Mario Fresa, comunicare nulla

Mario Fresa, comunicare nulla

Mario Fresa, comunicare nulla

 

Mario Fresa, comunicare nulla

Il castello finto, credit Mary Blindflowers©

 

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

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Mario Fresa è un tipo che si vanta nei social di saperla molto lunga e di essere l’uomo che non deve spiegazioni a nessuno. Ebbene, dopo aver letto le sue poesie abbiamo anche capito perché non spiega nulla. Leggiamo alcuni suoi versi:

Poi subito il tremore ha riposato ancora nella pioggia,
in quella lieve tranquillità che ha generato
l’indecisa, lunghissima stagione.
L’ombra nasconde docili rumori e a poco a poco estingue
in laminata attesa il precipizio d’acqua,
la crudele fratellanza dei gesti
che sgretola l’ampiezza di questo sonno duro :
un movimento ansioso che matura e si fa
grave divenire, avvelenato desiderio.
Piove sull’implorante fuoco della pelle che si stringe
in questo moto dalle promesse dolci
respirerà la luce pietrificata in noi,
si strapperà la densa voce del diluvio
nella lotta dei gesti prosciugati ;
e questa mano e questo volo figurato
fanno così tremare
il dolce nome dell’invito, e i riccioli carezzano
il terreno, fiammeggiano morendo
sulle tue bianche braccia.
Si apre volando il celestiale nastro che sorveglia già le strade :
la seta fascia i gesti
e come tace lo stupore della vista,
come risplende il fiore degli abbracci
ricaduto nella luce dei fantasmi…
(Da Alluminio)

Che cosa abbiamo?
Una lirica dal linguaggio stanco, condita di immagini già viste, il tremore, il fiore degli abbracci, e di nuovo il tremare, il nastro celestiale, tutte visioni di stampo prettamente ottocentesco e di struttura piuttosto banale che non richiedono particolare movimento creativo né comunicano alcunché a livello contenutistico, anche se Fresa ama spesso parlare di “poesia contro”, ma di fatto a quanto pare, non ne fa. Argomentativamente la lirica è totalmente innocua e priva di slancio vitale. È una poesia senza sangue, anemica. Di che cosa parla? Di una sinergia uomo-stagione che genera stupore e ricade nella luce dei fantasmi tra riccioli ed inviti? Ma siamo davvero ad una leziosità da 1850! Mancano le maniche a sbuffo e il cerchio nei vestiti delle dame. A Fresa forse sfugge che siamo nel XXI secolo.
Nello specifico colleziona 12 sinestesie e 2 metafore il cui significato è oscuro. A noi pare che l’autore:
possieda in casa un volume di figure retoriche che copia-incolla senza un filo logico né un briciolo di slancio comunicativo;
non abbia la modestia di pubblicare su qualche quotidiano ovvero rivista (lo troverà qualche editore di stomaco forte che lo ospiti per la sua auto-ermeneia!) la decrittazione di ciò che scrive.

Se per lui ermetismo significa non comunicare nulla, ma fare semplicemente passerella per figures of speech che il lettore non riesce a decifrare nella portata semantica, a nostro modestissimo giudizio non ha la cognizione di che cosa sia il linguaggio metaforico. Egli qua gioca a fare la Sibilla cumana di provincia. Sembra il sordomuto di San Marco, (7, 34). Forse c’è bisogno dell’intervento taumaturgico e carismatico di Gesù Cristo per farlo parlare veramente senza limitarsi ad una sorta di LIS ossimoricamente scritta!
Ma, fuor di ironia, siamo qui davvero a fare un bagno di umiltà per chiedergli di spiegarci che vogliano dire (elenchiamo qui con doverosa parafrasi sarcastica le sue mirabolanti associazioni espressive tra parole pertinenti a diverse sfere sensoriali tratte da “Poi subito il tremore”):
al verso 1 il parkinsonismo addormentato nelle precipitazioni atmosferiche;
al 4 un discreto casino occultato al riparo dal sole;
al 5 un’aspettativa a moto per scorrimento reciproco di strati paralleli di fluido;;
al 7 lo sbriciolamento dell’estensione lineare quando si patisce un contatto spigoloso con le braccia di Morfeo;
ai versi 8-9 un moto non sedato da Tavor non più acerbo, progressivamente più preoccupante ;
al 12 l’alito su una sassosa sorgente di radiazione elettromagnetica, costituita da determinate lunghezze d’onda, che permette la possibilità di vedere gli oggetti;
al 13 gli squarci nelle fitte emissioni sonore di precipitazioni idriche bibliche;
al 14 i cenni inariditi;
ai versi 18-19 i capelli al flambé in decesso su arti superiori non abbronzati;
al 21 i cenni avviluppati in fibre proteiche di origine animale atte a fornire tessuti pregiati;
al 22 il silenzio degli occhi meravigliati;
ai versi 24-25 gli spettri luminosi che avviluppano il meglio degli amplessi.

Fermiamoci qui in religiosa attesa delle sue decifrazioni; ci perdoni se siamo stati fin troppo irridenti di fronte al suo immenso simbolismo troppo arcano per noi vecchi incartapecoriti nel cervello!
Leggendo altre sue poesie l’impressione che il signor Fresa non possa spiegare nulla, perché non dica nulla, si è rafforzata.
In una delle sue ultime poesie di certi svenimenti a distanza, il poeta si chiede tra vari versi frammentari e incomprensibili: “Restiamo solo in piedi, oppure siamo davvero qui?”
Ecco bella domanda. Ma è sicuro di esserci davvero?
Noi nutriamo più di qualche dubbio, poeticamente parlando.

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=vrpJB7ucC5Y

 

 

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