Lampedusa aveva solo ragione

Lampedusa aveva solo ragione

Lampedusa aveva solo ragione

Lampedusa aveva solo ragione

Incisione satirica di fine Settecento, credit Antiche Curiosità©

 

Lampedusa aveva solo ragione

Mary Blindflowers©

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Nell’interessante libro Operazione Gattopardo di Anile e Giannice, si racconta una vicenda curiosa e che fa riflettere sulla sincerità del mondo letterario e sul valore dei concorsi. Durante l’unica intervista della sua vita, rilasciata al giornalista Nozza, Tomasi di Lampedusa anticipò il nome del vincitore del Premio San Pellegrino con accenti molto polemici: “Scotellaro è morto e adesso viene premiato”:

Grazie al nome del vincitore, il giorno successivo, L’Eco di Bergamo, aveva il suo scoop, ma dell’intervista al principe nemmeno una riga, ci si dilungava su Lucio Piccolo mentre a Lampedusa si accennava appena indicandolo come “accompagnatore”. (Anile-Giannice, p. 20).

Insomma si fa notizia con la rivelazione del peccato ma non si fa il nome del peccatore che ha spiato, specie se non è presentato.
Ma non finisce qua. Giuseppe Ravegnani infatti, organizzatore di tutta l’illustrosa paranza del convegno, non regala primizie a Lampedusa, non si spaparanza di gioia nella sua stanza ma perdendo creanza per l’inaspettata fuga di notizie, corre da Nozza per farsi rivelare la fonte dello scoop sul vincitore, e Nozza, tremebondo come una bimbetta, si inchina a tanta magnificenza letteraria e cede rivelando da quale bocca così poco stretta sono state pronunciate le previsioni sibilline e sincere sul vincitore del concorso.
Siccome la sincerità nel mondo delle belle lettere, è praticamente inammissibile, considerata alla stregua di inaccettabile pazzia, ecco che i due cavalieri dell’apocalisse (scritto piccolo), Ravegnani e Nozza, corrono al Grand Hotel dove alloggia Lampedusa, per dargli una bella lavata di capo. Ma non riescono a fargli lo shampoo, dato che previdentemente il buon Lampedusa ha già levato le tende senza nemmeno salutare chi lo ha snobbato al convegno dei gran letterati. Questi sono riusciti ad essere più snob di uno snob, cioè di Lampedusa stesso che era aristocratico, genesi imperdonabile che gli verrà rinfacciata anche dopo la stesura de Il Gattopardo.
Gran parte della sinistra non perdonerà infatti mai a Tomasi di Lampedusa la sua origine nobile. Fortini ancor oggi osannatissimo e intoccabile, disse che Il Gattopardo era “odore di dente cariato, il romanzo di un radicale di destra che fa l’apologia del sempre uguale a partire dal sempre diverso… non c’è in tutto il libro un solo momento nel quale sia obiettivamente superato il punto di vista ideologico dell’autore”. Senti chi parla! È proprio l’ideologia prevenuta che copre a Fortini la comprensione dell’opera. Il Gattopardo infatti non è affatto apologetico, è realista, dice le cose come stanno, cioè che la storia è solo una sostituzione di classi in cui i padroni comandano sostituiti da altri padroni, forse peggiori dei precedenti, e aveva ragione, infatti la presunta rivoluzione marxista di Fortini e dei suoi compagni di partito lo ha dimostrato nel suo totale fallimento. Dov’è finita la sinistra italiana? Defluita in un terribile quanto immobile radicalchicchismo ormai cancro di ogni evoluzione creativa, monopolio culturale classista e circolare in cui se sei dentro le loro logiche sei, se no non esisti nemmeno, se ti prostri al partito bene, ti premiano, se non vuoi fare il volantino, ti ignorano.
Anche Sciascia non ebbe inizialmente tenere parole per Il Gattopardo, stigmatizzato come libro indifferente alle problematiche dei contadini.

