Graham Greene, L’americano tranquillo

Graham Greene, L'americano tranquillo, Mondadori, 2006

Graham Greene, L’americano tranquillo

Di Mary Blindflowers©

Graham Greene, L'americano tranquillo, Mondadori, 2006

Graham Greene, L’americano tranquillo, Mondadori, 2006, credit Antiche Curiosità©

 

Henry Graham Greene (Berkhamsted, 2 ottobre 1904 – Corsier-sur-Vevey, 3 aprile 1991), scrittore e agente segreto nato da una ricca famiglia, diede alle stampe nel 1955 The Quiet American, L’americano tranquillo, ambientato a Saigon durante la prima guerra indocinese.

Il protagonista, Fowler, è un reporter ateo e oppiomane di mezza età che descrive la guerra con disincanto e scetticismo. Egli ha per amante una giovane indocinese, Phuong, e conduce la sua vita in un appartamento a Rue Catinat. L’azione si mette in moto quando Fowler conosce Pyle, accanito lettore dei libri di York Harding, il classico ricco intellettuale che la guerra non l’ha mai vista da vicino ma teorizza e postula come se la conoscesse realmente, tanto che può scrivere “della Terza Forza in modo elegantemente astratto”. Pyle è affascinato dalle teorie di Harding e immerso in un suo microuniverso ideale quanto dannoso.

Si può dire che il romanzo inizi con la fine, tingendosi leggermente di giallo durante la narrazione rivolta continuamente al passato che viene ricostruito man mano che si procede nella lettura.

Lo stile è scorrevole. Nonostante lo sfondo della guerra induca il lettore a riflettere sulla politica imperiale e le sue vittime innocenti, la leggerezza dell’esposizione e la fluidità stilistica, consentono una rapida lettura veicolata da due piani paralleli, quello personale e quello collettivo.

Di personale c’è la storia d’amore del protagonista con Phuong, la ragazza vietnamita che diventa per Fowler un chiodo fisso. L’oggetto della fissazione però non ha quasi voce nel romanzo. La donna del reporter, manipolata dalla sorella che vuole farle concludere un matrimonio di convenienza con un occidentale, somiglia alle bambole di certe miniature orientali, ossessivamente presente ma assente nello stesso tempo. Non sembra avere altro scopo che la sistemazione tramite il matrimonio, ha un’asetticità e un cinismo glaciale che la spersonalizzano totalmente. Si tratta di un pretesto più che di un personaggio, un pretesto per dirci la ragione per cui il reporter non va via da un paese in guerra che non è il suo. La naturalezza con cui la donna passa da una situazione all’altra, ha qualcosa di meccanico e disumano che contrasta con il fanatismo di Pyle e le angosce di Fowler, come a sottolineare l’incomunicabilità tra due mondi.

Il romanzo venne etichettato in America come anti-americano perché descrive senza mezzi termini la brutalità della guerra in Vietnam. Inoltre non ci sono eroi. Non c’è nulla di eroico infatti nel colonialismo e nemmeno nei personaggi. Greene ce lo fa capire molto chiaramente.

Pyle e Fowler sono due personaggi completamente diversi, il primo totalmente inconsapevole di ciò che fa, indifferente alla morte in nome di un fanatismo assurdo celato sotto un’apparente tranquillità; il secondo perfettamente consapevole di ogni suo atto, cinico ma solo all’apparenza, realistico e pratico, corrispondente di una guerra che non sente sua, capace di un rimorso che il primo, nel suo completo infantilismo, è totalmente incapace di sentire.

La logica è che nessuno è mai veramente innocente, né Pyle, né Fowler né Phuong, né tantomeno l’Occidente che si trova in un Paese che non è il suo a mietere vittime:

A una ventina di metri dagli edifici, in uno stretto fossato, trovammo quello che cercavamo: una donna e un bambino. Erano morti, senza dubbio. C’era un piccolo rotondo grumo di sangue sulla fronte della donna, e il bambino sembrava che dormisse. Avrà avuto sei anni e giaceva come un embrione nel ventre materno, con i suoi ginocchietti ossuti, tutti ritratti… Pezzi di lamiera erano sparsi per la piazza, e un uomo senza gambe giaceva sussultando sul bordo dei giardini ornamentali… Siamo noi gli intrusi qui, è il loro paese questo…

Il cinismo di Pyle di fronte alle vittime e al sangue che gli imbratta le scarpe, dà la misura dell’alienazione prodotta dal fanatismo:

Devo farmele pulire (le scarpe) prima di vedere il ministro.

Anche il giornalismo è visto sotto una luce critica e impietosa:

i giornali dovevano riportare solo vittorie… Io fui l’unico a scrivere che le bombe erano opera del generale Thé ma il mio articolo fu modificato dalla redazione. Il generale non faceva notizia e non si poteva sprecare spazio a spiegare chi fosse…

Leggetelo.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

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