Manlio Sgalambro, De mundo pessimo

Manlio Sgalambro, De mundo pessimo

Manlio Sgalambro, De mundo pessimo

Manlio Sgalambro, De mundo pessimo

Manlio Sgalambro, De mundo pessimo, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Manlio Sgalambro, De mundo pessimo

.

Manlio Sgalambro, De Mundo Pessimo, Adelphi, 2004. Il lettore che si affanni per cercare una teorizzazione sistematicamente ordinata del pensiero sgalambriano o una omogeneità espositiva di stampo accademico, rimarrà deluso.
Gli argomenti affrontati sono diversi, dall’anti-accademismo all’empietismo, dalla musica alla natura, dal comunismo alla verità e all’apatia, con affermazioni che talvolta lasciano perplessi oppure non affondano del tutto la lama nella carne del soggetto esaminato. È il caso, per esempio, della sua critica alla “filosofia accademica”:

.
La filosofia universitaria è quel luogo dove si produce il sapere dei saperi, ma in modo tale da non fare il minimo danno all’interessato. Essa purifica la verità dagli ultimi residui di verità…. Anche per questo si pone il problema se la filosofia non debba essere sottratta all’università e restituita al genio… depositario di una conoscenza che va molto oltre il bisogno… Quali filosofi universitari abbiamo oggi! La catastrofe della coscienza occidentale in mano ai lavapiatti…

.

Ridate la filosofia al genio, egli dice, strappatela dalle mani dei lavapiatti delle università. Ineccepibile. Il suo discorso anti-accademico mi piace molto, non fa veramente una piega, tuttavia manca qualcosa. Ma quest’assenza non è affatto un errore o una svista, è programmata ad hoc, fa parte di un preciso programma raggiungimento indifferenza. La sua critica non si carica mai di significati sociali. Sgalambro lo fa volutamente. Per esempio non usa mai la parola “casta” per definire gli accademici e utilizza sempre l’espressione “filosofia accademica” e ciò non accade casualmente perché della rivolta e dell’uguaglianza sociale, del fatto che la nefanda classe di insetti nocivi e sorbonagri in cattedra che popola le università italiane, costituisca una casta esclusivista, all’autore non importa un vero classico fico secco. Ce lo dice chiaramente nel suo discorso sul comunismo. Egli se ne infischia dei diseredati:

.

M.S. Diffido dei diseredati, per me comunismo è una certa idea di superbia, caso mai… Ma avrai capito come da questo comunismo ciò che più m’attendo è proprio l’annichilirsi delle disparità metafisiche, sembrandomi quelle sociali ed economiche su cui hanno insistito i suoi teorici solo un cambiare di abito. La differenza tra geni e uomini mi è parsa più grave e decisiva di quella tra ricchi e poveri… Quello di cui parlo non mette in comune vestiti e alimenti, e tutte le cose di cui senti dire le vili disuguaglianze (ricco- povero, potente-umile… vano ornamento dell’apparenza sociale): tutto ciò appartiene alla giustizia eterna o all’eterna ingiustizia, fai tu.
L’AMICO Lo so, lo so… tu miri a che si annullino le disuguaglianze per cui uno è genio e l’altro un parassita dell’essere, per cui l’uno è buono e l’altro è malvagio, come hai detto più volte, le disuguaglianze ontologiche, le differenze metafisiche. Le altre non ti interessano… Tu esalti dunque nel comunismo, o in ciò che così chiami, la lancia infiammata volta contro le disparità ontologiche e metafisiche, e poco curi che esso sia rivolto contro quelle disparità contro cui ha lottato come dottrina sociale: povertà, ingiustizia, diseguaglianze…
M.S. Anzi non me ne curo affatto.

.
Le differenze dell’apparenza sociale vengono giudicate “insulse”, il loro tentativo di eliminazione “inutile”, il campo del suo filosofare riguarda soltanto non ben precisate questioni metafisiche.

Sull’ecologia raggiunge toni veramente irritanti:

.

Il piccolo ecologo si fa avanti con le sue manine protese a tutelare questa immane potenza, a difenderla con la sua vita da pulce. Egli vuole conservare la natura, proteggere gli animali, gli alberi. Che squisito mestiere, che nobile cuore! La rinchiuda nei parchi e così va tranquillo. Lunga vita alla natura. Che risibile faccenda. La natura vive delle sue morti e delle sue carneficine… Lasciate dunque che si uccidano i suoi animali, che si strappino i suoi alberi. Tocchiamola pure con le nostre mani di assassini. Non la scalfiremo di un’unghia…

.

