Triste vita da zibetto

Triste vita da zibetto

Triste vita da zibetto

Triste vita da zibetto

Buffon, Storia naturale, Tomo VIII, 1813, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Triste vita da zibetto

 

L’attenzione per l’ambiente, il rispetto per la natura e gli animali selvatici, se in passato costituiva materia per filosofi e pensatori sensibili, era estranea alla scienza.
Se Schopenhauer nei Parerga e Paralipomena, si indignava per il cane legato alla catena da un ingiusto padrone e per lo sfruttamento degli animali da parte dell’uomo; se Nietzsche poco prima di uscir di senno, piangeva per un cavallo frustato da un cocchiere, baciandolo e abbracciandolo; se moltissimi scrittori amano ed amavano i gatti e i cani, la scienza è sempre stata meno sensibile, più tesa a raccogliere informazioni che a rispettare gli animali.
Storia Naturale di Buffon, classificata giusta il sistema di Linneo da Renato Riccardo Castel Autore del Poema Le Piante proseguita da altri Ch. Scrittori e ridotta a completa storia di tutti e tre i Regni della Natura, prima traduzione italiana, Piacenza, Dai Torchi del Majno, 1813.
Soffermiamoci sul Tomo VIII: Storia naturale dei quadrupedi. L’autore descrive vari animali raccontando ai lettori come queste creature venivano analizzate, descritte e studiato il loro comportamento. Quando ci si trovava in presenza di un esemplare di nuova specie poco nota, invece di osservarlo nel suo habitat, la prima cosa che i ricercatori facevano era catturarlo, spedirlo come un pacchetto e allevarlo in cattività dove l’animale finiva con il morire, essendo abituato ad una vita selvaggia. Per esempio sulla muffetta dice:

 

Mi è stato mandato da Surinam questo animale vivo, dice Seba; io l’ho mantenuto in vita per tutta un’estate nel mio giardino, dove lo tenevo legato con una piccola catena; esso non mordeva alcuno, e quando gli si porgeva il cibo, si poteva maneggiare come un cagnolino; scavava la terra col muso, aiutandosi con le zampe dinanzi, le cui dita sono armate di unghie larghe e curve; si nascondeva di giorno in una specie di tana fatta da se medesimo; ne usciva la sera, e dopo di essersi ripulito cominciava a correre e correva tutta la notte a destra e a manca, secondo la lunghezza della catena; mostrava di cercare e fiutar dappertutto, tenendo sempre il naso sulla terra; gli si dava ogni sera da mangiare e non ne prendeva se non quando gliene abbisognava senza toccare il resto; non gli piacevano né carne, né pane, né molti altri cibi; le sue delizie erano le pastinache gialle, i piccioli gamberetti, i bruchi e i ragni… Verso la fine dell’autunno si trovò morto nella sua tana; senza dubbio non poté resistere al freddo… (pp. 158-159).

Anche nel racconto sulla caccia alla volpe l’autore non dimostra alcuna coscienza ecologica. E che dire dei profumieri? Per raccogliere il profumo dello zibetto o della civetta, gli animali venivano letteralmente torturati:

 

La civetta, profumo lavorato in Amsterdam, è da’ nostri negozianti, preferita a quella che viene dal Levante e dalle Indie, la quale d’ordinario, è men pura.
Quella che tirasi dalla Guinea, sarebbe di tutte la migliore se… non la falsificassero, frammischiandovi de’ sughi di vegetabili, come del ladano, dello storace, e d’altre droghe balsamiche e odorose.
Per raccogliere siffatto profumo, eglino mettono l’animale in una stretta gabbia, ove non possa voltarsi; apron la gabbia all’estremità, tirano l’animale per la coda, lo sforzano a restare in tale situazione, mettendo un bastone attraverso ai cancelli della gabbia medesima, per mezzo di cui gli tengono immote le gambe deretane; in seguito gli fanno entrare un piccolo cucchiaio nel sacco, che contiene il profumo, raschiano attentamente tutte le pareti interiori del detto sacco, e ripongono la materia estrattane in un vaso, che ricoprono con molta cura. Tale operazione ripetesi due o tre volte per settimana. La quantità dell’odoroso umore dipende assai dalla qualità degli alimenti e dall’appetito dell’animale; ei ne rende in maggior copia quand’è meglio e delicatamente pasciuto: la carne cruda e sminuzzata, le uova, il riso, i piccoli animali, gli uccelli, il pollame ancor giovane, e massimamente i pesci, sono i cibi, che gli si debbon dare, e convien variarli, affinché si conservi sano e gli si aguzzi l’appetito: esso ha bisogno di pochissima acqua… Il profumo di questi animali è sì forte, che si comunica a tutte le parti del lor corpo; il pelo n’è imbevuto e la pelle penetrata per modo, che l’odore se ne conserva lungo tempo dopo la lor morte… (p. 172, 173).

 

Lo zibetto però, detto anche civetta delle palme, oggi non ha maggior fortuna, se un tempo veniva maltrattato per il profumo, oggi viene catturato e allevato come un pollo in batteria per il caffè defecato, sì, avete letto bene, il famoso Kopi Luwak, che secondo gli estimatori avrebbe un sapore particolare. Alla stupidità umana non ci sono confini. Chi compra questo caffè semidigerito da questi poveri animali, non è altro che un povero idiota.

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