L’evasa, linocut by Mary Blindflowers©
Di Feffo Porru©
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Riprende Fiato
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Riprende fiato uno scirocco, asmatico
affannoso e secco tra i rami derubati
in una foresta arrossata d’autunno.
Un muschio di rame è tappeto del suo spirare
mentre nuvole zingare, leggono
il palmo di un giorno spettinato a oriente.
La tramontana nascosta tra muretti a secco
aspetta la sera per scrollarsi di polvere
d’umido e coprirsi d’aghi di smeraldo
di pini radicati al granito.
Io non ascolto la vibrazione delle folate
per lasciarmi assorbire dall’imbrunire
in un letargo scavato da cigolii di nuvole arrugginite
che chiudono il mio confine amniotico:
bosco sonnolento sulla miniera morente
abbandonata alle raffiche dei fantasmi.
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Corteo Funebre
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L’indignazione fu amplificata dall’ultima nota
che partiva da un manganello suonato su una schiena
in un solfeggio d’umani sfoghi.
Le sopracciglia aperte dall’ingiustizia
s’infettano in alcune viltà del potere
che puzza come i cassonetti in fiamme.
Ci nausea un odore di corteo funebre
e vomitiamo le barricate sulle ciminiere morte
sulle macchine sedate
da un moribondo futuro lasciato marcire
da sanguisughe in doppiopetto.
Intanto i lacrimogeni fasciano
il ricordo dei morti sul lavoro
e le ingiunzioni di sfratto.
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I fili
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S’imprigionavano timide fiaccole
al faro della mia voluttà vischiosa
fra la mia incalcolabile densità di fili.
D’intricate ragnatele
è la tela d’ intimi cancri.
Interiora gonfie di vermi
e serpi rantolanti e lunghi
come i fili dell’aquilone
che ci protegge dall’incontinenza dei pensieri
ci rammendano le litanie.
Le rughe sfilacciate si dimenano
in un morbo del non ricordo
con le nostre branchie bloccate
nella meraviglia di rinascere a ogni risveglio.
Il filo d’Arianna è una miccia
legata alla mia penna furente .
I miei fili intrecciati:
sono rete per i pesci,
rete della mia trappola,
rete del mio trapezista .
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Nell’invisibilità
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L’attrazione alla ricchezza perfetta del vuoto
nell’invisibilità di un peccare remoto
apre la vista ignara
a un macabro finto passare.
Con le superbe apparenze mortali
affamate vite di materia e peso
con ingombranti tasche prive di costume
come grotte latenti nell’Ade.
In dilatati paesaggi di pace
la levità di scheletri eletti,
la dissolvenza terrena dei santi
tra gli zoccoli degli spettri
nelle unghie dei dannati.
L’impalpabilità di immagini
sostenta la mia milizia d’allucinazioni
sazia la mia fame d’ignoto
disseta la fantasia.
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