C’è una sicumera pretenziosa nello smontare l’ecologismo in modo così spiccio e superficiale, nel dire, tanto la natura poi vince sempre, perché siamo povere pulci, facciamole pure ciò che vogliamo, ci schiaccerà perché è più forte di noi.
Siamo sul fronte di un nichilismo del tutto atono, del laissez-faire, che mi importa, tanto io ho la pancia piena e posso filosofare a mio piacere. Emerge anche un sostanziale disprezzo per le classi sociali meno fortunate, “la feccia” o “marmaglia” che il comunismo metafisico di Sgalambro guarda dall’alto in basso: “se la affidassimo alla noia la marmaglia non resisterebbe ventiquattr’ore. Anche la musica se n’è resa conto”.
Molto più convincenti invece le pagine dedicate all’empietismo e alla non necessità di Dio: “mi vergogno che Dio esista”, nonché all’identificazione cosmo-patria e alla definizione del cristianesimo per poi sfociare in idee anarchiche:

.

Devo dirvi che trovo nel cristianesimo tutte le idee esemplari e ripugnanti di ogni religione. Esso è impastato della nostra merde…. Il Cristianesimo non possiede il senso di Dio… Mi si dice che appartengo a una patria, a una tradizione, e che dovrei nutrire affetto per esse… Ma io insisto che bisogna vivere in quello che chiamano il proprio Paese, come se non vi si vivesse. Solo allora esso si confonde con il cielo e con la terra… Io non tollero di essere governato, o di avere gente che mi rappresenti: subisco tutto questo e basta. L’idea di Patria, l’idea di Nazione… sono idee patetiche e casalinghe… Ma ancora oggi la vita degli uomini è in mano alla politica – la più oscura delle religioni- e ai suoi papi.

.
Tuttavia la parte più interessante del De Mundo Pessimo, quella di cui i recensori bene non parlano mai, esalta l’apatia come forma di vita, trattare l’altro senza sentimenti sarebbe atto sublime mentre il fine sarebbe l’indifferenza. Si riesce ad aiutare qualcuno veramente soltanto se si pratica l’insocievolezza:

.

Volgiti agli altri come se dovessi curare un albero, potalo, fai quello che gli occorre ma stanne lontano. Mantieni ferma la tua distanza. Che le stelle ti siano più prossime del tuo prossimo… Tieni l’altro a distanza. Accetta o dagli un bicchiere d’acqua. Ma tra i tuoi atti e lui resti il deserto… Tu dunque non hai nulla a che fare con lui, e se occorresse potresti anche montargli su coi piedi. Anzi, se ti è necessario il suo grasso per ungerti gli stivali, prenditelo.

.

Sgalambro con frasi volutamente provocatorie, rovescia l’assioma cristiano “ama il prossimo tuo come te stesso”, utopia del resto irrealizzabile. Da un lato è vero che l’eroe a tutti i costi non ama negli altri che se stesso, infatti né santi né eroi sono mai credibili, la storia ce lo insegna. Il problema è che la sociopatia o pan-apatia di Sgalambro supera la dimensione umana per spingersi perfino alla natura. Se il discorso regge in parte relativamente al bene umano (per fare del bene occorre infatti un certo grado di freddezza se non si hanno secondi fini come il medico che cura un paziente), cade però come un castello di carta se applicato alle disuguaglianze sociali e alla natura da cui l’autore si sente svincolato, perché mira a raggiungere la stessa indifferenza del sistema solare. Soltanto relativamente all’uomo ha l’intuizione brillante di dirci che agli occhi della società, “non basta che tu faccia qualcosa, bisogna che questo qualcosa sia buono”. Critica giustamente questa pretesa al buono forzato oggi chiamata stucchevole e ipocrita “buonismo” in nome di un’indifferenza che però immediatamente si traduce in una frase snob e irrispettosa: “butta un gesto come l’osso al cane”.
In alcuni punti della sua analisi si autoesalta perfino: “Ho il merito di aver capito la banalità dell’idea di dio. Ma mi affligge di essere uno dei pochi a saperlo”.
Un misto tra snobismo e qualche intuizione da cogliere qua e là scostando di volta in volta un autocompiacimento continuo che finisce con l’infastidire seriamente il lettore. Di Sgalambro a me piace il fondo anarchico e irreligioso e l’idea che la nostra sola patria sia il sistema solare. Gli concedo anche una forma di apatia nel bene perché detesto la forzatura del buono ipocrita; mi piace che critichi gli accademici, vera piaga italiana, però non mi piace il filosofo svincolato dalla natura, la sua indifferenza snob rispetto alla disuguaglianza sociale o ai temi ecologici.
Salvate il salvabile di questo libro, il resto consegnatelo all’oblio, o meglio bruciatelo. “Ascolta la musica e poi dalle fuoco”, parole dello stesso Sgalambro.

.

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=CiQv5vo7lB8

 

Post a comment