Bertrand Russell, Matrimonio, morale

Bertrand Russell, Matrimonio, morale

Bertrand Russell, Matrimonio, morale

Bertrand Russell, Matrimonio, morale

Bertrand Russell, Matrimonio e morale, 1964, credit Antiche Curiosità©

Mary Blindflowers©

Bertrand Russell, Matrimonio, morale

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Bertrand Russell, Matrimonio e morale, pubblicato per l’Italia da Longanesi nel 1949. Ho qui l’edizione del 1964. Copertina rigida con sovraccoperta illustrata a colori. Ottima veste editoriale per la serie Il labirinto, volume 12.
La quarta di copertina ha toni trionfalistici e apologetici e già mi irrita perché una sinossi non dovrebbe dare giudizi sull’opera ma limitarsi al contenuto. Definisce Russell uno dei più grandi filosofi viventi (all’epoca era ancora vivo) e poi: “Con la pubblicazione di questi saggi si colma una delle lacune più vistose nella storia della filosofia moderna”.
Sebbene io condivida la filosofia di Russell nella sua critica più che fondata e giusta alla religione come strumento inibitorio del progresso e dell’evoluzione della condizione della donna, tuttavia devo ammettere che leggere Russell è un’impresa. Il suo tentativo di divulgazione infatti finisce, in ogni suo testo, per stemperarsi spiacevolmente nell’intruglio, in una congerie di nozioni disordinate che il filosofo butta sulla pagina senza un preciso e sistematico ordine, necessario, invece, in ogni saggistica che si rispetti.
Russell parla di troppe cose senza approfondirne nessuna e in fatto di matrimonio e di morale, salta allegramente e spregiudicatamente di palo in frasca.
Nella sua giusta ansia di dimostrare l’assurdità delle religioni, infila purtroppo esempi su esempi, con un procedimento di superficie veramente poco attento alla bibliografia di riferimento, quasi del tutto inesistente, giusto due striminzite note a pie’ di pagina per le citazioni, ma quel che è peggio è che dà input che poi lascia fluttuanti e non approfonditi. Si imbarca, ad esempio, in un discorso sullo Stilnovismo e sull’amore cortese, liquidandoli in due parole, immeschinendoli in una sorta di slogan ad uso masse. In men che non si dica passa dalle società matriarcali a quelle patriarcali, dal Medioevo al Romanticismo, dall’Europa alla Cina, così, con un battito di ciglia.
Il metodo è una iper-informazione tendente ad un eccesso di strampalato riduttivismo con frasettine ad effetto:

…l’amore di Dante per Beatrice, così come è cantato nella Vita Nova, non è soltanto convenzionale; al contrario, lo direi pervaso da una commozione più appassionata di quella espressa in molta poesia moderna… (p. 69)

C’è da chiedersi su cosa fondi questo suo giudizio e a quale poesia moderna si riferisca in particolar modo, ma il lettore non ha neppure il tempo di interrogarsi che Russell sta già altrove e con un balzello, dopo aver detto che nel Medioevo i nobili spiriti ritenevano un male la loro vita terrena, per cui Dante non poteva che adeguarvisi, passa al Rinascimento, dimenticandosi che non tutti gli spiriti eletti del Medioevo trascuravano il lato terreno delle donne. Del resto anche il Decamerone è stato scritto nel Medioevo. Ma Russell non sembra ricordarsene. Sostiene infatti che soltanto “nel Rinascimento, come conseguenza della ribellione al paganesimo, l’amore di regola cessò dall’essere platonico pur rimanendo poetico” (p. 73) e subito dopo questa castroneria, passa a Don Chisciotte, a Shakespeare e all’uso della poesia come mezzo di corteggiamento, per poi saltellare allegramente sulla poesia cinese e quella mistica indiana nel giro di poche righe e tuffarsi immediatamente dopo nelle squisite emozioni e l’instabile equilibrio di Shelley e di Emilia Viviani, per poi ritornare al matrimonio cinese, come sistema estremo ed abbandonarsi alle sue elucubrazioni su corteggiamento e libertà.
Francamente un minestrone terribile.
Altro difetto, il ricorso al consiglio della nonna su temi riguardanti divorzio e matrimonio:

L’adulterio, secondo il mio modo di vedere, non dovrebbe essere per se stesso una ragione di divorzio. Gli esseri umani, se non sono limitati da inibizioni o da forti scrupoli morali, difficilmente durante la vita non sentono ogni tanto impulsi profondi che portano all’adulterio, Ma tali impulsi non implicano necessariamente lo scioglimento del matrimonio. Tra moglie e marito può permanere un vero sincero affetto… 

 

Insomma, cornuti e contenti è la ricettina di Russell per la felicità coniugale: “l’infedeltà non deve ostacolare la felicità e di fatto non l’ostacola, se moglie e marito hanno tanto buon senso da non abbandonarsi a scene melodrammatiche di gelosia”.
Poi va oltre: “le parti in causa dovrebbero saper indulgere a eventuali capricci passeggeri purché rimanga intatta la profondità del reciproco rapporto”.

Il grosso limite di Russell, citatissimo anche oggi nei social, è che tende all’universalizzazione di formule e giudizi che davvero non possono essere valide per tutti e per tutte. Oppone alla tradizionale psicologia dell’adulterio, come la chiama lui, un’altra psicologia non meno fallimentare, un cerotto che non può curare tutte le ferite perché dimentico delle peculiarità di situazioni contingenti ed emotive diverse.

Russell non ha un progetto ordinato nella costruzione dei suoi libri di saggistica, va semplicemente a ruota libera, incoerentemente. Per quanto esprima idee in aprte condivisibili e anche attuali, si perde totalmente nella forma, probabilmente per volontà di divulgazione. Ma divulgare non significa abbandonarsi alla superficialità, dare ricette in poche righe buttate sulla pagina come en passant.
Anche nella divulgazione un minimo di approfondimento si rende sempre inevitabilmente necessario, altrimenti si cade facilmente vittime dell’opinionismo per le masse e si fa un trattato di tuttologia, basato sull’autorità indiscussa del proprio nome che però non basta, a mio parere, a giustificare una serie di articoli scritti perlopiù coi piedi.

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