Immortalità, bluff, religione, cultura

Immortalità, bluff, religione, cultura

Immortalità, bluff, religione, cultura

 

Albero morto, credit Mary Blindflowers©

Mary Blindflowers©

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L’immortalità è un bluff

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La marchesa d’Urfé era una donna molto colta. Aveva ereditato una straordinaria biblioteca dai signori d’Urfé e dedicava gran tempo a letture di stampo esoterico e cabalistico cui conseguivano esperimenti pratici alla ricerca di un elisir di lunga vita:

In una parte più privata dei suoi appartamenti, ella possedeva un vasto laboratorio di chimica in cui erano stipati crogioli, alambicchi storte e fornelli di tutte le forme, necessari alle misteriose preparazioni cui si dedicava… In questo luogo discreto, nel suo tempio, come lo chiamava, sempre e accuratamente chiuso ai profani e prudentemente aperto a pochi iniziati, ogni giorno trascorreva lunghe ore, interamente assorta nei suoi lavori sulle proprietà balsamiche delle piante, in vista della composizione di un elisir di lunga vita, dal quale si attendeva risultati sorprendenti (1).

Generazioni di alchimisti hanno inseguito il mito illusorio dell’immortalità.

Immaginiamo per un attimo la non esistenza della morte, non in senso filosofico metafisico, ma materiale vero e proprio, immaginate che nessuno possa morire. Cosa succederebbe se nessun uomo e nessun animale e nessuna pianta morisse?

Il mondo si popolerebbe in modo esagerato, le risorse alimentari non sarebbero più sufficienti a coprire il fabbisogno di esseri immortali che mangiano in continuazione e occupano spazio fisico. Sarebbe una catastrofe vera e propria, il pianeta collasserebbe. La quantità di rifiuti sarebbe direttamente proporzionale al numero di persone che non muoiono mai. Come nei romanzi di fantascienza degli anni 50, gli uomini se ne avessero la possibilità, si trasferirebbero in qualche altro pianeta abitabile per evitare di morire di stenti sulla terra.

Uno scenario apocalittico.

Le creature terrestri potrebbero permettersi il dono dell’immortalità soltanto se fossero sterili. Così il mondo diventerebbe fisso. Ci sarebbero sempre le stesse persone, eternamente e noiosamente vive. Il ricambio generazionale non esisterebbe più, il culto dei morti abolito per sempre, dal momento che non esisterebbero più morti. E questo sarebbe una cosa buona?

Di buono ci sarebbe soltanto che la religione perderebbe il suo appeal e la sua ragione di vita e si estinguerebbe in breve tempo, dato che il concetto di al di là non avrebbe più senso. Per il resto non penso che l’immobilità sia un dato completamente positivo. Lo sarebbe se il mondo fosse perfetto ed evoluto così com’è, pacifico, ordinato, giusto, per cui non ci sarebbe bisogno di nessun cambiamento.

Quindi un’altra condizione dell’immortalità felice, oltre alla sterilità, sarebbe la perfezione del mondo, perfezione che fino ad ora non è mai esistita e probabilmente non esisterà mai.

L’immortalità dunque non è un valore a sé, ma un’utopia la cui realizzazione pratica comporta conseguenze che i ricercatori di elisir di lunga vita, eterna giovinezza e vita eterna sulla terra, spesso non hanno valutato. La famosa pozione الإكسير‎, al-Iksīr di cui si parla negli scritti alchemici arabi, oppure gli elisir citati nei testi taoisti come il Libro della Grande Purezza (Taiqing jing), il Libro dei nove elisir (Jiudan jing) e il Libro del liquore d’oro (Jinye jing), sono alla fine un meraviglioso non-sense che ha più un valore spirituale iniziatico di comunicazione col divino che materiale.

C’è infatti nella ricerca dell’immortalità una mostruosa contraddizione che sfugge all’alchimia pratica, ossia le conseguenze dell’immortalità stessa, che non vengono prese in nessuna considerazione, conseguenze che cozzerebbero, tra l’altro, con il valore esoterico di comunicazione con il mondo degli dei, dato che se veramente l’immortalità si realizzasse, gli dei non avrebbero più ragione di esistere. Un autentico paradosso, una contraddizione che riflette la natura umana, duplice, mutevole, incerta. Orde di iniziati e alchimisti che cercano la felicità nell’immortalità, che scavano e indagano per trovare il famoso elisir e comunicare con dio, si riducono poi alla negazione di dio stesso, perché l’immortalità non ha bisogno di divinità. Se l’uomo fosse immortale la religione crollerebbe miseramente e perderebbe il suo potere. Che bisogno avrebbe l’uomo di pregare dio per la salvezza della sua anima, dal momento che non può morire e l’anima può tranquillamente starsene in eterno nell’al di qua? Cosa ci sarebbe più dunque da salvare?

Nulla.

Il problema è che non si può essere immortali e nello stesso tempo cittadini del mondo continuando a riprodursi, popolando e popolando. Per distruggere il mito di dio non occorre essere immortali, basterebbe solo un po’ più di intelligenza pratica.

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1 P. Chacornac, Il conte di Saint Germain, l’iniziato immortale. Storia e leggenda, Roma, Mediterranee, 2007, p. 64.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=xJZP-1q7jpI

 

 

Comment (1)

  1. Rita

    Arguta come sempre

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