Editoria, cinque luoghi comuni

Editoria, cinque luoghi comuni

Editoria, cinque luoghi comuni

Editoria, cinque luoghi comuni

Human Skeleton Anatomical Model, credit Antiche Curiosità©

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Editoria, cinque luoghi comuni

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Il sistema non ha interesse ad informare realmente i cittadini, ma crea una parvenza di informazione spesso fasulla e fuorviante. Mette, per esempio, sistematicamente in giro voci sull’editoria. Molte di queste voci sono diventate dei luoghi comuni talmente radicati da sembrare veri, ma non lo sono affatto.

 

1 Il blog di successo aiuta a pubblicare coi grossi editori

Con l’avvento dei media e quindi della realtà virtuale dei blog, si è iniziata a diffondere la voce che chi ha un blog di successo viene premiato dagli editori, sempre attenti alle novità che circolano nella rete. Per esempio, la leggenda metropolitana costruita a tavolino, sulle biografie di certi scrittori di successo, recita che essi mentre poveri in canna, tiravano a campare tra un mestiere e l’altro, siano stati notati proprio a causa del loro blog. Una rapida occhiata al blog spesso basta per convincersi dell’assurdità di tale assioma. Molti blog di scrittori in voga presso i grossi editori infatti non segnano nemmeno il numero di visitatori che probabilmente sarebbe imbarazzante da mostrare e contraddirebbe l’ipotesi che essi siano stati scelti proprio per via del grande successo delle pubblicazioni in rete. Inoltre spesso la grafica è poco curata, i contenuti hanno refusi evidenti oppure sono poco attraenti, segno che si dedica poco lavoro al blog stesso, ritenuto di scarsa rilevanza ai fini della carriera.

 

2 Se si è bravi prima o poi si arriva.

 

A parte l’aleatorietà del concetto di bravura su cui si può tranquillamente discutere in un mondo che vede scrittori contenutisticamente molto scarsi pubblicare con grossi gruppi editoriali, ma è il concetto stesso ad essere errato perché “arrivare” nel mondo editoriale è verbo fortemente condizionato dall’appartenenza politica, dall’assunzione di una tessera di partito (necessaria specialmente se si proviene da un contesto sociale modesto). Da notare che tutti gli scrittori nati poveri, se sono riusciti a pubblicare con un grosso gruppo, hanno dovuto schierarsi politicamente e spesso anche dopo il successo sono costretti a fare propaganda di partito in modo  continuo. Un soggetto che non proviene dalle file dell’upper class non ha possibilità alcuna di successo presso l’editoria che conta, se non fa attivismo politico. Ma questa è una caratteristica dell’editoria dalla notte dei tempi. Cornelio Gallo e Ovidio, non schierati per il princeps a differenza di Virgilio, Orazio e Tito Livio, furono esclusi dal circolo di Mecenate. Anche oggi, quasi tutti gli scrittori che contano provengono dall’alta borghesia e sono i classici figli di, figli di docenti universitari, di scrittori, di registi, etc. E spesso continuano ad essere pubblicati anche se non riescono a scrivere da anni niente di decente. Enrico Brizzi è uno di questi, per esempio. Imperterriti i grossi editori lo pubblicano anche se non ha proprio più nulla da dire. La bravura in tutto questo meccanismo diventa veramente un optional e conta meno di zero, essendo un fattore del tutto incidentale.

 

3 La scrittura è libertà

 

La scrittura in passato come anche oggi, è fortemente legata al potere che nega la libertà, tant’è che scrittori ormai famosi che ogni tanto pensano di sparare un loro parere libero sui media, poi improvvisamente spariscono dalla circolazione, e non vengono più pubblicati. Avete mai più visto Busi da qualche parte? Sparito. La libertà e la scrittura dei grandi numeri, in realtà non sono mai andate d’accordo. I grandi scrittori hanno sempre preteso un certo grado di libertà che non era consentita loro e si sono serviti della metafora per criticare il loro mondo. Oggi però la critica è quasi del tutto abolita. Lo scrittore che conta, conta perché sa esattamente cosa e quanto il padrone gli consente di dire e finisce di contare quando inizia a superare il numero di cose che possono essere dette. Così nasce la cultura di massa, la stessa che ci propina meravigliose favole sull’editoria e ci sussurra all’orecchio, prima di andare a letto, che l’arte è libera.

 

4 Se si fa un corso di scrittura creativa si diventa scrittori e si impara a scrivere.

 

Niente di più falso, Il corso di scrittura creativa è un escamotage delle case editrici per tirar su un po’ di soldi. Più il corso è prestigioso, più costa. Nessuno va ad un corso di scrittura creativa per imparare a scrivere, specie se si è pagato parecchio. Chi va ad un corso di scrittura creativa costoso sa di poter incontrare là gli editor che gli consentiranno di pubblicare coi grossi editori, in pratica paga per avere la possibilità di conoscerli e di essere scelto per la pubblicazione tra tutti i partecipanti del corso. Un sistema elitario e molto fruttuoso per le case editrici che, visto che vendono sempre meno libri, dato che pubblicano molte ciofeche, vendono la speranza agli aspiranti scrittori.

 

5 Per essere chiamati scrittori bisogna pubblicare con un grosso gruppo editoriale

 

Questo è un luogo comune molto diffuso, ma falsissimo, anche perché quelli che riescono ad arrivare ad un grosso gruppo editoriale si dividono in due distinte categorie. Ci sono i raccomandatissimi, in pratica coloro che rinunciano alla propria libertà per farsi portavoce di un partito. Questi sono i prediletti del sistema. Ad essi è riservata una massiccia operazione di marketing che consentirà loro di ottenere milioni di copie stampate e una pubblicità massiccia, capillare, ossessiva, una distribuzione a 360 gradi. I loro libri staranno infatti dappertutto, perfino nel cesso dei supermercati e delle friggitorie. Poi ci sono coloro che arrivano al grosso editore perché hanno un contatto che li ha fatti pubblicare. Questi sono raccomandati di serie b. Il marketing sarà fiacco, la distribuzione meno capillare, il numero di copie stampate sicuramente non eccessivo. Una volta fatto il favore a chi li ha raccomandati, l’editore li abbandona al loro destino. Gli infelici sono così costretti a pubblicare altri libri con editori più piccoli, se non a ricorrere addirittura all’auto-pubblicazione.

 

Questi sono solo alcuni dei luoghi comuni che circolano sull’editoria. Ce ne sono tantissimi, non fatevi ingannare dalle favole del sistema.

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