L’abside di Ruggero II

L'abside di Ruggero II

L’abside di Ruggero II

L'abside di Ruggero II

Reperti archeologici, credit Mary Blindflowers©

 

L’abside di Ruggero II

Angelo Giubileo©

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All’interno del Palazzo dei Normanni di Palermo, nel corridoio d’ingresso alla Cappella Palatina, risplende ancora oggi, in tutta la sua fulgidità e solo in parte scalfita dal tempo, un’iscrizione trilingue – in latino, greco e arabo – voluta dall’allora Re Sole di Sicilia, Ruggero II.

L’iscrizione commemora la consacrazione della Cappella al culto del Pan-to-cratore nell’anno greco 6650, latino 1142 e arabo 536. Il Re-Sole di Sicilia governò per 24 anni, dal 1130 al 1154, ed è ricordato comunemente come il fondatore del Regnum Siciliae indipendente. Egli è ricordato pertanto come il Signore che edificò le fondamenta di un regno celeste nella terra più antica di Sicilia, fatto di cui dall’indomani ne rammemoriamo la memoria. Infatti, l’avvento di Ruggero Secondo ha adempiuto in terra l’eterna profezia della città celeste, come testimoniato – appena qualche anno dopo – da Isidoro La Lumia, in Storia della Sicilia sotto Guglielmo il Buono: “… La campana di una chiesa novella, il salmeggiare de’ monaci d’un nuovo convento sposavasi al grido che da’ minareti alzava il muezzin, chiamando alla preghiera i credenti. Presso il culto latino, modificato secondo le norme della liturgia gallicana, vigevano i riti e le cerimonie de’ Greci; ed insieme le discipline e i precetti della legge mosaica …”.

A noi cittadini moderni sembra oggi piuttosto incomprensibile come gli esponenti dei tre culti monoteistici abbiano potuto andare del tutto d’accordo, così da celebrare un unico culto – che è la più antica arte o scienza del vivere – oltre che sotto il sole della Sicilia anche all’interno di un antro-caverna quale il Duomo di Cefalù e la Cappella Palatina. E’ la solita leggenda che dice che l’opera massima di Ruggero Secondo ebbe inizio con la volontà di edificare un tempio sulla rocca dove sorge ancora oggi il Duomo di Cefalù. Scampato alle acque, come tanti eroi eponimi prima di lui, Ruggero aveva voluto edificare il tempio in ringraziamento a quel dio-ignoto che l’avesse tratto in salvo.

Quel dio che l’immagine del Pan-to-cratore, proveniente dall’Asia, rammemorava a tutti i popoli, compresi ora quelli d’Occidente, ribadendo come, rispetto alla linea di un comune orizzonte, interamente pieno della sua luce, il Sole nasceva ad est e tramontava ad ovest. E quindi l’immagine stessa del Dominatore-di-ogni-cosa non poteva che trovare dimora in ogni a-b-side delle tre chiese in cui splende la luce di Palermo: il duomo di Cefalù, la Cappella Palatina, il duomo di Monreale. L’ab-side costituiva e costituisce infatti simbolicamente la medesima dimora dell’inizio riscoperta dall’altrettanto moderno filosofo, assai rinomato come Martin Heidegger.

L’abside è quella dimora latina (sedes) in cui tutto, ovvero il destino del Verbo giovanneo, del Logos, della Parola ha inizio: a, b, c … Nell’abside, la mano destra del Pantocratore si leva a benedire, nella sinistra tiene un libro aperto sul quale si legge il versetto: <Io sono la luce del mondo>. In estrema brevità, la mano da sempre e il libro poi avrebbero ricostituito il nuovo ordine dal vecchio e nuovo caos.

I moderni, a differenza degli <antichi>, identificano tout court l’immagine del Pan-to-cratore con quella del Cristo-Salvatore. Ma: essa in principio non è che l’immagine del Χρῆστος (Chrestos) di Platone, “il salvatore”, il cui termine in origine non è riferito ad alcuna specifica persona bensì deriva dall’uso aggettivale del termine χρηστός (chrestos) traducibile con espressioni altrettanto generiche quali “utile”, “buono”, “servizievole”.

Un ennesimo passaggio temporale e in specie di uso della parola, e quindi metamorfosi relativa, fatto di cui, all’inizio dell’era che ancora diciamo cristiana, Lattanzio non avrebbe potuto che dare migliore conferma riportando nel proprio libro IV cap. VI le parole del primo apologeta e martire cristiano, Giustino: è solo per ignoranza che gli uomini si definiscono cristiani anziché crestiani.

