Telemaco Signorini, Caricaturisti e caricaturati

Telemaco Signorini, Caricaturisti e caricaturati

Telemaco Signorini, Caricaturisti e caricaturati

Telemaco Signorini, Caricaturisti e caricaturati

Telemaco Signorini, Caricaturisti e caricaturati, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Telemaco Signorini, Caricaturisti e caricaturati

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Telemaco Signorini, Caricaturisti e caricaturati al Caffè Michelangelo, pubblicato nel 1893 e ristampato da Le Monnier, Firenze, nel 1952, è uno di quei libri che si comprano forse unicamente perché attratti dalla copertina, anzi nell’edizione del 52 più che altro si è incuriositi dalla sovraccoperta illustrata a colori che ricopre un cartoncino rosa a eleganti scritte nere. Si fa dunque l’acquisto, confidando di non rimanere delusi dal contenuto. In realtà il libro può essere definito un modesto e goliardico affresco nella categoria “libri senza infamia e senza lode”. Racconta patemi, burle e caricature degli e sugli artisti che ruotavano attorno al famoso Caffè Michelangelo di Firenze e offre uno spaccato di vita sfaccendata di un pugno di scrittori e pittori che avevano tempo e risorse economiche sufficienti per passare il tempo giocando e chiamando senza mezzi termini “serve” le donne di servizio.
I racconti sono episodi che quasi sfociano nel gossip e testimoniano il fatto che l’arte è sempre stata aristocratico-borghese, dato che i personaggi citati, non sembrano avere la minima preoccupazione di procurarsi il pane, ma immersi come sono in un’atmosfera di costante strampalata goliardia, si preoccupano unicamente di conquistare donne, far caricature, parlare di politica, scriver poesie o perdere tanto tempo a far burle assurde, come entrare in casa con un cavallo, oppure andare a fare una visita a un loro amico del Caffè e presentarsi in 40:

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Cinci… fra le debolezze che ebbe… era anche quella di credersi irresistibile seduttore di qualunque donna a qualunque condizione appartenesse. Dalla mistress inglese alla sua governante, dalla governante alla serva… Fu in una bella mattina d’estate che dopo aver dipinto in via Calzaioli, seduto in terra, andò al maneggio, prese un cavallo e galoppò per tutta Firenze, poi si fermò sotto a casa mia. Fra le serve che amava vi era anche una mia serva. Non vedendola alla finestra ad ammirarlo, gli venne l’idea di salire fino a lei, e senz’altro, prese a mano il cavallo, infilò la porta e salì con lui tutte e sei le scale del mio terzo piano in via del Fosso. La gente che lo aveva visto entrare, aspettò che scendesse. Cinci intanto arrivando su suonò, la serva aprì, e vedendosi comparire in faccia una testa viva di cavallo, cacciò un grand’urlo e chiuse la porta. Cinci, con molta pazienza e altrettanto zucchero che dà all’animale, riesce pian pianino a fargli scendere le scale… ma quando la gente lo vide ricomparire alla porta di strada, e lo accolse con urla e fischi, Cinci ne fu molto lusingato, ché le fischiate furono sempre ambite da lui, quanto i più sinceri applausi…

“Che si fa?” Andiamo tutti a desinare in campagna, propone uno. “No”, dice Tricca: “andiamo piuttosto a fare una visita a Moricci”. Accolta la proposta con entusiasmo generale, ci si mosse tutti insieme per la via del suo studio. Usciti fuor di piazza in un gruppo di quaranta, la gente che ci vide, credette a un principio di sommossa e avrebbe anco chiuse le botteghe se non ci avesse visto ridere fra noi, all’idea di andare in quaranta a far visita a un amico…
Quando Tricca, il primo, presentandosi solo, suonò allo studio, fu accolto da Moricci con la sua solita cortesia: “Oh caro amico, che piacere di vederti, passa pure…” Ma subito dopo un’altra scampanellata annunzia un’altra visita. “Scusa, amico, hanno suonato, vengo subito”, apre e… E un’altra scampanellata, e poco dopo un’altra, e un’altra ancora, e poi un’altra, fino a che il povero Moricci stanco per aprire e chiudere la porta del suo studio a quaranta scampanellate, la lascia aperta all’invasione di quaranta amici che commettono là dentro le più grandi indiscretezze: “Scusa, lascia stare cotesto costume”. Una clamide romana nella quale usava involtarsi quando faceva dei baccanali con qualche modella. E a un altro, “non toccar quel manichino, fammi il piacere, è in posa. Non aprir quella cartella, non posso far vedere quel che c’è. Bada, bada, perdio, mi rovesci il cavalletto… finitela mi rovinate tutto lo studio”… si infilarono le scale e si lasciò solo in mezzo a uno studio messo al saccheggio da quaranta visite fatte da quaranta amici nello spazio di un quarto d’ora appena…

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Il Caffè Michelangelo, oltre che da pittori, i famosi Macchiaioli, e scrittori, era frequentato da aristocratici, Americani, artisti francesi e studenti. Ospiti abituali erano Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Odoardo Borrani, Adriano Cecioni, Diego Martelli, Angiolo Tricca, Ferdinando Buonamici, Cristiano Banti, Giuseppe Moricci, Lorenzo Gori, Anatolio Gordigiani, Carlo Lorenzini, etc. Oggi l’edificio ospita il Museo Leonardo da Vinci.

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