La vittoria del vuoto

La vittoria del vuoto

La vittoria del vuoto

La vittoria del vuoto

Non è un piumino, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

La vittoria del vuoto

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Nel libro “Soggiorni e villeggiature manzoniane” di Ezio Flori, è narrato uno scherzo poetico molto divertente e che fa riflettere.

L’episodio ha per protagonisti un sarto di nome Marizzi, soprannominato Slìpeti e i fratelli Visconti Venosta con il Della Croce. Il luogo nel quale si svolgono i fatti è il “Caffè del Vangelista” chiamato così dal nome del proprietario, Lorandi Marco Evangelista, appunto.

Era infatti il tempo in cui ancora esistevano i Caffè concerto in cui artisti vari si esibivano davanti al pubblico.

Fatto sta che a Tirano c’era un piccolo teatro dove nel 1855 recitavano i dilettanti del paese o i comici in bolletta facenti parte di compagnie perlopiù squattrinate. Marizzi chiese anche lui di recitare in quel teatro ma venne rifiutato perché aveva una gamba storta. Si doleva dunque di quel rifiuto al Caffè. Gli fu suggerito di vendicarsi declamando dei versi. Così i visconti Venosta e il Della Croce, siccome i nobili non lavorano (beati loro!) e hanno molto tempo da perdere, composero dei versi a casaccio per una burla:

 

ci venne l’idea di mettere insieme delle strofe senza senso, meno quel po’ che ci sarebbe voluto perché il sarto non se ne accorgesse. La poesia fu presto fatta; la diedi al sarto, gliela spiegai e gli insegnai anche il modo di declamarla. Il sarto non s’accorse dello scherzo; e ripenso ancora a quelle mattine cui il poveretto veniva nel mio studio a farsi spiegare qualche punto che gli pareva un poco oscuro e a farsi insegnare i gesti e le inflessioni della voce per dar risalto alla sua declamazione. (Flori).

 

Il sarto andò in scena in un giorno di Fiera per cui al Caffè c’erano non solo persone del paese ma anche parecchi forestieri. Ebbe un successo straordinario:

 

Vi contribuirono la figura del pover’uomo, i gesti coi quali salutò il pubblico, e un gilè bianco che aveva delle proporzioni inverosimili. Poi, con una grande serietà, declamò la poesia da capo a fondo, accompagnandola coi gesti e colle pose tragiche… Da prima il pubblico rideva, ma non capiva, com’era ben naturale; poi parecchi si accorsero della canzonatura e ridevano anche più applaudendo. Ma ci furono anche quelli che, pur ridendo per le boccacce del sarto, non badarono al senso della poesia, abituati forse a non badarci mai. Il successo fu straordinario; il sarto dovette ripetere la declamazione più volte, e per altre sere; per molti giorni non si parlò d’altro in paese che della poesia e di lui. Il buon uomo mi fu riconoscentissimo; finché visse ricordò sempre con compiacenza il gran successo di quella sera, e non si faceva pregare a ripetere quei versi ad ogni occasione che ne fosse richiesto. Non sospettò mai la canzonatura e nessuno gliela svelò. Ho trovato in pochi durante la mia vita, una riconoscenza più duratura. Così Giovanni Visconti Venosta nel capitolo XX de’ suoi Ricordi di gioventù. (Flori).

 

Nessuno è in grado di giudicare se stesso fino in fondo quando l’illusione creata dal consenso dilettantistico altrui, crea il sogno concretizzato.  Il consenso oggi si ottiene attraverso la propaganda. I Caffè concerto sono stati spostati nei social e in tv.

Cambiano i metodi e i luoghi attraverso cui una performance o una poesia sale alla ribalta, ma le dinamiche interne, la psicologia, rimane sempre la stessa. 

Il clamore senza troppo senso supera la profondità dei contenuti e se sotto c’è una canzonatura di cui pochi si accorgono, va bene lo stesso. Purché si rida e ci si diverta o ci si commuova senza neppure capire bene per quale motivo.

Le capacità critiche vengono così abolite a favore di una fruizione passiva in cui capire diventa superfluo, se non addirittura inutile, un po’ come avviene in televisione.

Nascono in questo modo le verità surgelate, quelle pillole di buon senso comune che vengono ripetute di continuo, tanto che alla fine la gente crede che siano vere, come il sarto ha creduto al successo della sua esibizione e alla sincerità dei suoi ammiratori.

L’inganno è dietro la porta.

In pochi si accorgono che è una truffa, ma a molti di quei pochi non importa nulla e si lasciano trascinare dalla corrente generale, per sentirsi parte del tutto. I pochi tra i pochi che resistono e rifiutano l’applauso, non hanno nessuna possibilità di essere ascoltati perché il fragore delle grida di approvazione di fronte al non senso esibito, è troppo forte.

Il vuoto è destinato a vincere, sempre.

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