Saggi baroni e personaggi inquietanti

saggi baroni e personaggi inquietanti

Saggi baroni e personaggi inquietanti

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Cancelli e fili, credit Mary Blindflowers©

 

I baroni universitari, da sempre hanno avuto ed hanno un preciso colore politico, e con quel colore stampato su stereotipati sorrisi da saggi che la sanno lunga e non possono essere contraddetti in nessun modo, con l’etichetta di storici, filosofi, professori, parlano e discutono di argomenti che esulano dai loro compiti, danno indicazioni di voto, fanno previsioni, non si rassegnano alla sconfitta del partito che per secoli li ha rimpinzati dentro un caldo nido di piume, facendoli scoppiare di cibo, fino a non farli più pensare con logica lucidità, regalando loro cattedre dove sistemare i pupilli a loro volta vestiti dello stesso colore. Così la cultura si asservisce al potere, la televisione veicola il messaggio di quello stesso potere. Il professor Canfora fa previsioni a “La 7” sul nuovo governo.

Premettendo che non siamo né di destra né di sinistra, perché riteniamo il partitismo un fallimento e la democrazia un’utopia finora non realizzata, possiamo affermare che non abbiamo interesse alcuno a stare da una parte o dall’altra. Tuttavia, vedendo Luciano Canfora, storico e filologo, che parla a “La 7” nel programma Tagadà, un po’ ci è venuto da sorridere. Perché, se è vero che la nostra classe politica è semplicemente una barzelletta autoreferenziale e pinocchiesca, è pure vero che il professore non è libero e svincolato dal colore di cui parlavamo prima, quindi segue una sua precisa corrente politica che condiziona fortemente il suo giudizio. Ridicole appaiono anche le parole della conduttrice: “la democrazia è stata disturbata per 70 giorni”. Ci chiediamo come si faccia a disturbare per 70 giorni qualcosa che non esiste, dato che in Italia, e il professore lo sa bene, e lo sanno bene tutti, anche chi non è titolare di cattedra, la democrazia non esiste, non è mai stata realizzata, grazie anche ai baroni che monopolizzano la cultura e che poi parlano tanto bene in tv, e prevedono il futuro a seconda delle esigenze del loro partito, lo stesso partito che li ha cibati e li ha fatti diventare grandi. I politici si stanno allontanando dalle promesse elettorali e quindi dalla democrazia”, sembra il ritornello di una canzone già sentita. Ma perché c’è stato mai un momento nella storia italiana in cui si è veramente rispettata la volontà degli elettori? Salvini al Viminale sarebbe allarmante e l’alleanza Salvini-Di Maio sarebbe stata voluta da Berlusconi. Questo potrebbe anche essere vero, ma i personaggi che c’erano prima non erano forse altrettanto inquietanti? Il PD non ha forse perso voti, lasciando l’Italia in mano alle destre, perché è diventato un partito vergognoso che di sinistra non ha più nulla? 

Un governo PD-Cinque Stelle sarebbe migliore? Migliore per chi o per cosa? 

Migliore è morto e sepolto da tempo nel giardino delle possibilità sfiorite. L’Italia è nata morta e continuerà a vivere e respirare come un cadavere.

Non ci si sta allontanando dalla democrazia, semplicemente perché la democrazia non ha mai ancora visto la luce né mai probabilmente la vedrà nel Paese delle mafie, dei privilegiati e del malaffare. 

Noi abbiamo tanta nostalgia di quegli storici e di quei filologi che non avevano necessità di andare in TV a fare gli opinion makers, di quei cattedratici che si concentravano sulla meritocrazia effettiva (quella davvero disturbata imperituramente dalla baronia), senza accesso alle cattedre in virtù dell’albero genealogico e del nepotismo di padri accademici e luminari della cultura, scevri dalle faide interfacoltà che han determinato dal 1968 in poi la volgarissima spartizione e moltiplicazione di cattedre e corsi seminariali senza docimologia finale (chi entra oggi in una Università italiana aprendo un libretto illustrativo trova il triplo delle discipline rispetto a quelle che incontrava una matricola degli anni 60!), avulsi dalla famelicità con cui si corteggiavano gli studenti migliori rubandoli ai colleghi, purché avessero la tessera del partito possibilmente più a sinistra del già vecchio e colluso PCI; ci augureremmo di rivedere almeno il pentimento del professore protagonista del mitico film ungherese “Angy Vera”, colui che, in barba al pragmatismo meta-privato della dottrina del socialismo reale, cede alla tentazione di un legame sentimentale con una allieva e rassegna le dimissioni autodenunciandosene! 

Si faccia mea culpa se l’Italia scivola nelle mani delle destre, ci si interroghi sui colpevoli di questo deslizar, come lo chiamerebbero i castigliani! Andare in TV a gridare “Al lupo! Al lupo!” suona intempestivo e poco terzo; un tentativo di gettar una ciambella di salvataggio a quella democrazia che la nomenclatura di partito ha lasciato affogare! See you later, alligator! In a while, crocodile!

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

Post a comment