Vecchiaia, giovinezza, poesia, ego

Vecchiaia, giovinezza, poesia, ego

Vecchiaia, giovinezza, poesia, ego

Di Mary Blindflowers©

 

 

Vecchiaia, giovinezza, poesia, ego

La prigione, mixed media on paper by Mary Blindflowers©

 

Cittadelle d’ego
.

Cittadelle d’ego a tramontana,
prolasso di una frana,
e una stradina ghiaia che conduce
dove non c’è mai la luce e scuce pose
d’anatroccoli spennati sotto vetro all’antiquario,
ceste di versi vermi denudati e gobbi,
stoppe di crasi, molli fasi, inermi frasi
di vecchiaia con addobbi da reziario,
questo è il poeta ottuagenario,
eterno corollario, inciso e punto,
il meridiano espunto,
il nulla controgiovane
duca di fuffatruffa,
marchese della muffa e della scuola,
una bestiola strana che saltella con la capriola,
dà la forcaiola a tutti
ma non vola
perché i suoi pochi frutti
sono brutti.

 

 

Vecchiaia e giovinezza, due concetti aleatori. Chi è vecchio e chi è giovane? La giovinezza e il suo contrario dipendono unicamente da una questione anagrafica?

Lorenzo il Magnifico celebrava la giovinezza e il carpe diem:

Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Quest’è Bacco ed Arianna,
belli, e l’un de l’altro ardenti:
perché ‘l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti…

 

Diceva invece Oscar Wilde: “La tragedia della vecchiaia non è di essere già vecchi, ma di essere ancora giovani”. Così c’è chi è vecchio ma finge di esser giovane e chi è giovane ma finge di esser vecchio; c’è chi scrive come un vecchio ma è giovane, e c’è chi scrive come un giovane ma è vecchio; chi si illude di sembrare giovane guardandosi allo specchio oppure raccontandosi favolette della buonanotte. I casi sono davvero tanti e ci sono poeti che, raggiunta un’età in cui i capelli diventano fili d’argento che cadono impietosamente sul pavimento, creano un muro tra vecchi e giovani, così si mettono su uno scranno e iniziano a dare lezioni di poesia, con atteggiamento paternalistico.  Cento e uno consigli del buon nonnino su come diventare poeti come il maestro. Prima di tutto non essere superbi, la cosa principale. Infatti mentre il nonnino scrive nel suo profilo a caratteri cubitali “poeta”, dice contemporaneamente ai giovani siate umili e non illudetevi di essere poeti. La poesia l’avrebbero fatta già i vecchi che avrebbero scritto tutto quello che c’era da scrivere.

Mi chiedo che senso abbia categorizzare la poesia sulla base dell’età reale delle persone, che non corrisponde quasi mai all’età ideale; mi domando a più riprese e senza offese che significato possa avere il muro divisorio giovani-vecchi quando la poesia in se stessa, per la sua natura sfuggente e appunto “poetica”, dovrebbe operare secondo opposti principi, ossia superare le barriere di spazio, tempo, condizione, per comunicare un messaggio universale che superi ogni muro definente e marmoreo.

Arroccarsi nella cittadella dell’ego fa bene alla poesia?

Dare lezioni di poesia fa bene all’arte?

Ma il tempo non è piuttosto una categoria inventata e prosaica che nel linguaggio poetico diventa altro?

Così come il passatismo non è riconducibile soltanto alla vecchiaia, perché un vecchio può avere una mente giovane e sveglia, alla giovinezza non possiamo attribuire tout court e senza ragionamenti logici, insensatezza e boria. La chiusura nel cassetto contenutistico di definizioni cristallizzate nell’etica dei compartimenti stagni, è operazione anti-letteraria che depriva la poesia del suo farsi poesia, depaupera il verso con una retorichetta moralistica che insegna anziché ricercare. Nel momento in cui chi scrive si pone come obiettivo la lezione da impartire al prossimo, ha finito il suo giro letterario, ha esaurito la vena creativa che pretende sempre dubbi e domande, una tensione verso ciò che non si conosce. Chi scrive dovrebbe sempre porsi come chi sa di non sapere nulla, perché più si va avanti e meno si sa, questo è un fatto socratico accertato da chiunque abbia mai avuto a che fare con la scrittura. Più si scrive meno sembra di aver scritto. Cosa volete che siano le danze delle nostre povere parole di fronte alla danza di tutte le parole del mondo? Cosa volete che sia un granello di sabbia di fronte all’immensità del deserto? O una goccia di fronte all’oceano? Ciascuno di noi è il granello, non il deserto intero; è la goccia non l’oceano. Ciascuno dà il suo contributo senza essere niente. Che giovani e vecchi se ne facciano una ragione.

 

 

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=PbgKEjNBHqM

 

 

 

Comment (1)

  1. Claudio

    Condivido in pieno quanto hai scritto: è così grande la totalità delle opere letterarie scritte, che ogni singola nuova opera non è altro che una goccia nel mare, come dici bene tu. È una bellissima riflessione questa. Basterebbe rifletterci per ridimensionare il proprio ego. Dovrebbero farlo in tanti, ma non credo lo facciano se non in pochissimi.

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