Moquette, fiori finti, globalizzazione

Moquette, fiori finti, globalizzazione

Moquette, fiori finti, globalizzazione

Moquette, fiori finti, globalizzazione

Fibre naturali, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Moquette, fiori finti, globalizzazione

.

La moquette, orripilante surrogato di artificiosa primitività, acaroso concentrato di schifezza schifettosa, legato a quando gli uomini si vestivano di pelli e con le stesse ricoprivano i pavimenti delle tende per dormirci dentro, abominevole sintesi rigurgitata dall’Asia verso l’Europa che la ha adottata, le ha dato un accattivante nome francese che suona benino e si ricorda e l’ha prodotta industrialmente a catena, vantandosi di averla “inventata” per tappezzare il suolo, in modo che i signori evitino infreddature dalle palme dei piedi poggiate sul pavimento freddo.
La moquette è una piaga artificiale, antigienica, una porcheria inconcepibile che si carica di acari, di polvere, di macchie, di sporcizia più o meno indelebile.
Il perché i figli d’Albione amino così tanto la moquette, trovando del tutto naturale collocarla perfino in bagno e in cucina, mi è ignoto, ma la piaga non è sostentata soltanto dalle abitazioni private, ma anche dai luoghi storici in U.K. A volte potete trovarla pure nei bagni dei musei, gelosamente conservata come reliquia vintage, oppure nelle chiese antiche dove il pavimento viene talvolta oscenamente coperto con una disgustosa peluria che dovrebbe attutire soavemente e spiritualmente i vostri passi, garantendo tra gli incensi e un vago odor di muffa, una visita silenziosa in cui il magico rimbombo del piede sulla pietra antica, viene sostituito dalla sensazione di camminare sopra del cotone sporco che diventa inevitabilmente maleodorante con il tempo, pregno di scolorimenti, di strappi più o meno importanti e di un forte sentore acro e pulverulento che vi attanaglia la gola, facendo in modo che la visita sia il più veloce possibile se non volete rimanere tutto il tempo in apnea.
Ecco la moquette all’ingresso dei condomini, piegata sulle scale come un’erba putrefatta morente e dolente di umori che hanno la sentina dell’infracidito, involuzione cadaverica ed inerte di un desiderio tutto artificioso di perdere il contatto diretto con la terra, vissuta come nemica, da sotterrare, domare e antropomorfizzare, da nascondere perfino come scandalo inaccettabile per l’uomo che si definisce, a torto, civile.
Dalla moquette per ambienti a quella per esterni, il passo è breve, perché lo scandalo della natura che impera, va domato dentro e fuori.
Così nasce l’erba da giardino, sintesi globalizzante e plastificante della volontà di vivere dentro l’artificiale, dentro un prodotto imitativo che in teoria non dovrebbe morire mai o comunque dovrebbe durare a lungo, non ha bisogno di cure, di tempo, di attenzione, di fatica. Poco importa se la plastica inquina, se sembra la brutta copia dell’erba vera, l’importante è che il cervello percepisca la somiglianza. Ci si appaga del falso, della patacca ormai a buon mercato che alimenta pigrizia, stacca l’uomo contemporaneo dalla sua dipendenza terrena e lo illude di dominare la natura, ricostruendola, ma per finta.
Del resto anche i fiori finti, apoteosi dell’inamovibilità mortuaria, seguono lo stesso percorso.
Ornare in eterno, fissare il sempiterno ed inesausto desiderio di non morire nei colori creati dentro una dimensione umana. L’inaccettabilità della morte spinge l’uomo a creare oggetti di per sé già morti che, per l’appunto, essendo nati morti, non possono morire. Una sorta di surrogato dell’immortalità da supermercato globale. Un’illusione collettiva che attrae polvere ma non proviene dalla polvere e ad essa non tornerà.
La moquette sostituisce la sincera durezza del pavimento perché è economica, facilmente sostituibile e ricaricabile, è una molle e melliflua sintesi contro natura dell’essere uomini artificiali.
Ma l’uomo che non vuole rinunciare alla sua parte animale, essenziale e misconosciuta da pubblicità e finti progressi, avverte tristezza di fronte alla moquette, come di fronte a fiori ed erba finta perché ne avverte l’inganno e, diciamolo, pure il pericolo che è quello della perdita della grazia, del senso estetico che prorompe dalla natura stessa che è madre di tutte le arti.
Mentre i tappeti orientali sono veri e propri manufatti d’arte, la moquette è la depressione di ogni senso creativo, una tristezza depauperata di bellezza e spalmata sul pavimento sull’onda di una concettosa quanto improbabile utilità pratica. Mentre il fiore e l’erba comunicano palpiti di vita, i fiori e il prato finti, sono litificati in irreparabile fase rigor mortis, in una inanità visiva e concettuale che deprime ogni fantasia. L’iterazione dell’industria che ci offre milioni di esemplari tutti uguali, di moquette tutte uguali, di fiori finti prodotti a milioni, per uomini tutti uguali, rende il paradosso di un umano disumanizzante e spersonalizzante, di un uomo che diventa macchina per acquisti in cui la standardizzazione è la regola costante.
Questo è il mondo che ci siamo costruiti, il mondo in cui viviamo e attorno a cui fioriscono anche leggende metropolitane degne di una corte dei miracoli medioevale, tipo l’idea che la moquette, attraverso non si sa bene quali magici poteri ed effluvi, purifichi l’aria che si respira dentro l’appartamento.
E c’è chi ha giurato che i fiori finti la notte, quando tutto tace, ballino.
Basta crederci.

.

Video – The Black Star of Mu

Rivista Il Destrutturalismo

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Christ was a female

 

Post a comment