C’è una difficoltà di coordinazione tra mente e parola, quella parola così grande e così potente che un tempo segnava destini e faccende anche di una certa importanza, nonché duelli e onori forse un po’ ridicoli, certo, ma che conoscevano il valore di ogni singola parola e la pesavano, sillaba per sillaba. La parola oggi è sdoganata, come depauperata di forza, svincolata com’è dalla capacità di pensare alle conseguenze nonché agli effetti che può avere sugli altri che, diventando a loro volta sempre più virtuali, vengono percepiti come entità generica e sfumata di poco peso, un fastidio su cui sfogare frustrazioni, tedio e nevrosi di qualsiasi tipo.
Berlingiero Gessi in un suo saggio intitolato Pareri Cavallereschi per rappacificare inimicizie private, scriveva tra misoginia ed esaltazione della parola che: “Non è sufficiente il commun detto, Che le parole sieno femine, ed i fatti maschi; perché vi sono tali parole che, (come le Amazzoni) sono maschie, e valorose, e sono bastanti a soddisfare a grandi offese di fatti. Anzi dico di più, che le parole hanno molte volte più vigore, e forza, che i fatti stessi”.

In pieno Seicento, all’epoca del Gessi, per una parola si poteva anche morire, lo spiega molto bene nel suo saggio che parla del duello. Se prima si moriva sul serio per un’offesa verbale, oggi si muore ogni giorno e per finta di parole inutili, affogate dentro una pozzanghera in cui si immagina di navigare a vele spiegate e di poter fare ciò che si vuole.
Nessuno ascolta, tutti parlano, c’è un rumore confuso, una iper-informazione sempre più disinformante che confonde le menti riempiendole di concetti edulcorati e semplificati. Alfieri di questa confusione, i portatori del messaggio della struttura, scrittori, attori, atleti, vip in genere, godono nel vedere schiere di idioti parlare di loro, salvo poi sentirsi confusi a loro volta, quando, sbagliando qualcosa, vengono aggrediti dalla stessa massa che hanno coltivato e lisciato e che il giorno prima dichiarava di adorarli. Gli eroi di oggi rischiano di diventare i martiri di domani, perché questa è l’epoca che sta sotto il nulla, lo guarda dal basso senza nemmeno riuscire a sfiorarlo. Sfiorare il nulla sarebbe già un progresso, perché significherebbe sentirne l’angoscia esistenziale, significherebbe avere ancora sensibilità. Ora si avverte soltanto la gioia del protagonismo anche offensivo veicolato dai tasti di un pc, senza i quali gente che afferma, discetta e offende, starebbe zitta perché si vergognerebbe della propria ignoranza. Non mitizziamo tuttavia il tempo che fu. Anche le epoche passate hanno guardato spesso e volentieri il nulla dal basso. In un certo senso si può affermare che ogni epoca ha i suoi subnullisti perché la massa è sempre esistita, la struttura anche, dato che il potere è inestinguibile.
Con il tempo, è cambiata soltanto la forma del subnullismo che ora è sempre più virtuale e col virtuale ci si scopre ovviamente un po’ di più.
Il dado è dunque tratto.
L’imbecille è legione, ma non è una novità, è sempre stato così.

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