Il movimento generoso della morte

il movimento generoso della morte

Il movimento generoso della morte

Di Mary Blindflowers©

Il movimento generoso della morte

Nuovi nati, credit Mary Blindflowers©

 

La morte fa paura, il pensiero che il nostro corpo fisico possa un giorno essere roso dal verme o consumato dal fuoco, chiuso dentro un vestito di legno, nell’umido della terra, la decomposizione stessa, l’odore nauseabondo che ne deriverebbe, appare insostenibile, inaccettabile, un pensiero spina da chiudere in un angolo nascosto del cervello, un angolo buio come un ripostiglio dove non si entra mai. Quel corpo nutrito, vezzeggiato, curato e lisciato in vita, dopo l’estrema dipartita è sfatto, e non c’è bellezza, non c’è forza, né labbra, né muscoli, né occhi di carne e sangue che possano sfuggire a questa legge. Dura lex sed semper lex. Ad uno sguardo superficiale tale legge naturale è gravida di crudeltà, invece una riflessione più profonda sull’esistenza e lo spazio porta ad opposte conclusioni. La morte è generosa. Nella realtà non c’è bestia o essere umano che possa essere materialmente e metafisicamente più altruista e generoso della morte che, materialmente ha infatti, come naturale ed ineluttabile conseguenza, la liberazione di uno spazio fisico. Il morto crea un vuoto materiale. Tale vuoto verrà occupato da un altro che poi a sua volta morirà creando lo spazio necessario alla vita, mors tua vita mea. Il vuoto vissuto come concetto spaventoso è in realtà l’ingresso alla vita, che è la sorella “cattiva” della morte, egoista, sgomitante, guerriera, superficiale.

Le radici di egoismo che ci tengono ancorati alla vita ci danno una visione deformata delle cose. Il cattivo diventa buono e il buono cattivo, il generoso egoista e l’egoista generoso.

Così la morte che è profondamente ingiusta e crudele, generosità e altruismo senza corruzioni, diventa cattiva, per questo non volersi staccare dall’egoismo della vita, per paura del vuoto, dell’abisso della putrefazione, per timore di ciò che noi chiamiamo non-essere e di cui nulla sappiamo.

Occorre a questo punto fare attenzione a non confondere la generosità con la giustizia. La generosità crea sempre un vuoto perché si dà a qualcuno qualcosa di cui si priva qualcun altro.

Il vuoto che ci piaccia o no è il principio della vita nato dalla morte ed è generoso perché è lo spazio per l’altro. Lo scopo della morte è la creazione di uno spazio vuoto. La morte è generosamente giusta, tanto quanto la vita è egoisticamente ingiusta e la catena di privazione-distribuzione non è affatto uguale per tutti.

Lo scopo della vita infatti è il mantenimento dello spazio pieno, colmato della presenza fisica dell’oggetto vivente.

Il principio che anima la tensione dualistica tra le due triadi generosità-privazione-morte, egoismo-pienezza-nascita è inconoscibile. Per questo motivo l’uomo ha inventato Dio, riconducendo alla sua onnisciente volontà l’ineguale e spesso ingiusta distribuzione di pieno e vuoto.

Frasi del tipo, perché è morto a 20 anni? Non possono avere risposta ovviamente, perché la risposta esula dalle nostre capacità di comprensione. Siccome il vuoto spaventa perché ricorda la morte, l’uomo ha pensato bene di riempirlo con un atto di autentico egoismo vitale, Dio, il cui solo potente nome giustifica tutto.

La pienezza egoistica e trascinante della vita porta l’umanità a riempire tutti i vuoti, spasmodicamente, per allontanare e scongiurare la signora del vuoto armata di falce. Ci sono diversi atti di riempimento dell’entità materiale e metafisica del vuoto. Così il movimento diventa iperattività che colma il vuoto interiore, il mangiare si trasforma in ingozzarsi per riempire il vuoto dello stomaco, oppure digiunare per riempire uno spazio fisico con un corpo ideale inesistente frutto di mode, conformismi e complessi.

In realtà l’identificazione del vuoto con il niente è un non-sense, il vuoto esiste per la mente umana nel momento stesso in cui viene pensato e la sua sovrannaturale esistenza è necessaria alla vita. La capacità di riflettere sull’accettazione del vuoto come reale e ineludibile è uno sforzo che la società contemporanea forse non è in grado di fare.

