Vaglio al vaglio, editoria

Vaglio al vaglio, scelta stoffa

Vaglio al vaglio, editoria

Vaglio al vaglio, scelta stoffa

La via del fango, credit Mary Blindflowers©

 

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Vaglio al vaglio, editoria

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Oggigiorno va molto di moda dire che i grossi editori pubblicano autori validi che sarebbero stati notati sul web e che pubblicherebbero senza raccomandazione alcuna. Insomma, la favola della meritocrazia si arricchisce di nuovi particolari legati alla rete e veicola messaggi fasulli rivolti all’ingenuità di chi legge.

Gli scrittori scarsi sono sempre esistiti, adesso però intervengono nei social col preciso programma di negare l’esistenza di una casta che monopolizza l’editoria che conta. Così tutti coloro che pubblicano con medi e grossi editori ripetono come tanti pappagallini ammaestrati e caricati a molla che sono stati “notati in rete” e dunque pubblicati per la loro mirabolante bravura. E la gente comune tende a crederci perché è più facile credere che andare a vagliare (verbo in questo caso semanticissimo… scoprirete perché) criticamente un testo, la prova del nove delle reali capacità del soggetto.

Mariangela Galatea Vaglio è una tra le tante pronta a giurare e spergiurare di essere stata “scelta” perché avrebbe “la stoffa”. Insomma, gli editori sceglierebbero sulla base del solo talento. Caspita! E noi che pensavamo che scegliessero sulla base dei legami politici e delle conoscenze! Che sciocchi! Siamo dunque andati a leggere il talento prescelto che oscurerebbe tutti gli altri e ci siamo messi le mani nei capelli. Non siamo riusciti realmente a capire che cosa scriva questa gentile signora. In “Didone, per esempio. Nuove storie dal passato”, fa una carrellata di personaggi famosi dell’antichità classica con dei paragrafi a cui dà titoletti ingenui: “Didone, ovvero perché le donne toste si innamorano degli Enea” (Regina ad templum forma pulcherrima Dido / incessit, Virgilio più che tosta la battezza nel I canto dell’“Eneide” come donna bellissima… chissà se la Vaglio l’ha mai letto!); “Elena di Sparta la donna che non si sa”; “Ulisse, il contadino che voleva conoscere il mondo”, etc. La scrivente utilizzando un linguaggio da prima elementare presa la sera tardi, discetta liberamente come un passero impazzito che ha battuto la testa contro il vetro di qualche finestra, con considerazioni rispetto alle quali Flavia Vento sembra un premio Nobel:

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Elena di Sparta… Chissà com’era. Alle volte la curiosità prende. La donna più bella del mondo. E che sarà stata mai, un’Angelina Jolie all’ennesima potenza? Una Uma Thurman, una Carol Alt dei bei tempi andati, una Bellucci senza manco una ruga? O meglio ancora una Grace Kelly, altera, irraggiungibile e soprattutto molto, ma molto stronza?

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Ah siamo estasiati dalla profondità filosofica e letteraria di tali interrogativi esiziali. Suggeriremmo alla Vaglio di leggere Omero, “Iliade” III 156-157, il cosiddetto τρίγωνον ἐπίγραμμα, per comprendere se il cantore cieco fosse in stato d’esaltazione quando faceva descrivere Elena, dai nobili troiani nella τειχοσκοπία:

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οὐ νέμεσις Τρῶας καὶ ἐüκνήμιδας Ἀχαιοὺς

τοιῇδ’ἀμφὶ γυναικὶ πολὺν χρόνον ἄλγεα πάσχειν·

αἰνῶς ἀθανάτῃσι θεῇς εἰς ὧπα ἔοικεν

Non è vergogna che i Troiani e gli Achei dagli schinieri robusti

per una donna simile soffrano a lungo dolori:

terribilmente, nell’aspetto, somiglia alle dee immortali!

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L’epigramma in questo caso si chiama triangolare perché si può leggere iniziando da si dove vuole, dalla prima, dalla terza, dalla seconda linea: il significato e il senso non cambierebbero.

La Vaglio ancora:

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Essere una donna e parlare di Elena, be’, è un’impresa. È una di quelle che ti stanno antipatiche a pelle: la più bella del mondo, e già questo te le fa girare. Tutti attorno a sbavare e questo te le fa girare ancora di più ancor di più. Poi lei facesse qualcosa per risultare più simpatica. Macché. Un gesto, una parola. No, zitta e muta…

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Basta andare qualche linea più giù rispetto all’epigramma triangolare suindicato per smentire immediatamente il mutismo di Elena. La risposta di Elena a Priamo:

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Tu sei per me venerando e terribile, suocero mio. Oh, se mi fosse piaciuta morte crudele, quando qui il figlio tuo seguii, lasciando talamo e amici e la figlioletta tenera e le compagne amabili! Ma non avvenne così, perciò mi struggo a piangere. Io ti dirò quello che chiedi e ricerchi: è il figlio d’Atreo, il potentissimo Agamennone, sovrano nobile e guerriero gagliardo: era cognato mio, di me cagna, se mai questo fu!

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Zitta e muta un corno, Vaglio! Passi al vaglio Omero e se ne renderà conto!

Più leggiamo più ci accorgiamo di quanto sia caduta in basso l’editoria italiana.

La Vaglio che sostiene un metodo meritocratico nella selezione dei testi da parte della media e grossa editoria, a nostro parere non ha mai scritto un libro decente in vita sua, perché di fatto non sa scrivere che scempiaggini. Chiamare saggistica quell’accozzaglia di frasi triviali e luoghi comuni uniti a considerazioni del tutto personali e banalissime, è davvero troppo. Ci vergogniamo quasi a recensirla per quanto è insignificante.

Come si fa a scegliere di pubblicare simili stupidaggini?

Come può un editore degno di questo nome scegliere volontariamente e con consapevolezza di pubblicare simili castronerie?

La media e grossa editoria sta andando verso la sua rovina. Forse pensa che i lettori siano tutti idioti integrali?

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