Giovanni Verga, Tigre reale

Giovanni Verga, Tigre reale

Giovanni Verga, Tigre reale

Giovanni Verga, Tigre reale

Giovanni Verga, Tigre reale, credit Antiche Curiosità©

 

Giovanni Verga, Tigre reale

Mary Blindflowers©

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Pubblicato in prima edizione con l’editore Brigola nel 1875, Tigre Reale di Giovanni Verga è un romanzo sentimentale vibrato sulle corde del patetico dalle suggestioni romantiche. Storia di ordinaria mediocrissima borghesia italiana, con il personaggio principale, La Ferlita, suggestionato dal fascino di una bella contessa poi ammalatasi di tisi. Il personaggio vive in bilico tra la  sua passione e il desiderio di una vita tranquilla accanto alla moglie da cui ha avuto anche un figlio, Giannino, moglie che tratta come una deficiente integrale:

La Ferlita ascoltava la moglie sorridendo con una specie di tenera compiacenza, di rispetto e d’indulgente compatimento. – Mia cara Erminia, – le disse poscia accarezzandola con la voce – come vuoi parlare tu di contesti mali e del modo di vincerli!… Tu sei una bambina! La sorella maggiore del nostro Giannino!…

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La moglie, perfettamente aderente al ruolo di sottoposta che la società le assegna, non protesta nemmeno quando, alle prese con la malattia del figlio, il marito è assente. Le figure femminili sono tratteggiate secondo un modello di stampo misogino. L’amante è “tigre”, “fiera”, “lupa”, mentre la moglie, depositaria della ingenuità e della mansuetudine domestica riposta nei tranquilli affetti familiari, rimane una figura totalmente e tristemente incapace di ribellione, rassegnata, con una sbiadita personalità, come a suggerire al lettore che la personalità in una donna la rende l’antitesi di una moglie onesta. Moglie e sorelle da una parte, amanti e altre donne dall’altra. Non c’è rispetto per la figura femminile, inquadrata dentro schemi piuttosto sciocchi e preconcetti alimentati da chiacchiere, pettegolezzi oziosi:
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Quei giovanotti azzimati e in cravatta bianca, sdraiati sui canapè e sulle poltrone col sigaro in bocca, avevano finito col parlar tutti di donne, senza molti riguardi, come se di là non ci fossero ancora delle signore cui avevan rivolto cinque minuti prima delle cose profumate e vaporose, arrotondando le frasi e l’atteggiamento. Ciascuno diceva la sua, spesso tutti in una volta, spifferandone di tutti i colori colla maggior disinvoltura. Se quelle dame si fossero data la pena di origliare dietro l’uscio, ne avrebbero sentite delle belline. – La donna è il più bell’animale della creazione, ma ha degli istinti troppo complicati. – Crespi perde il suo tempo con la baronessa, senza accorgersi che Giulio è arrivato col primo treno. – Sentite, mio caro, io sto per l’emancipazione della donna: allora verrà la nostra volta di essere corteggiati, e di permetterci dei capricci, e dei nervi… Hai visto la marchesa stasera? che spalle! E quanta polvere di riso! E la Stael da strapazzo, con que’ ricciolini e quell’aria ispirata che la fa sembrare colpita da cateratta. – Non ho più voluto saperne di Ersilia: mi annoiava, caro mio, era sempre la stessa cosa! – Caro Bassano, la donna è un oggetto di lusso, quando potrò permettermi sei cavalli in scuderia invece di due, allora mi regalerò un’amante.- Amici miei, voi dite delle bellissime cose, ma io ho amato due volte, e ne ho abbastanza: la prima era una civetta che mi faceva stracciare un paio di guanti tutti i giorni; la seconda una sentimentale gelosa dello zeffiro e del fumo del mio sigaro, cui bisognava dare delle spiegazioni pel mazzolino che mi regalava la fioraia, e che mi versava periodicamente delle lagrime sulla cravatta; in fede mia preferisco il celibato dell’anima, a meno che non trovi una Venere bestia come un’oca… una sorella non è una donna… oh quanto alle spose… se ci fosse al mondo un’altra buona e dolce e perfetta come la mia consiglierei a tutti i miei amici di sposarla…

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Alcuni dialoghi sono noiosi, melodrammatici, con gli addii e le dichiarazioni amorose che si ripetono a raffica. L’accento è spesso accorato, ripetitivo.
Emerge il quadro desolante di una borghesia degradata, mediocre, superficiale e mondana in cui la donna ha connotati aggressivi se non appartiene alla sfera muliebre tradizionale che la vede schiava e puerpera, sottomessa agli imperativi del marito.
Il titolo suona leggermente ridicolo. Il romanzo non regge il confronto con le opere più mature del Verga ma è utile per capire come eravamo e come, per certi versi, non siamo affatto cambiati.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://en.calameo.com/read/0062373361d7556bb3ead

 

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