Soltanto guardando in faccia l’abisso la paura va via, perché si teme ciò che non si conosce.

Riflettere sul vuoto per comprende il pieno.

L’horror vacui non esiste, è una proiezione della mente umana, un mero fantasma.

Vita e morte sono dunque antitetiche, come due facce della stessa medaglia, simili in questo a sadismo e masochismo. Vuoto-generosità-altruismo = morte; pieno-egoismo= vita.

Eppure c’è un comune denominatore, un fattore x che fa parte della natura sostanziale di entrambe, l’ingiustizia, tutt’e due sono profondamente ingiuste. Questo denominatore è una forza oscura e potente che domina il mondo da sempre, lo risucchia verso abissi di disperazione.

E tutti i tentativi di rendere morte e vita “giusti” si rivelano barbare finzioni, messe in scena sul palcoscenico egoistico della vita, sotto la regia multi-sfaccettata e poliedrica della “verità”. La giustizia dei tribunali, ad esempio, è “fittizia”, una ricostruzione della “verità”, una “verità processuale” che emerge da indizi o prove non sempre decisive, che non è detto abbiano qualcosa a che fare con la “verità vera”, con ciò che è realmente accaduto. L’ingiustizia trasforma dunque la verità in finzione, in burletta da palcoscenico e rovescia le prospettive, trasforma l’apparenza in verità.

Un altro tentativo di rendere giustizia è la chirurgia plastica, che dà bellezza a chi non ce l’ha, rimediando alle ingiustizie della natura, raddrizzando nasi, riempiendo seni, eliminando rughe e zampe di gallina in donne e ultimamente anche sempre più uomini che delle galline non hanno solo le zampe ma anche tutto il cervello. Sono nati così i figli inespressivi del bisturi, stampati di anestetico, tagli e silicone, degli ibridi alieni che impongono altezza, forme di nasi, glutei, labbra e occhi sul ripido versante della non-accettazione del proprio corpo fisico, creando un tipo alieno preconfezionato nell’assurda ottica dell’eliminazione del difetto sulla cui opinabilità tra l’altro si potrebbe scrivere un trattato.

La realtà è che siccome l’ingiustizia estende i suoi ramificati gangli nel mondo della vita e della morte, è di fatto ineliminabile, si può soltanto attenuare, evitando interventi radicali sulla natura che portano a nefaste conseguenze sociali.

La violenza è il mezzo che la morte utilizza per fare spazio alla vita. La morte uccide l’uomo, ferma il suo cuore, rovina i suoi organi, esercita su di lui la violenza di un incidente mortale, etc. In poche parole usa violenza sull’uomo secondo un principio di altruismo nel movimento morte-violenza-uomo le cui conseguenze sono la creazione di uno spazio vitale.

La violenza però è un mezzo che può essere usato anche dall’uomo ribaltando le regole della natura. Si ha quindi il movimento uomo-.violenza-morte, che avviene secondo una dinamica egoistica e porta ad una morte forzata, utilizzata non come fine ma come mezzo di autoaffermazione egoistica individuale.

La violenza è un altro comune denominatore alla vita e alla morte. Contenuta in entrambe con scopi diversi: lo scopo della violenza nella morte è generosamente ma ingiustamente la vita, lo scopo della violenza nella vita è egoisticamente la morte degli altri o di se stessi che diventa, ma solo illusoriamente mezzo di autoaffermazione individuale e di potere dell’uomo. La morte in realtà non si può manipolare perché non è un mezzo ma una conseguenza.

Così la violenza nella morte è un metodo utilizzato per fare spazio che si traduce in vita, mentre nella vita è un mezzo utilizzato per mantenere lo spazio che si traduce in potere.

Mentre la violenza è un altro comune denominatore della vita e della morte e perciò come l’ingiustizia ineliminabile, il potere è estraneo alla dinamica della morte. Esso fa parte soltanto della vita e dei suoi egoistici impulsi.

La chiave è dunque lo spazio tradotto in vita nell’azione della morte e in potere nell’azione della vita.

Il tempo è di due tipi, individuale di ognuno e cosmico e anch’esso si basa sul criterio di ingiustizia.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    “Il potere invisibile che gli insegnava a respirare in dentro e a controllare i battiti del cuore e gli aveva permesso di capire perché gli uomini hanno paura della morte…” Gabriel Garcia Marquez

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