Alceste, il puro vituperato

Alceste, il puro vituperato

Alceste, il puro vituperato

Alceste, il puro vituperato

Molière, Il Misantropo, 1876, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Alceste, il puro vituperato

 

Moralisti, filosofi e accademici di regime confondono individualismo con egoismo. Secondo questi illuminati senza luce, viviamo in una società troppo individualista, per cui i valori fondamentali dell’uomo sarebbero caduti nel nulla. In realtà è esattamente il contrario. Viviamo nell’illusione che il collettivismo e l’appiattimento delle coscienze critiche, sia la salvezza, senza renderci conto che si tratta di veleni che trascurano la diversità nella pseudo-uguaglianza a favore di un posticcio siamo tutti uguali, ergo ci dobbiamo vestire tutti allo stesso modo, leggere gli stessi libri, ascoltare gli stessi intellettuali figli del partitismo e che ci dicono come dobbiamo vivere perché non abbiamo più la dignità di essere coraggiosamente degli individui. Siamo massa, confusi, disorientati e orientati costantemente da altri più fusi di noi con il potere.
La confusione semplicistica sul prezioso individualismo che consente al soggetto di essere se stesso, sfuggendo agli stereotipi e pensando in modo trasversale, indipendentemente dagli schieramenti, ha creato mostri, ha infatti generato l’idea che occorra essere fatti a stampo, in barba a qualunque differenza, che occorra uniformarsi o entrare nel gruppo protettivo, per non essere giudicati superbi ed egocentrici.
Così l’Alceste del Misantropo di Molière, uomo totale che rinnega la piaggeria, costi quel che costi, viene giudicato da certa critica, “ridicolo, patetico”, afflitto da “comica malattia” (F. Orlando, Illuminismo, barocco e retorica freudiana, Torino, Einaudi, 1997, p. 96) perché rinnega il principio di autorità, come anarchico ante-litteram. Alceste infatti, al di là dei contorcimenti accademici, è l’uomo nuovo mai realizzato, quello che rinnega la logica di massa del così fan tutti, fallo pure tu, a favore di un individualismo sincero e sensibile, io faccio come il mio cuore mi suggerisce e non voglio lodare dei versi orrendi solo per essere giudicato amabile in società. In poche parole stiamo parlando dell’uomo totale che non accetta il servilismo e si svincola incompreso dai processi sociali, perfino dall’amore perché la forza della sincerità in lui è più potente di qualsiasi altro sentimento.
Alceste è l’unico personaggio che ha vero spessore nel Misantropo, gli altri sono ombre di se stessi, povere comparse, loro sì patetiche, che si agitano nella falsità come insetti ciechi nel buio. I dialoghi di Alceste con l’amico Filinto, disponibile al compromesso e alla bugia, svela l’inconciliabilità dell’uomo totale con l’uomo che sceglie di essere parziale, perché rinuncia alla verità in nome delle convenzioni societarie:

 

Alceste: … un’anima ben fatta spregia l’estimazione profusa a mille: e, sia pur grande, allettamento non ha se ci confonde con tutti… è tutt’uno stimar tutti ad un modo e non stimar nessuno… Rifiuto la facil compiacenza d’un cuore che fra meriti non sa por differenza. Io voglio esser distinto…

Filinto: Ma, poiché si sta in mezzo al mondo, converrà fare alcun di quegli atti di pura civiltà che l’uso impone.

Alceste: No, vi dico. Si dovrìa punir senza pietà questa baratteria di lustre amicizia. Siamo uomini, e si mostri sempre e con tutti aperto il cuor sui labbri nostri. Il cuore ha da parlare: né i nostri sentimenti dee ricoprir la maschera di vani complimenti. (Molière, Il Misantropo,  tradotto da Alcibiade Moretti, Imola, Tip. Galeati e figlio, 1876).

 

Filinto ricorda ad Alceste che la troppa franchezza creerebbe ilarità, per come è strutturata la società, sostenendo che “celare” quello che abbiamo in animo “è il dover nostro” perché non sarebbe urbano e conveniente dover dire agli altri il proprio sentire.

Il Misantropo è una commedia del Seicento, un capolavoro di straordinaria modernità. Oggi la società si compone di tanti Filinto che fingono costantemente per evitare discussioni ed essere simpatici a tutti. Filinto è il prototipo dell’uomo posticcio, quello che oggi segue la massa e l’opportunismo convenzionale.
Poi entra in scena Oronte che domanda ad Alceste un parere sui suoi versi dopo un bel po’ di smancerie. Alceste chiede cortesemente di essere dispensato dal formulare un giudizio, ma Oronte insiste. Mentre recita Filinto lo loda. Alceste tace. Poi incitato da Oronte, dice schietto il suo parere: “…amiamo sentirci lusingati… quel cotale prudore ci prende di scrivere, e ha da tenere in briglia la smania che talvolta di far chiasso ci piglia con siffatte bazzecole, e che la gran premura di mostrarle alla gente a far trista figura spesso ci espone”.
Oreste non la prende un gran che bene, allora Alceste incalza: “Perdio! Che gran bisogno è il vostro di scriver versi? Che diavolo mai vi punge a darli in luce? Se pubblicare un libraccio merita mai perdono, gli è per quegli sciagurati che costretti ci sono dalla fame. Ma voi coteste tentazioni cacciate via, e tali occupazioni, nascondete alla gente…”
L’uomo totale nella società di oggi, come in quella seicentesca, non piace. È scomodo. Molti, troppi commentatori definiscono Alceste “esagerato, patologico, nevrotico, idealista intransigente, incapace di avvertire le necessità degli altri”. Se date un’occhiata su internet questa è la canzoncina del mainstream, replicata all’infinito in blog allineati che parlano del Misantropo.
Mi domando a questo punto: da quando la finzione, la piaggeria e il tradimento sono diventati necessità e non aberrazioni? Da sempre, probabilmente. La società giudica patologico chi non vuole praticarle, ma non sarà mica la società ad essere un tantino malata?
E molti, troppi adattamenti teatrali tendono a ridicolizzare e vituperare Alceste. Questo perché la società si compone di tanti Oronte (letterati senza talento) moltiplicati per numerosissimi Filinto (falsi amici). Il risultato? Una finzione, pari a quella di chi si ostina a disprezzare Alceste, l’uomo che osa staccarsi dalla massa e per questo rimane volontariamente isolato. Un uomo con tre occhi deve apparire ridicolo infatti sia ai ciechi che ai monocoli ai quali si può vendere di tutto perché da tempo avvelenati da un anti-individualismo che oggi è diventato collettivismo di massa e totalitarismo spacciati per savoir vivre e genio.

Viva Alceste. Lo amerò per sempre.

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Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Io voglio vivere da peste
    esigo fare come Alceste
    senza leccare e far le feste
    a chi dei galli ci ha le creste
    quando si muove lindo e pinto
    dentro ad un mondo tutto finto.
    Io voglio andar in gir discinto!
    Via i leccapiedi alla Filinto!

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