Manzoni, la fama pagata

Manzoni, la fama pagata

Manzoni, la fama pagata

Manzoni, la fama pagata

Manzoni, la fama, credit Mary Blindflowers©

 

Manzoni, la fama pagata

Mary Blindflowers©

.

In Gianfranco Schialvino, Storia della xilografia in Italia nel secolo XX, pubblicazione peraltro interessantissima, si esordisce con un articolo di Marzio Dell’Acqua e Marco Fiori intitolato: “Il Tour d’Italie” xilografico di Gianfranco Schialvino ovvero viaggio diacronico tra storie ed incontri. Tale articolo che descrive la xilografia occidentale come “linguaggio figurativo povero”, ad un certo punto racconta la genesi del classico più amato e odiato nelle scuole italiane, I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Si narra del superamento della censura, delle varie stesure del romanzo con più di sessanta edizioni non autorizzate, etc. etc.
La parte più interessante di questo discorso è quella in cui si esplicita l’insoddisfazione dello stesso Manzoni che, desideroso di costruire una edizione del romanzo a suo gusto, oltre i dettami editoriali, finanziò di tasca propria la stampa di ben diecimila copie del romanzo, un numero elevatissimo per quell’epoca se si considera che Leopardi riusciva a farsi stampare a pagamento 500 copie, come ci dice egli stesso nelle Epistole. In una lettera all’avvocato Pietro Brighenti, datata 21 novembre 1823, il poeta nota i costi eccessivi:

 

Vi ringrazio molto distintamente delle notizie che vi prendete la pena di darmi sopra la stampa ch’io progettava. Vi dico in verità che improntare addirittura 60 scudi, per ora non posso…. Tutto si riduce insomma a questi termini, che voi mi diciate se credete possibile di stampare costì un quindici fogli nella carta della mostra, con caratteri di mediocre nitidezza, in numero di 500 esemplari colla spesa di una quarantina di scudi, non improntati, ma dati assolutamente. Se non lo credete possibile, mi converrà differire il mio pensiero ad un altro tempo…

 

Potete allora solamente immaginare i costi complessivi affrontati da Manzoni per stampare tutte quelle copie, ma non solo. Per le illustrazioni il talento si affidò a Francesco Gonin che fece 350 disegni, seguendo le precise disposizioni dello scrittore, il quale definì Gonin “il miglior commentatore della sua opera”.
Manzoni fece addirittura venire dalla Francia, un’équipe di incisori, ospitandoli a casa sua e pagandoli:

 

Manzoni, di gran lunga insoddisfatto della scrittura del romanzo, dopo un soggiorno a Firenze…verso il 1837 pensò che ripubblicando totalmente rinnovati I Promessi sposi li avrebbe corredati di illustrazioni, e chiese a Francesco Hayez… alcuni disegni preparatori che però non lo convinsero. Per di più il pittore chiedeva la massima libertà espressiva, mentre lo scrittore voleva illustrare in modo nuovo, rispetto ai modelli del tempo francesi ed inglesi, il suo volume (tuttavia nell’edizione definitiva furono tradotti due disegni di Hayez in incisione). L’operazione era quella di far intercalare le illustrazioni nel testo, rapportandole alle dimensioni della pagina e all’argomento, sotto il rigoroso controllo di Manzoni stesso, novità rispetto all’uso di allora di intercalare la scrittura stampata con grandi tavole a piena pagina senza alcun riferimento con il testo. Manzoni, che finanziò l’intera operazione, compresa la stampa di diecimila copie del romanzo, credeva così di evitare le contraffazioni della prima edizione (sarebbe stato impossibile per i piccoli editori riprodurre le 404 xilografie che corredavano alla fine l’opera)…Trovò in Francesco Gonin… l’artista che si adattava alle sue richieste, pur essendo molto abile. Lo scrittore fa quindi venire dalla Francia un’équipe di incisori particolarmente esperti che ospita a casa sua e paga di tasca propria… (Dall’Acqua, Fiori, pp. 8,9).

 

A questo punto una considerazione affiora alle labbra. Ma se Manzoni fosse stato povero, avrebbe potuto fare tutto questo? Avrebbe potuto pagarsi la stampa di tutte quelle copie in un’epoca in cui non esisteva il digitale e il libro era un oggetto di lusso? Avrebbe potuto pagare gli incisori, addirittura ospitarli a casa a suo carico? E oggi sarebbe famoso?
Ovvio che no.
La stessa domanda si impone per Marinetti e tanti altri autori.
Se Marinetti non avesse avuto i miliardi del padre, sarebbe oggi celebre, oppure uno dei tanti?
Uno dei tanti, probabilmente.
La fama letteraria dipendeva e dipende in massima parte dalla disponibilità economica di chi scrive.
Ancora oggi in Italia siamo legati a schemi ottocenteschi. La scrittura è un’attività elitaria. Il talento per un ricco è un dono, per un povero, un peso. Gli scrittori che si autodefiniscono della working class, (adesso si usa il termine inglese, fa più scena) in realtà hanno dovuto fare propaganda per un certo tipo di partito politico, ossia si sono piegati al sistema che poi esige da loro la continua genuflessione agli stessi che li hanno fatti diventare celebri.
E non è un caso fortuito che questi scrittori si vantino continuamente di essere stati poveri, mentre propagandano a senso unico le idee del partito di riferimento, come a voler comunicare indirettamente il falso assioma che si possa arrivare in alto anche partendo dal basso. Niente di più falso. Trattasi soltanto di una becera compravendita. Lo sanno tutti, ma si fa sempre finta che non sia così, perché chi ha il potere vuole tenerselo, e tutti, con o senza scintilla creativa (poco importa), gli vanno dietro pur di prenderne una piccola stilla e poter dire esisto.

.

Libri Mary Blindflowers

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

 

Post a comment