Lei crede nelle coincidenze?

Lei crede nelle coincidenze?

Lei crede nelle coincidenze?

 

Lei crede nelle coincidenze?

La danza, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Lei crede nelle coincidenze?

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“Lei crede nelle coincidenze?”

“Francamente non tanto”.

“Io invece penso che nessuno scrittore crei veramente la sua trama”.

“In che senso, scusi?”

“La linea di coincidenza casuale e imprevedibile crea il romanzo o il racconto. Non è chi scrive a creare veramente ma sua maestà la realtà incidentale”.

“Mah. Io ci credo veramente poco, per me è tutto molto più semplice, uno partorisce un’idea e la mette su carta così diventa una storia”.

“No, non accade mai così”.

“Come fa a dire questo?”

“Le racconto il banale. Una specie di favola contemporanea. Immagini di trovarsi a un cenacolo di poeti. Uno stanzone in cui i poeti possano lodarsi e odiarsi a vicenda. Le due cose avvengono contemporaneamente. Abbiamo 5 soggetti che chiameremo per comodità A B C D F.
A incrocia B che durante la conversazione parla male di C. Ora si dà il caso che C nel frattempo si lamenti di un mister F di cui non si conosce l’identità. B ha la coda di paglia e si convince che A abbia riferito a C le sue maldicenze e che quel mister F sia in realtà lui”.

“Un po’ aggrovigliata come situazione”.

“Quando si parla di poeti il groviglio è la regola”.

“Ah, non lo sapevo!”

“Ecco ora lo sa”.

“Ma dunque che accade?”

“Si possono dare casi diversi in possibili variabili, ma le assicuro che la realtà supera ogni fantasia. È la contemporaneità di certe situazioni paradossali a interessare lo scrittore, capisce?”

“No, non la seguo francamente, ho qualche difficoltà”.

“Ma non capisce, la storia è già scritta! Ma non l’ha scritta lo scrittore, ma la realtà casuale e imprevista”.

“Non sono ancora in grado di seguirla”.

“La banalità si innesta sempre con un certo grado di straordinarietà”.

“Scusi tanto ma cosa ci sarebbe di tanto straordinario per lei in una specie di baruffa?”

“Eppure…”

“È misterioso…”

“Ma no! Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia, è questa la straordinarietà del banale. C’è sempre un fetore di chiacchiere, un sottofondo di inutilità, di perfidia, di antropocentrismo inutile. Se soltanto le nostre coscienze si accorgessero di essere polvere nell’economia dell’universo, granelli infinitesimali di un micromondo insignificante se considerato relativamente al resto, tutto cambierebbe…”

“Quale resto scusi e cosa cambierebbe”.

“Ma il nostro approccio alla vita. I milioni di galassie, le sente? Siamo meno della polvere e ci illudiamo di essere sempre noi quelli importanti, quelli che hanno un ruolo centrale, pensiamo che tutti parlino di noi, che tutti ci pensino, e invece… Se soltanto ciascuno si considerasse solo come particella energetica e non come trave nell’occhio del vicino, se si avvertisse la probabilità del proprio personale limite individuale, forse vivremo meglio, senza essere sommersi dall’inutile chiacchiericcio di tanti signori e signore… Li sente? Sente come turbano l’ordine del cosmo? Lo sento come sparlano e passano le loro viperine lingue nella panatura dell’inconsistenza”.

“In effetti si sente come un pigolare, un vocio confuso, incomprensibile, pio pio pio… Ma mi levi un dubbio, poi F è in realtà B? E D che ruolo ha?”

“Ma nient’affatto! F non è B, è soltanto uno con cui C ha litigato e che a sua volta magari da qualche parte si starà pure lamentando di D come C si lamenta di lui! Ma è divertente e tragico insieme sa il ruolo del tempo nell’eterna commedia degli equivoci, è molto poetico tutto questo, non trova?”

“Cosa le sembra poetico?”

“Il fatto che una trama possa e debba nascere da queste piccole miserie o dalla signora poetessa che sparla di un’altra poetessa che nemmeno mai la pensa e non si ricorda neppure come si chiami né chi sia! Perché accade sa? Mi è accaduto spesso. Io poi non mi ricordo mai i nomi. Signore e signorine e signori usciti dal cappello a cilindro come coniglietti bianchi e reginette gossip a recitare una parte di odio che la società ti impone per forza. Ah ma io all’odio ho sempre preferito lo iodio. Lo iodio è infinitamente superiore all’odio, primo perché il secondo mi scivola addosso, è uno spreco di energie, uno sprecodio che consuma chi lo prova, come ho scritto in certe poesie e il primo invece lo respiro e mi fa bene; secondo perché chi odia danneggia se stesso e non mantiene la giusta lucidità per vedere tutta la meravigliosa straordinarietà del banale. Perché sono le miserie a fare la trama e non le cose grandiose, gli spettacoli esplosivi e pirotecnici di vita, un po’ come accade per le fotografie. Tutti cercano cascate meravigliose, piante le più rare, animali curiosi, strani, al limite del mostruoso o del grottesco, tant’è che se non esistono se li inventano e li creano al computer, invece il fotografo autentico cerca l’ordinario che può diventare davvero più straordinario dello straordinario”.

“Beh, non ci avevo pensato”.

“Solo gli sciocchi si fanno la foto davanti a un monumentino. Il fotografo vero punta l’obiettivo su un ragno annidato in un suo angolo e ne segue i movimenti, cattura la luce su uno sfondo scuro per intuirne la trama e fissarla per sempre. Vede una macchia in mezzo a tante macchie e la fa diventare la macchia, la sola degna d’essere vista. Un vero artista prende quello che la vita gli offre e costruisce dalla banalità un monumento alla straordinarietà, lo straordinario non lo interessa per nulla o solo perché entra a far parte dell’ordinario in modo spesso veramente curioso”.

“In effetti… Ma allora riconosce all’artista comunque una certa straordinarietà”.

“O no, per nulla, l’artista è un uomo o una donna più che banale, un po’ carogna, un po’ faustiano. Rientriamo, mi fischiano un poco le orecchie”.

“Anche a me! E sa cos’è?”

“L’antropocentrismo, ovvio! Li sente? Pio pio pio, pensano pure di esser Dio!”

 

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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