Poesia, letteratura, gli espertoni

Poesia, letteratura, gli espertoni

Poesia, letteratura, gli espertoni

Poesia, letteratura, gli espertoni

Il critico, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Poesia, letteratura, gli espertoni

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Inizio queste poche righe con una domanda: perché tutti ritengono di essere esperti di poesia e letteratura e non di fisica quantistica o sistemi informatici?
La risposta a questo quesito è semplice, perché mentre la fisica quantistica o l’elaborazione di sistemi informatici richiedono codici comunicativi e operativi di stampo strettamente specialistico e da addetti ai lavori, la poesia e la letteratura vengono universalmente percepite come una specie di terra di nessuno e di tutti in cui ciascuno può esprimere pareri a casaccio. Lo stesso avviene per le arti figurative. Nessuno, ad esempio, si sognerebbe di dare la stura alla propria opinione sotto un post che parla di argomenti strettamente attinenti alla radiazione, al dualismo onda-particella o ai codici necessari per creare un sito internet, se non addentro a tali materie, ma tutti giudicano se una poesia sia bella o sia brutta, perché la poesia e la scrittura, nell’immaginario collettivo dell’uomo e della donna medi, vengono percepite come “per tutti”. È vero, la scrittura deve essere patrimonio universale, ma occorre stare attenti a non far confusione tra l’indispensabilità della democratizzazione della letteratura e la propria opinione spacciata per critica letteraria. Quest’ultima, sebbene inevitabilmente conservi un certo grado di opinabilità, tuttavia dovrebbe sforzarsi di giudicare un libro sulla base di parametri obiettivi, ossia stile, contenuto, profondità, innovazione linguistica, resistenza del testo nel tempo, etc. Il critico che eleva a potenza il proprio gusto personale o che adatta il giudizio a seconda che il recensito faccia parte o meno del circoletto politico degli amici, non è un critico onesto. Il fallimento della critica accademica, che ormai è evidente a tutti i livelli, è derivato proprio dal fatto che il critico non solo critica nel bene e nel male, solo autori mainstream, ben inseriti in un certo circolo protetto dal potere, ma che il giudizio è condizionato da fattori che esulano dal testo, ossia la fede politica di chi scrive e l’appartenenza alla stessa parrocchietta del critico stesso.
La critica ufficiale non è pertanto affidabile ma è stata in parte sostituita da dilettanti allo sbaraglio, come nella nota popcorrida di Corrado. Costoro cinti di pseudo-alloro, si lanciano in giudizi personali chiamati pomposamente recensioni o giudizi. Tali giudizi sono visibili nei blog ormai fioriti come in una fungaia, nei libri, e sui social che sono sfogatoio universale.
Quando si afferma qualcosa circa un autore, si dovrebbe condurre un’analisi accurata di contenuti e stile, analisi che prevede che ad ogni affermazione critica, nel bene e nel male, corrisponda, una documentazione precisa, per esempio, se si afferma che un autore è misogino, occorrerebbe indicare al lettore, in quale opera e in quali pagine egli si abbandona alla misoginia, e indicare riferimenti precisi, circostanziati. Non si può dire l’autore X è misogino perché lo dico io, punto. Oppure l’autore X è un grande della letteratura, perché lo dico io e lo dice il critico Super X, punto. Non ha alcun senso come operazione. Non si sta facendo una recensione ma mero opinionismo fine a se stesso e anche un poco superbo, perché si dà per scontato uno: che l’opinione di un Super X sia infallibile, due: che l’opinione personale non documentata in alcun modo, possa e debba diventare universale. Questa tendenza oggi sta facendo scuola. I blog sono pieni di mere opinioni spacciate per recensioni, di citazioni a catenella di Sant’Antonio e di incursioni su fb di gente che non ha mai letto niente in vita sua, corre sotto le bacheche in cui vengono postate poesie e pezzi in prosa, a postare monosillabi di disappunto per poi bannare subito chi potrebbe contraddirli. Di recente ho letto questa conversazione sotto una poesia:

Signora: Mah.
Signor: Non ho capito uno straccio di quello che c’è scritto.
Signora: Ma che ti vuoi capire, il nulla?

In queste poche righe si intuisce molto. C’è un sillogismo chiarissimo:

La poesia non si capisce
La poesia non ci piace
La poesia è nulla perché non ci piace.

L’aspetto grave di questo sillogismo non è il fatto che una poesia non piaccia ma che questo dis-piacere venga elevato a legge universale, in pratica il motto è se non piace a me è nulla perché io sono la misura di tutte le cose. Parmenide non sarebbe in ogni caso contento.

Purtroppo questo atteggiamento da uomo e donna che non devono spiegare mai ma solo sentenziare umori a casaccio e spesso senza preparazione alcuna di tipo letterario, è diffusissimo perché la madre dei cretini è sempre gravida.
Finché si tratta di due imbecilli su fb, possiamo farci una risata, il problema è che l’opinionismo impera anche sulla carta stampata dove non si recensisce più alcunché, si propinano perlopiù opinioni richieste dai padroni di turno su libri che spesso non vengono nemmeno letti. Tali opinioni diventano legge universale. Tutti così diventano Dio. Non sentono più il dovere e l’onestà di documentare e provare ciò che affermano. Siamo al dogma: se lo dico io è vero e non ho bisogno di provare nulla. È così che ogni io diventa Dio, viviamo immersi in un’ assoluta dogmatica immobilità. Una morte per la cultura, una coltura subnullistica di cosmica memoria che gestisce la gloria secondo il comando di due neuroni solo dipinti come il fuoco di Pinocchio. I veri recensori? Quasi estinti e perlopiù detestati a favore di meccanismi ben oliati ma di sola superficie.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

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