La servocrazia e il voto dei minions

La servocrazia e il voto dei minions

La servocrazia e il voto dei minions

Di Mary Blindflowers©

Minion, credit Mary Blindflowers© 

 

 

I minions hanno bisogno di un padrone e lo cercano dappertutto, senza di lui si sentono persi, avvertono un vuoto di senso che li fa star male e non consente loro di sentirsi sicuri, così cercano e sperano di trovare un despota che li tiranneggi e li maltratti, che prometta loro doni per poi straziarli e renderli infelici. I minions sono dei masochisti creduloni, un popolo di pecore che ha una sostanziale urgenza di essere sottomesso. La perdita di un padrone, anzi solo l’idea di poterlo perdere, li fa andare in tilt, non essendo affatto abituati all’autogestione, cozzano la testa contro i muri, la loro respirazione diventa pesante, i loro sogni si popolano di incubi, solo perché non si rendono affatto conto, nel loro superficiale terrore di vivere, che l’incubo vero, l’unico, il solo, è proprio quello che stanno vivendo a causa della presenza di un sistema che li vede schiavi e li ingoia ad uno ad uno, straziandone le carni. Ma essi amano essere mangiati, far da pasto cannibalico al potere, così corrono alle urne, come soldatini senza testa, corrono perché il padrone di turno per il quale sarebbero disposti a sacrificare tutto, dice loro che non si può vivere senza padrone, che non è umano, che sarebbe il caos. Così i nostri eroi della mentecattaggine, si rendono conto della necessità di essere schiavi e mettono la crocetta su una scheda pre-impostata in cui ci sono tanti bei simboli concertati a tavolino e sotto cui si nascondono segreti che loro non conoscono, perché il loro cervello dilavato ha captato un messaggio che viene ripetuto in continuazione: “votare è un dovere civico”, “votare è un diritto di ogni minion che si rispetti”, “chi non vota crea il disordine sociale, il vuoto, il non-senso”. E poi, si dicono questi inconsapevoli elettori, cosa accadrebbe senza un padrone? Uno scenario apocalittico? Chi penserebbe a martirizzarli? Chi avrebbe mai l’onere di sorridergli mentre li deruba di tutto anche della dignità di vivere? No, non si può, non si può non andare a votare, esautorando il potere, sarebbe troppo complicato per un popolo abituato a soffrire, a subire lamentandosi di tutto al bar con gli amici, ma pur sempre subendo; allora si vota il padrone che sembra più umano, quello che fa più promesse, promesse che poi ovviamente non verranno mantenute. E si corre, tutti a scegliere un padrone e signore perché la mamma dei masochisti è sempre eternamente gravida e insegna loro a parlare per frasi già costruite dal potere, e ripetute come una filastrocca per bambini intronati che devono imparare a memoria senza pensare. Loop dunque su cose già date dal potere stesso che che ha tutto l’interesse ad indottrinare le masse, e lo fa usando i grandi mezzi di comunicazione; lo fa evitando che i minions leggano cose che attivino entrambi gli emisferi dei loro cervelletti atrofizzati da secoli di sfruttamento. Se il minion non sa non capisce e se non capisce tanto meglio, voterà senza capire un tubo e si illuderà ogni volta, lucidato di promesse, pronto al compromesso egli stesso, alla fiacca adulazione, al clientelistico favore, al voto in cambio di un mitico e sempreverde privilegio che non gli spetterebbe. Così il minion non si rende conto di essere schiavo e padrone di un sistema che contiene tanti microsistemi bacati, e istituisce gerarchie di potere, in cui il punto fisso è lo Stato, questo cancro maledetto e corrotto, questo punto eterno e imprescindibile, condito di patetico sentimentalismo se unito alla parola patria, altisonante, guerriera, foriera di trombe che fanno clamore e ricordano le glorie mai dimenticate di un paese che finge di essere vivo ma è già morto, perché la vita e la morte sono solo una questione di mentalità e consapevolezza. Il padrone così è la replica unica e potente di tanti minions compatti nel pensare che tutto si possa ottenere tramite favori e sotterfugi, lo specchio opaco di menti vuote che si riflettono in quel vuoto di senso rappresentato dalla schiavitù contemporanea di avere un padrone per evitare il famigerato caos, identificato malamente ed ignorantemente con la parola anarchia. Quest’ultima col caos non ha nulla a che fare, ma i poveri minions non lo sanno perché hanno insegnato loro da piccoli che solo il potere di uno Stato crea ordine e disciplina, che la felicità consiste nell’essere infelici, che dio esiste e che lo si deve venerare perché questo è il destino minion sulla terra gravida di male. L’idea dell’autogestione spaventa qualsiasi piccolo minion, perché egli ha imparato solo a dipendere, a non pensare con la propria testa, grave reato. Così si va all’urna a votare sempre quello che si ritiene sia il male peggiore, che poi si rivela peggiore dei peggiori, in un mondo che crolla soltanto perché i minion non hanno mai avuto il coraggio di esautorare il padrone, evitando di votarlo, evitando di mettere una crocetta che poi verrà spalmata sopra alleanze trasversali costruite ad hoc per continuare a schiavizzare i votanti mentre sorridono come ebeti, convinti di aver fatto il loro dovere di minions perfetti. Ecco i minions che che pagano le tasse, vanno in chiesa tutte le domeniche a biascicare preghiere insegnate a pappardella, e corrono dal minion parlamentare a chiedere un favore: “io ti voto e tu mi sistemi il minion pargoletto; io ti voto e tu mi dai i finanziamenti per sistemare il tetto; io ti voto perché sei parente di una mia parente di una mia cugina; io ti voto perché quegli altri mangiano i bambini e adorano Satana, me lo ha detto il minion prete; io ti voto perché e perché e perché ho un nipote da sistemare… etc, etc.”

Ogni minion pensa a sé, non pensa che pensando a sé e votando secondo questo principio individualista, non sta pensando a sé, ma al padrone e che la storia della sua inenarrabile stupidità si ripeterà nei secoli dei secoli, all’infinito, senza tregua, perché l’inferno non avrà mai fine finché non si leverà il potere al potere. Il minion ha troppa paura di non votare, sarebbe un atto collettivo troppo rivoluzionario e gli schiavi non sono fatti per le rivoluzioni. Perciò il minion voterà pensando di votare, voterà pensando che il suo voto andrà a chi ha votato, fingendo di non sapere che la politica è un meccanismo molto astuto. Così tutto rimarrà esattamente come prima. Il padrone brinderà, il prete benedirà, e lo schiavo sarà schiavo. Il mondo non muta mai, non si sveglia, non quello dei minions, almeno.

Amen. Itte missa est.

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Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Parole terribili eppur veritiere per una tematica che, sebbene di stampo prettamente anti-bellico, fu già istoriata da Trilussa nella “Ninna nanna”.
    Non si riesce ad uscire da questa terribile sindrome di Stoccolma. Come diceva il Che degli americani: ” Cambiano ogni 4 anni il proprio carceriere!”

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