La Bux-poesia di plastica

La Bux-poesia di plastica

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Una cioccolata calda, credit Mary Blindflowers©

 

Una cioccolata calda, dei libri sul tavolo, ne scegliamo uno e iniziamo a leggere di fronte allo sguardo contrariato delle nostre mogli che abbiamo pregato di non disturbare, perché la declamazione dei versi è momento sublime nella vita di ogni uomo e donna che si rispetti.

Lucio declama ridendo sotto i baffi. Le nostre donne si limitano a mettersi le mani nei capelli e scuotere eloquentemente la testa.

Squillo di trombe, ecco a voi un poeta che a quanto sembra scrive parecchie poesie, purtroppo. Leggiamo:

Presso un lido qualunque

lì sulla spiaggia distrutta

Marina di Lesina pareva

una nube. I tuoi occhi

erano la spiaggia.

Nella spiaggia vi erano

persone distanti e bambini

giocavano sul molo aspettando

il ritorno in superficie

della biscia. La biscia erano

i tuoi capelli. Così i tuoi capelli

nel lago di Lesina, sulla spiaggia

arsa di bimbi e di magie nei voli

di aironi stanchi. E le mie gambe

sottili anguille, e le braccia ranocchie.

Eravamo piccini, diventati granelli.

Poi ti ho vista rinascere battigia

adulta nel boschetto anni dopo

quercia a metà d’un polmone di vento.

Eri diventata dell’aria, di tutto il silenzio.

E io tornato a quel lido, spiaggia qualunque.

(Di Antonio Bux)

Ecco una poesia o presunta tale che si propone una sorta di minuta didascalia delle metafore scempie concatenate ad anello: il poetastro mira a forgiare una piccola sequenza spicciola delle immagini che la memoria gli fa sovvenire. Il teatro scenico è una spiaggia, quella di Marina di Lesina (bruttina, a dir il vero, quindi bisogna plaudire lo scrittore che riesce a trarne pseudo-emozioni); focalizzato il sito, via alla sequela delle metafore che, in verità, anziché suscitare emozione ed immedesimazione, lasciano il lettore attonito ascoltatore di questa litania asfittica e senza ritmo oltre che senso compiuto. La spiaggia diventa ai suoi occhi un ammasso visibile di goccioline d’acqua formato per condensazione atmosferica attorno a nuclei di polvere in sospensione nell’atmosfera: non ci spiega perché l’ambiente ad un certo punto diventi un qualcosa che di regola offusca la vista e turba magari la serenità (tale dovrebbe essere l’effetto delle nuvole); ma procediamo, anche se s’insinua una certa titubanza: la spiaggia dovrebbe essere luogo di solarità e calore, invece appare foriero di tenebra e freddo … Il poeta (?) viaggia per proporzioni e concatenazioni (poveri noi, pesantissime ed esiziali al ritmo!): come la spiaggia era una nube, così gli occhi dell’amata erano una spiaggia; per legge sillogistica ergo anche gli occhi della donna dovrebbero essere nebulosi. Andiamo avanti in questo pseudo-stagirismo da chiazza cuverta; aprosdoketon la scena da diegetica diventa estremamente drammatica, poiché il lido si anima e si popola di gente lontana e di infanti che giocano e aspettano la risalita a galla di una biscia; poi brusco ritorno alle metafore narrative: la biscia erano i capelli dell’amata (con quale intento? Salvifico? Purificatore, come è il compito di ogni brava biscia oppure meduseo-gorgonico, talché più nessuno avrà facoltà di muoversi e parlare una volta vedutili? Non è dato saperlo!) Continuiamo! Le metafore prosopico-faunesche si spiralizzano: se biscia sono i capelli della donna, anguille paiono le gambe e ranocchie le braccia dell’uomo: ma sorprendentemente queste immagini slungate e gracidanti (bisce, anguille, rane) suggeriscono al poeta una metafora microsomica: lui e lei sembrano minimi grani di sabbia. Ecco un miracolo dell’immaginazione irrazionalissima dell’autore, ma tant’è.. egli ricorda queste taborizzazioni dei ricordi di Marina di Lesina! Poi inaspettatamente memorie più recenti instillano nel nervo poetico di Bux associazioni macrosomiche e assimilazioni floriche (la femmina da grano di sabbia è diventata battigia e da biscia quercia di bosco… potenza delle trasfigurazioni eros-indotte!). La chiosa è fantastica nell’iniezione emotiva: la crescita dell’amata negli anni ha determinato un’appartenenza, una sorta di possesso etereo, una pertinenza dell’assenza di suono. Mentre molto più terrestremente il poeta si ritorce su se stesso regredendo sullo stesso lido che lo vide raganella, pesce di Comacchio, grano di rena.

Il trismegistismo di Antonio Bux (che ha spazio in case editrici di grido, ah, sentite? Lo sentite il grido? Noi no), non è percepibile da comuni mortali come noi: speriamo che qualcuno, leggendo queste umili nostre note, ci possa illuminare circa il messaggio formale e contenutistico che egli vuole dettare: noi non abbiamo capito un h! Leggerlo ha avuto l’effetto di una sostanza allucinogena bevuta troppo in fretta prima di vergare le linee della lirica, se possiamo davvero definirla tale.

Ovviamente il pregiato Bux non è nuovo a simili virtuosismi. La sua poetica che abbiamo avuto lo stomaco di leggere a più riprese, ci ricorda quella di un semianalfabeta che, volendo sembrare colto, cerca di qua e di là di raggranellare parole che ha sentito dire da altri. Le immagini infatti non hanno alcunché di originale, a parte il ritmo che manca del tutto in ogni sua lirica e rapprende la lingua nella lettura, ma poi è assente anche quel pathos che aiuta il lettore a capire anche sentimentalmente la poesia, a sentirla nella carne, farla sua e darle un significato universale. Sono liriche di plastica quelle di Bux, poesiole artificiali e senza stile, che non significano nulla se le si analizza con attenzione, ma cercano disperatamente, attraverso un collage di parole che cozzano spesso tra loro, di sembrare qualcosa, tanto qualcuno che le pubblica e si azzarda pure a tradurle, si trova sempre nel variegato mondo editoriale italiano.

Del resto egli stesso dice: “Non chiedete ai poeti cosa sia la poesia”. No, non gli chiederemo nulla, non pensiamo infatti che sia minimamente in grado di rispondere, dato che di poesia non ne hai mai scritta una in vita sua.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

Comment (1)

  1. Antonio Bux

    Magici! Vi ho scoperto per caso, siete fantastici! Alcuni passaggi non li ho compresi bene, d’altronde sono un semi analfabeta, come avete giustamente dedotto! E concordo con voi: non ho mai scritto una vera poesia in vita mia! Grazie mille per la critica, spero possa essere costruttiva, magari un giorno per sbaglio scriverò una vera poesia 😀

    Voi ne avete scritte? Sarei molto curioso a questo punto di leggerle 🙂 Vi lascio una delle mie mail, mi farebbe piacere leggervi. un caro saluto e continuate così!

    Antonio Bux

    buxvsbooks@gmail.com

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