Premio Strega, democrazia-casta

Premio Strega, democrazia-casta

Premio Strega, democrazia-casta

 

Premio Strega, democrazia-casta

I cani, disegno su quaderno degli appunti, Mary Blindflowers©

Mary Blindflowers©

Premio Strega, democrazia-casta

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La maggior parte della gente pensa che fb non sia un mezzo adatto per comunicare, quando nella discussione non riesce a raggiungere vertici di dialettica intelligenza, o insulta oppure tira fuori dalla tasca il jolly dell’inadeguatezza del mezzo. A questo punto una domanda si impone: non siamo forse noi stessi a rendere un mezzo tecnico inadeguato? Non siamo noi stessi a imporre contenuti baggiani e lontani da qualsiasi profondità? Qual è in una società in cui le maestranze occupano ogni spazio possibile e immaginario con pagine a pagamento, feedback comprati e spazi infiniti e non cedibili sulla carta stampata, il nostro spazio utile per comunicare? La spazzatura? Fb non va bene per i signori nessuno che non frequentano bar; sui giornali, nulla, spazio zero; i media parlano sempre e solo dei soliti noti in stile ossessivo; le librerie acquistano i libri mainstream. Lo spazio allora dov’è?
E con disprezzo qualcuno ha coniato snobisticamente il termine “poeti da fb”, buttando tutto e tutti nello stesso calderone, con una superficialità da manuale.
Il marchio diventa garanzia anche se impacchetta nulla fritto. Il contenuto non interessa più nessuno, conta il guscio e la marca editoriale che diventa la stabile panacea di una qualità che spesso è solo sognata, ma tanto chi legge più veramente nulla? Nessuno legge più, si applaude l’istituzionalizzazione del verso in modo acritico e sciocco. Una società senza sbocco. Lo spirito critico è bannato come cattiveria e livore, risposte di burattini gestiti da altri burattini, di gnognori e gnognore piccate rispetto a qualsiasi appunto critico, gnognore che, in lista nel premio Strega-poesia, dopo magari aver scritto un solo libro di versi così così, postano felicissime sui social la notizia della loro partecipazione e si aspettano applausi e wow con battimani a manetta dalla ristretta cerchia di contemplatori falsi e passivamente adagiati al gusto comune complimentoso. I commenti? Tutti uguali, inerti complimenti. Scenari apocalittico-deprimenti di cervelli e cervelletti in vacanza perenne, ideale sintesi scenografico-fittizia di un sistema che ha decretato che l’istituto di pena e gioia interiore smerinata, innocua e all’acqua di rose, debba esser poesia in un mondo che di poesia ormai non ne legge più, ma assorbe il gossip biografico degli autori, contrabbandato per cultura, come fosse oro colato.
Rompere l’inanità pleonastico-ripetitiva dei social dementi che propinano complimenti alla partecipazione istituzionalizzata ai concorsi, è un rischio che provoca reazioni inconsulte, sia pur virtuali. Non ci si può permettere disamine critiche. Questo nonostante ormai sappiano pure le pietre che lo Strega è una farsa, un giochetto tra case editrici, un bluff in cui nessuno legge nulla, un concertino in cui la poesia e la letteratura sono un accessorio del potere e del marketing. E non era davvero necessaria, come controprova, la figuraccia epocale del ministro Gennaro Sangiuliano, per capire che è tutta una marionettata.
Lo Strega è il Sanremo della scrittura. Un premio da salotto, nato appunto nel salotto dei Bellonci che dovevano vendere un liquore, alcolica sintesi del nulla dei nostri tempi. Maria Villavecchia in Bellonci, nata a Roma nel 1902, discendeva da una famiglia aristocratica piemontese. Quando ideò il premio scrisse:

Già da tempo cominciavo a pensare ad un nostro premio, un premio che nessuno ancora avesse mai immaginato. L’idea di una giuria vasta e democratica che comprendesse tutti i nostri amici mi sembrava tornar bene per ogni verso; confermava il nuovo acquisto della democrazia.

Notate i possessivi: “nostro premio”, “tutti i nostri amici” legati alla parola “democrazia”. In sintesi la democrazia dei nostri amici. Il premio era così democratico che per accedervi occorreva essere presentati o dai padroni di casa o da amici dei padroni di casa, ovvio. Non sapete che la democrazia si esercita dentro le mura di una casta? E il termine “padrini” che si usava per indicare chi doveva presentare chi, non ricorda la terminologia mafiosa? E rovesciando il senso del termine “cosa”, si potrebbe dire che la cultura non è cosa nostra ma loro. Di chi? Dei galli e delle galline da salotto.
La democrazia è un circolo per pochi eletti. Tutti gli altri sono poeti da fb e devono applaudire, altrimenti sono brutti, sporchi e cattivi, indegni d’esser vivi già morti. Postumi pubblicati in vita. È la filosofia di Cita, questa? La democrazia bestiale spacciata per fanfara celestiale.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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