A questo punto una domanda è lecita.

Come avrebbe potuto, un principe, raccontare la Sicilia dei poveri? Ma che pretese! Lampedusa non poteva guardare il mondo dal punto di vista dei contadini ma dal suo, quello di un nobile decaduto che si rende perfettamente conto e dei limiti della sua stessa classe sociale ormai in agonia, l’aristocrazia, e di quelli della nuova borghesia rampante, avida come la precedente. Per quanta antipatia si possa e si debba avere per l’aristocrazia, Lampedusa è sincero, guarda il mondo coi suoi occhi laddove invece tanti scrittori lo vedono con prospettiva falsata e fingono di vedere il mondo da un punto di vista che nemmeno appartiene loro. La Morante e Pavese, per esempio, sono inautentici. Non sanno nulla delle classi popolari, degli operai, dei poveracci e si sforzano di imitarne gesti, toni e ragionamenti, creando nel lettore che conosce bene queste realtà, una sensazione di potente inautenticità che io personalmente non apprezzo ma viene esaltata al massimo grado dalla borghesia salottiera. La borghesia che parla dei poveri e poi adotta logiche classiste da circolo chiuso, fa francamente un poco ridere.
E che senso ha rimproverare Lampedusa perché ha semplicemente detto il vero?
La storia è sempre stata una sostituzione di classi in cui il più forte sfrutta il più debole e le presunte rivoluzioni fatte da signori da salotto che fingono di essere poveri, non possono farci nulla, è la realtà. La storia lo ha confermato. Lampedusa aveva ragione e i suoi detrattori, torto marcio. Lo sdogamento dei concorsi letterari poi è sotto gli occhi di tutti. È tutto già deciso secondo logiche estranee alla letteratura che sta lentamente morendo per mano degli stessi che dicono di volerla salvare e che nulla concedono ai figli di contadini e operai che hanno studiato, sanno scrivere ma non vogliono diventare marionette di partito. Non è tragicamente divertente?

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

Comment (1)

  1. Giuseppe Ioppolo

    Chiudo gli occhi e mi immergo nelle ragioni di Lampedusa, che sono peraltro anche quelle di Orwell. La storia è un sussegursi di classi al potere in cui quelle che seguono fanno le stesse cose di quelle che le hanno precedute. Qualche volta anche peggio. La prospettiva d’un cerchio chiuso che solo qualche folle si prende la briga di voler rompere. Un folle che sistematicamente viene rintuzzato in un angolo al di fuori del cerchio e messo nelle condizioni di non nuocere. Ragioni che hanno a che fare con l’eterno ritorno della storia. L’arco si tende…ma il massimo punto della sua tensione corrisponde al punto in cui inizia la deflessione che riporta l’arco esattamente al punto di prima. E’ la descrizione della fine della storia. Non c’è evoluzione ma solo tensioni cicliche, poi tutto ritorna al punto di partenza. Potrà essere che abbiano ragione… e che, già è tutto scritto. Non bisogna far altro che disvelarlo. Operazione anche interessante. Eppure a me non basta… e come quei matti di cui sopra, continuo a rompermi la testa: la fine della storia non è stata ancora scritta… e mi auguro tanto mai lo sarà. Mi piacciono Orwell, Lampedusa e Nietzsche: hanno scritto pagine bellissime e dentro queste pagine bellissime ci hanno messo argomentazioni interessanti che non solo rapiscono il lettore ma lo fanno anche riflettere. Ecco: ma se fanno riflettere il lettore avevano torto. Un lettore che riflette è l’antitesi della fine della storia. Dal lettore che riflette inizia sempre una nuova storia. Se questi autori hanno creduto, anche per un solo momento, che anche uno soltanto delle svariate migliaia di loro lettori, potesse riflettere, hanno avuto torto e non ragione. O forse hanno avuto ragione nel descrivere i torti che spesso la ragione fa agli esseri umani.

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