Geber, Leopardi, armi, macchina

Geber, Leopardi, armi, macchina

Geber, Leopardi, armi, macchina

Geber, Leopardi, armi, macchina

L’interventista, mixed media on canvas, 60 x 30 cm. by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Geber, Leopardi, armi, macchina

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Jabir-ibn- Hayyan (موسى جابر بن حيّان), conosciuto con il nome latinizzato di Geber (721-815), fondatore di una scuola collegata all’Islam Sciita e noto anche come al-Ṣūfī, al-Azdī, al-Kūfī o al-Ṭūsī, è considerato il padre dell’alchimia, come confermato dagli studi di Stapleton, Kraus, Holmyard, Ruska, Lory e Haq, che hanno dedicato lungo tempo al corpus jabiriano.
L’alchimia, in sintesi, si è diffusa in Occidente fin dal IX secolo, grazie a coloro che tradussero in latino i trattati arabi i quali parlavano di quello che i latini chiamavano homunculus, ossia un umanoide costruito secondo ricette alchemiche.
La cultura occidentale è rimasta affascinata dall’homunculus geberiano, tanto che Paracelso indica il modo per costruirne uno.
Giovanni Bracesco, in un testo assai noto a metà del Cinquecento, La Espositione di Geber Philosopho, Venezia, riprende le teorie del corpus jabiriano su cui sono stati scritti moltissimi libri per arrivare alla conclusione che di Geber o dei vari Geber, visto che pare non fosse una sola persona, ma una vera e propria scuola di pensiero, sappiamo ben poco.
Quel che si sa è che l’idea di una imitazione della natura, spinta fino al desiderio di creare un uomo artificiale, non è recente, ma molto antica e risale all’alchimia araba.
Resta il fatto che una macchina non può ragionare come un uomo, test di Turing o no, perché una macchina resta pur sempre tale e, come raccontano le leggende ebraiche sul Golem, potrebbe sfuggire di mano: da intelligenza al servizio dell’uomo, potrebbe diventare arma contro l’uomo semplicemente perché essendo una creazione che esula dalle leggi della natura, appartiene ad un mondo artificiale che si illude di essere perfetto ma non lo è.
Come può una creazione scaturita da un essere imperfetto essere perfetta?
Sillogisticamente impossibile.
Lo sapeva anche Leopardi, quando nel suo pregevole dialogo satirico Proposta di premi all’Accademia dei Sillografi, causticamente critica la macchina, e ne immagina ironicamente una che sostituisca una moglie:

 

La terza macchina debbe essere disposta a fare gli uffici di una donna conforme a quella immaginata… Assegnasi all’autore di questaa macchina una medaglia d’oro in peso di cinquecento zecchini, in sulla quale sarà figurata da una faccia l’araba fenice del Metastasio, osata sopra una pianta di specie europea, dall’altra parte sarà scritto il nome del premiato col titolo: INVENTORE DELLE DONNE FEDELI E DELLA FELICITÀ CONIUGALE (Leopardi, Operette morali, Laterza 1928, p. 31).

 

Con la globalizzazione, la tecnologia e il mito della macchina si sono rafforzati e non solo per creare robot ma soprattutto strumenti di offesa dell’uomo sull’uomo, le armi.
Che l’uomo speri di allontanarsi dalla natura a tal punto da credere che con le armi si possa raggiungere la pace, data la loro “intelligenza”, è un delirio  contemporaneo che usa il raggiunto progresso tecnologico per far soldi, molla di ogni buona guerra che si rispetti e in cui la figura dell’eroe non ha praticamente più alcun senso perché la tecnologia uniforma anche le forze in campo:

 

L’invenzione e l’uso delle armi da fuoco, ha combinato perfettamente colla tendenza presa dal mondo in ordine a qualunque cosa, e derivata naturalmente dalla preponderanza della ragione e dell’arte, colla tendenza, dico, di uguagliar tutto. Così le armi da fuoco, hanno uguagliato il forte al debole, il grande al piccolo, il valoroso al vile, l’esercitato all’inesperto, i modi di combattere delle varie nazioni: e la guerra ancor essa ha preso un equilibrio, un’uguaglianza che sembrava contraria direttamente alla sua natura. E l’artifizio, sottentrando alla virtù, ed agguagliandola, e anche superandola, e rendendola inutile, ha pareggiato gl’individui, tolta la varietà, spento quindi anche nella guerra, l’entusiasmo quasi del tutto, spenta l’emulazione, e toltale la materia, spento l’eroismo, giacché tanto vale un soldato eroe, quanto un Martano, o se anche non l’ha spento, l’ha confuso colla viltà, e reso indistinguibile, e quindi senza eccitamento e senza premio […] (Zibaldone 659-660).

 

Leopardi aveva capito che la tecnologia ha annullato completamente anche l’eroismo e che la guerra con le armi non prevede alcun premio per nessuno.

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Rivista Destrutturalismo

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Comments (2)

  1. Mariano Grossi

    …per quer popolo cojone risparmiato dar cannone!!!

    1. Destrutturalismo

      Trilussa…

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