G. Boccacci, Il Decamerone, Giornata quinta, Formiggini. 1923, credit Antiche Curiosità©
Di Mary Blindflowers©
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Decamerone: giornata quinta, cenni
Se la giornata quarta ha toni scuri e macabri, la quinta risolleva i finali con esito “felice”: “Finisce la quarta giornata del Decameron; incomincia la quinta, nella quale, sotto il reggimento di Fiammetta, si ragiona di ciò che ad alcuno amante, dopo alcuni fieri e sventurati accidenti, felicemente avvenisse”. Il tema dell’incorporazione non è più cannibalico e gli organi incorporati non sono più quelli dell’uomo come nella giornata precedente, ma della donna. La vendetta si sostanzia come pena infernale in cui il cuore e gli intestini della donna che rifiuta l’amore, vengono dati in pasto ai cani, come punizione per la sua crudeltà. La crudeltà non ricade sull’uomo come è accaduto per gli amanti delle donne fedifraghe nella giornata quarta, bensì sulla donna. E proprio la donna nella giornata quinta viene vista in una prospettiva differente, rovesciata.
Nella novella ottava il personaggio femminile cede da un ruolo attivo di diniego a un ruolo passivo di sottomissione indotto dal terrore dell’inferno e delle sue pene. La chiosa della novella non ha più quella spensierata ammirazione per le donne colte che sanno tener testa a qualsiasi mercante di sesso maschile, ma ha toni decisamente misogini. Nastagio degli Onesti, divenuto ricchissimo per la morte del padre, decide di prender moglie e si innamora di una figlia di messer Paolo Traversaro. Lei non lo ricambia, anzi lo detesta. Nastagio dispera di poterla avere. Trovatosi in una pineta assiste per caso ad una scena terribile. Una donna nuda, tutta graffiata dagli sterpi e dai pruni, grida e corre, inseguita da due cani mastini che la mordono ogni volta che possono raggiungerla. C’è anche appresso alla sventurata un cavaliere bruno con uno stocco in mano. Egli minaccia la donna di morte con parole spaventose. Nastagio prende le difese della donna, ma il cavaliere gli spiega che non può fare nulla perché né lui né la donna fanno parte di questo mondo, ma sono soggetti ad una pena infernale, essendo già morti e condannati dalla giustizia divina. Cosi Nastagio assiste alla macabra scena:
il cavaliere, messo mano ad un coltello, quella aprì nelle reni e fuori trattone il cuore et ogni altra cosa, a’ due mastini il gittò, li quali affamatissimi incontanente mangiarono. Nè stette guari che la giovane, quasi niuna di queste cose stata fosse, subitamente si levò in piè e cominciò a fuggire verso il mare, et i cani appresso di lei…
Nastagio allora che fa?
Organizza nella pineta un banchetto in cui invita anche la donna che ama e le fa assistere allo spettacolo dell’uccisione eternamente perpetuantesi della donna, punita così per aver rifiutato l’amore del cavaliere. La giovane amata da Nastagio si spaventa a tal punto che decide di cambiare parere e tramuta il suo odio per Nastagio in amore inverosimilmente repentino, in barba al detto al cuor non si comanda:
E tanta fu la paura che di questo le nacque, che, acciò che questo a lei non avvenisse, prima tempo non si vide… che ella avendo lodio in amore tramutato, una sua fida cameriera segretamente a Nastagio mandò, la quale da parte di lei il pregò che gli dovesse piacer d’andare da lei, per ciò ch’ella era presta di far tutto ciò che fosse piacer di lui.
La chiosa è aberrante:
E non fu questa paura cagione solamente di questo bene; anzi si tutte le ravignane donne paurose ne divennero, che sempre poi troppo più arrendevoli a’ piaceri degli uomini furono, che prima state non erano.
Boccaccio cambia registro per mettere in scena la duplicità della natura umana, in questo caso femminile, buona e cattiva insieme, optando per un gioco di contrasti che gli fa dire tutto e il suo esatto contrario.
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