L’immagine del Pan-to-cratore rappresentava dunque l’immagine unitaria dell’“uomo saggio ebreo” descritto da Flavio Giuseppe nelle Antichità giudaiche, dell’“unto del Signore” consacrato nei Vangeli, del “profeta Isa” che nel Corano prepara la venuta di Maometto. Ruggero II ci aveva visto bene, egli aveva inteso esattamente la profezia della <città eterna>. L’immagine nella mandorla dell’abside sarebbe stata capace di unificare i tre regni in un solo regno, i tre culti in un solo culto. La mandorla era un frutto che proveniva anch’esso dalla terra fenicia, come l’alfabeto e fondamentalmente tutto il resto.

L’uomo era dotato, oltre che di una gran vista, di un gran senno. Salvatosi dalle acque del mare, egli non aveva affatto dimenticato l’altresì maggiore potenza del fuoco che in Sicilia era ben nota scendere dalle pendici dei propri vulcani e devastare tutte le terre circostanti. Immutata nel tempo, dalle acque prospicienti l’isola di Stromboli, Ruggero Secondo aveva visto più volte la sciara di fuoco inondare la terra e il limite del mare di Sicilia.

Si era chiesto anche da dove quella terra avesse avuto origine o meglio da dove avesse avuto origine quello che ora era il suo nome e cosa volesse significare. Non credo lo sapesse, almeno non allo stesso modo come noi crediamo oggi. E cioè come, provenienti dal mare, i cosiddetti Shekelesh – uno dei tanti gruppi noti nell’insieme come Popoli del Mare, e della cui pericolosità i faraoni egizi Ramses II, Merenptah e Ramses III avevano già fatto forte esperienza – avessero abbordato l’isola e – insieme ad una serie di fenomeni naturali quali terremoti, maremoti ed eruzioni vulcaniche – avessero provocato il naufragio dell’intera “civiltà del Bronzo” (Eric H. Cline, 1177 A.C. Il collasso della civiltà). Come nel racconto dell’Apocalisse di Giovanni in riferimento alla prima bestia che proviene dal mare.

Ma: a distanza sia pure di due millenni, la natura dell’isola sembrava che conservasse ancora intatta la sua origine, così che Ruggero Secondo pensò di preservarla anche a dispetto dei molti che ancora ambivano a possederla solo per se stessi. Avrebbe potuto combatterli, uno per uno, ma avrebbe potuto non farcela; così come avrebbe potuto scenderci a patti, uno per uno, ma senza rinunciare al governo dell’isola, che, ai suoi occhi, e non solo ai suoi, appariva come un eterno paradiso sia terrestre che celeste.

Ruggero II aveva quasi subito imparato l’arte di governare un territorio e una moltitudine di genti, così come ognuno di solito fa esercitandosi fin da subito nell’arte di governare se stesso, mediante l’uso sia del corpo che della mente. Laddove la forza dello spirito non sarebbe bastata, allora avrebbe fatto ricorso alla forza materiale del corpo, ciò che gli altri, ma solo per parte loro, chiamano violenza. E fu così che il Re diede forma al suo esercito costituendolo in gran parte di saraceni. Ovunque andassero – riporta quel tal Falco di Benevento – lasciavano dietro di loro una scia di morte e devastazioni … Come anche nella stessa città di Benevento, travolta come da una tempesta furiosa e spopolata dal fuoco e dalla spada. E dunque allo stesso modo, si direbbe, di come la natura in Sicilia operava ed opera mediante la sciara di fuoco dei vulcani in cui si diceva che dimorasse Efesto, una delle più note e tante manifestazioni del Deus faber, già pertanto evolutosi nella sua forma da “architetto” – o maestro della misura primigenio – a “fabbro”. E così, Ruggero Secondo aveva agito proprio come la seconda bestia dell’Apocalisse di Giovanni, che proviene dalla terra.

Ma: una volta conquistato il potere, Ruggero II l’avrebbe poi consolidato con l’arte della diplomazia, con il governo delle idee, almeno fintantoché la loro forza sarebbe bastata o meglio sarebbe stata riconosciuta da tutti gli altri. E, sempre così come accade, fu dunque incoronato Re – e l’evento rappresentato nell’immagine dell’ennesimo mosaico simbolicamente ra(c)chiuso nell’antro della chiesa della Martorana – da quel Pantocratore che ora meglio rispondeva all’immagine del Cristo: ancora una volta, l’arte del governo pacifico l’aveva avuta vinta sulla forza brutale. Non era e non è affatto una questione di opportunità, era ed è piuttosto una questione di saggezza. Anch’essa un’arte, di cui Ruggero Secondo è stato senz’altro uno dei massimi interpreti.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

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