Frank Hamel, Animali umani

Frank Hamel, Animali umani

Frank Hamel, Animali umani

Frank Hamel, Animali umani

Frank Hamel, Animali umani, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Frank Hamel, Animali umani

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Frank Hamel, Animali umani, pubblicato in lingua originale nel 1969, e ripubblicato da Edizioni Mediterranee nel 1974, è un non-libro. In che senso, chiederete voi. Semplicemente la saggistica dovrebbe basarsi sull’esposizione di dati elaborati in modo da ottenere come risultato una nuova teoria, se è saggistica sperimentale; se è soltanto divulgativa, dovrebbe comunque avere un suo filo conduttore e concentrarsi perlomeno su un argomento, cercando di far capire al lettore qual è lo scopo del libro stesso. Animali umani non ha scopo se non la ripresa di idee e citazioni altrui, nasce infatti così, tanto per fare, per descrivere in modo abominevolmente frantumato, pezzi di miti, di usi, di danze e totemismi che dovrebbero illustrare il concetto di uomo-animale, insito nelle società umane fin dai primordi.
Il problema è che il libro non ha né capo né coda, riducendosi a citare senza arrivare mai da nessuna parte. Sembra un puzzle costruito senza un ordine sistematico, nel caos più completo. A sedare la brutta sensazione di asistematicità che si ha leggendo, non valgono nemmeno le note di folklore biografico che precedono il testo. Frank Hamel, a dispetto del nome maschile, non era un uomo ma una donna. Cambia poco. Il testo non è affatto “una indagine del tutto esauriente delle trasformazioni umane ed animali”, come recita la presentazione di Leslie Shepard.
Si deludono decisamente le aspettative.

Dopo una cinquantina di pagine non ne puoi già più di quell’elenco telefonico del folklore. Il bello è che Shepard invece è convinto che l’autrice avanzi pure una teoria:

 

l’autore avanza l’ipotesi che la credenza nelle trasformazioni animali abbia origine dalla teoria che tutte le cose furono create da un’unica sostanza, mente o spirito. È una credenza molto antica, e testimonia che nelle fasi più remote dell’evoluzione non vi erano distinzioni artificiose tra gli uomini e gli altri animali.

 

In realtà la ripresa di questa teoria è avvenuta ben prima di Hamel che l’ha attinta dal filosofo, sociologo ed educatore socialista John Howard Moore, che in The Universal Kinship, 1906, espone le sue teorie sul rapporto tra uomini e animali, riprendendo tesi buddhiste e tolstoyane. Ho cercato invano un’edizione italiana del libro di Moore. L’autore è poco conosciuto in Italia. Pochissimi ne parlano. Talvolta esprimeva idee che probabilmente dovevano essere scomode agli inizi del Novecento,  ma perfettamente condivisibili:

 

Classifichiamo gli esseri per ciò che sono, secondo le anime che sono in loro, secondo le azioni che compiono… non secondo il loro colore che è pigmento, o secondo la loro composizione che è argilla. Vi sono filantropi vestiti di piume e patrizi ricoperti di pelliccia, così come ci sono cannibali sul pulpito e rettili tra i banchieri… l’uomo è una scimmia religiosa e chiacchierona…

 

Il filosofo lanciava una vera e propria sfida all’antropocentrismo e alla morale della sua epoca. Moore, che difendeva i diritti degli animali ed era contrario ai loro maltrattamenti, sosteneva che la scienza invece di chiedersi cosa noi pensiamo degli animali, dovrebbe anche interrogarsi sul contrario, ossia su cosa gli animali pensino di noi:

Gli occhi umani non hanno mai visto i lineamenti sardonici di un uomo dipinto da un leone… Non puoi andare abbastanza in alto, né abbastanza in basso, né abbastanza lontano da trovare coloro… le cui anime non si contrarranno e si oscureranno al tocco della disumanità. Vivi e lascia vivere… Peccato per la tartaruga, il katydid, l’uccello selvatico e il bue… Sono i nostri compagni mortali. Sono usciti dallo stesso grembo misterioso del passato, stanno attraversando lo stesso sogno e sono destinati alla stessa malinconica fine, come noi. Siamo gentili e misericordiosi con loro…

Forse l’unico pregio del libro di Hamel è di aver citato Moore. Sono curiose talvolta le scelte editoriali che portano a stampare un’autrice sostanzialmente mediocre come la Hamel e a non pubblicare Moore.

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