Cristo era femmina, prefazione

Cristo era femmina, prefazione

Cristo era femmina, prefazione

Cristo era femmina, prefazione

Mary Blindflowers, Cristo era femmina, Thinking Man, 2022.

 

 

 

Cristo era femmina.

Dalla Prefazione di Paolo Durando©

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La poesia di Mary Blindflowers, ha una matericità che la restituisce in pieno al significato etimologico del termine, poiein – fare. La lingua che la sostanzia appare quanto mai concreta, viva. I frequenti neologismi (meravigliabolico, barbigiglito…), quasi sempre parole composte (bigliaflipper, anatomoallumio…), appaiono naturali, sorgono da un continuum linguistico non cristallizzato; attingere da questo continuum lessico, fonosimbolismo, semiosi, ritagliando forme nuove e antiche in piena libertà, costituisce la ragion d’essere dell’impegno conoscitivo poetico.
Il registro si fa di volta in volta comico-giocoso, ironico, graffiante. Con incursioni talora inaspettate in un lirismo non prevedibile, che privilegia sempre la visuale obliqua che sorge da interferenze “subliminali”:

(…)
e io sono matta,
accertato,
libera in visibilio di me,
in ogni mio più piccolo
verso
riverso dall’oscuro e
insondabile sé.

E implicita l’importanza dell’attitudine a un imprevedibile e destrutturante “sognare”:

(…)
la poesia è l’arte delle extra-zone
nel genio atemporale (…)
I versi palpitano come minerali vivi
che si dimenano nel sale degli acclivi,
scettici come un ramarro
in formaldeide.
(…)

Non di rado troviamo riferimenti all’attuale condizione di chi scrive. Non si fanno sconti a quegli scrittori che, essendo più o meno conosciuti, hanno scelto di accasarsi nelle proprie postazioni raggiunte per caso o grazie ad accorte trame di relazioni, quasi mai, certamente, per effettivo ed esclusivo talento. Perché, lo sappiamo almeno dall’inizio del nuovo secolo, non esiste più una società letteraria; pubblicazioni e apprezzamenti assecondano traiettorie dovute, sorgono da un humus in cui l’ego ha un ruolo fondamentale, in un teatro delle apparenze in cui dress code e lifting dei “morti di fama” contano più delle magnifiche sorti e progressive dell’arte:

(…)
Manichini inamovibili,
trotto, trotto,
prose discutibili
scotto, scotto,
poesie e aforismi
perfettamente innocui
sgombro, sgombro.
(…)

Questa consapevolezza, e l’amarezza conseguente, non divengono recriminazione fine a se stessa, ma utilizzano sempre il filtro dell’ironia e della dissacrazione. E vediamo poi il “ritorno di Chirone”, il rivolgersi alla propria formazione primaria consentendo incursioni del dialetto sardo, nell’insieme spiazzante e acuminato dei versi. La lingua delle radici, così vicina, ancora, al latino, dona termini ed espressioni che provengono da un lontano passato, con le sue risonanze magiche, domestiche, riportando a un’età infantile di saggezza prelogica e a una fase storica di primordi. Col risultato di  una “primavera” (Berànu) che è davvero un “primo tempo” capace di
Leare a brazzos su témpus a benner, su témpus a torrare, ovvero
Prendere in braccio il tempo che deve venire, il tempo che deve tornare, futuro e passato.
Destrutturalismo, dunque, ma anche costeggiamento di altre strutture, realtà dietro le quinte, che sfuggono e, al contempo, donano squarci, ritmi, producono domande, seminano disagio. Perché non è data una poesia “pacificata”. Chi ricerca, crea, ha a che fare col magma che noi siamo, con le luci e le ombre. Non imbalsama fiori, stelle, cuori, ma accetta di rovistare nell’irrisolto, con un occhio all’incertezza ineludibile della nostra condizione, un altro all’armonia possibile, alle architetture controverse ma azzeccate. Alla bellezza.
In tutto questo, che “Cristo sia femmina” è il necessario presupposto per avventurarsi nella pienezza di una scrittura che non segue solchi prefissati, che non cerca tradizioni e scuole a cui fare riferimento. Il messaggio di Cristo, per credenti e non credenti, è irrelato quanto può e deve esserlo una creatività che non paga pegni all’ordine simbolico dominante. E che può disturbare, come a volte disturbano le poesie di Mary Blindflowers, quando il lessico preciso e le epifanie conclusive di certi versi divengono corpi contundenti, aggressività rivelatrice di una battaglia in corso. Ci troviamo di fronte a un “divenire donna”  che non coincide con quello puramente filosofico di Deleuze, ma piuttosto con quello incarnato e sessualizzato di Irigaray, in cui il femminile è, concretamente, “differenza”. Portatore di uno sguardo che non è né “rivoluzionario” né, come nel cristianesimo al maschile di Nietzsche, pavidamente regressivo. Semplicemente, è:

Cristo era femmina e pure io non scherzo.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Cristo era femmina

Libri Mary Blindflowers

 

 

 

 

 

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