Swift, I viaggi di Gulliver

Swift, I viaggi di Gulliver

Swift, I viaggi di Gulliver

Swift, I viaggi di Gulliver

Swift, I viaggi di Gulliver, Formiggini 1921, credit Antiche Curiosità©

Mary Blindflowers©

Swift, I viaggi di Gulliver

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I viaggi di Gulliver dell’irlandese Jonathan Swift (Dublino, 30 novembre 1667 – Dublino, 19 ottobre 1745), romanzo censurato e sottovalutato, è uno di quei libri di cui si parla anche oggi poco e che viene perlopiù letto in versioni ridotte ad uso delle scuole, versioni che depurano il testo del suo contenuto polemico, immeschinendolo in frammenti non esaustivi che non danno davvero l’idea della profondità e della bellezza dell’opera.
Stigmatizzato spesso e ingiustamente come “romanzo per bambini”, il Gulliver è molto di più. Per chi ha la pazienza di leggerlo tutto, il messaggio satirico è chiaro e lampante. Swift mette alla berlina i vizi del suo tempo attraverso personaggi assurdi e situazioni fantastiche e dietro l’apparente innocuità della trama, ha una buona parola per tutti: corti, giudici, glossatori, aristotelici, accademici, ministri, vescovi, avvocati, benpensanti, partiti politici, verità storiche e religiose. Un libro scomodo, sottile, che tra lillipuziani, giganti, isole volanti, cavalli che parlano e situazioni grottesche, sfodera tutta la sua potente carica satirica e non ha problemi a dire che la natura umana e la politica erano corrotte fin dai tempi dell’Impero romano, che l’abitudine al plagio tra uomini dotti era di prammatica, che spesso gli storici hanno mentito in nome del potere, dando fama imperitura a condottieri meno valorosi dei loro soldati. Gli uomini degni e leali venivano così dimenticati a favore di una storia che non corrispondeva al vero. Già nel suo tempo Swift aveva capito tutto, aveva compreso che i due edifici del potere e della cultura, strettamente collegati, sono un bluff e che perfino gli avvenimenti che ci vengono raccontati andrebbero sottoposti al dubbio:

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Sopra la storia moderna feci qualche scoperta piuttosto umiliante. Dovetti convincermi che i nostri storici ci hanno gabellato per grandi condottieri certi generali imbecilli e vigliacchi, e hanno trasformato dei piccoli ingegni in grandi politici, degli adulatori e dei cortigiani in persone intemerate, degli atei in uomini religiosissimi, dei sodomiti in persone piene di castità, delle spie in gente per bene. Seppi anche come si era potuto condannare a morte o esiliare persone innocentissime, mercé gli intrighi dei favoriti che avevano corrotto i giudici; e mi accorsi di quanti vili mascalzoni erano riusciti ad ottenere le più onorifiche, redditizie e importanti cariche pubbliche… I nostri storici sono dei veri ignoranti pieni di mala fede quando pretendono di narrarci aneddoti e memorie confidenziali, spiegandoci come il tale Re fu avvelenato, come il tale o talaltro principe ebbe un colloquio col primo ministro; quasiché codesti signori avessero potuto guardare dal buco della serratura nei gabinetti dei sovrani e degli ambasciatori e fossero magari penetrati in fondo al loro pensiero; mentre invece l’hanno riferito di solito con errori tanto marchiani… Un generale in capo mi confessò d’avere riportato una volta, una strepitosa vittoria per la vigliaccheria del proprio contegno; un ammiraglio mi disse che aveva sconfitto la flotta nemica contro ogni proprio desiderio perché era invece deciso a lasciare sconfiggere la propria. Tre sovrani mi assicurarono di non aver mai, durante il tempo del loro regno, premiato o promosso una sola persona di merito, salvo una volta che uno di essi fu ingannato dal proprio ministro, il quale s’era, alla sua volta, ingannato. E del resto m’assicuravano d’aver avuto ragione con quel loro sistema, dal quale non si sarebbero distolti se fossero tornati al mondo; perché i troni debbono necessariamente sorreggersi con la corruttela dei costumi, essendo incomodissimo nei pubblici affari trattare con persone dritte, leali e positive. (G. Swift, I viaggi di Gulliver, a cura di Aldo Valori con ornamenti di Enrico Sacchetti, Formiggini 1921).

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Se gli storici mentivano, nelle accademie delle scienze non c’erano soggetti migliori. Swift immagina di incontrare gli accademici di Lagado che concepivano “molti meravigliosi disegni”, nessuno dei quali funzionava. Nella Grande Accademia di Lagado ci si occupava di questioni importanti: estrarre dalle zucche raggi di sole che poi dovevano esser conservati dentro boccette utili per riscaldare l’aria nelle stagioni fredde dell’anno; trasformare gli escrementi in cibo; costruire case cominciando dal tetto; lavorare la terra servendosi di maiali; sperimentare un clistere a vento per depurare il corpo; raccogliere frasi sconnesse elaborate da una macchina per scrivere libri; fare a meno delle parole e sostituirle con gli oggetti corrispondenti a ciò che si vuole indicare, etc.
In poche parole sbeffeggia glossatori, scienziati, intellettuali e azzeccagarbugli della sua epoca, ponendosi in una posizione molto critica rispetto alla cultura ufficiale.
I viaggi di Gulliver va gustato lentamente, come un ottimo vino d’annata che aumenta di valore col tempo, perché la letteratura sopravvive nei secoli e mantiene inalterata la sua qualità essenziale che è quella di vedere il mondo oltre la superficie e le convenzioni, a rischio di non essere capiti.
Checché ne dicano i fautori del politicamente corretto, l’innocuità che va tanto di moda oggi come metodo pseudo-letterario di chi non ha nulla da dire e si limita a cambiare l’acqua ai fiori di masse sempre più disabituate a leggere, non potrà mai essere letteratura, soltanto un’insulsa moda passeggera.

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