Di Mary Blindflowers©
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I poeti vecchi
Riuniti sopra specchi istupiditi
lubrichi, immondi e sostanziosi
miti, poeti vecchi, rincagniti
scrivono storie in criptoforni chiusi
per padroni beta, occhi senza testa
affanfolata dentro l’ano di sistema.
Cresta rema stile festa non punzecchia
i poeti vecchi con gli stecchi,
non c’è nessuno all’ora sesta piena
che non lecchi gli avambecchi,
che non slappi i princisbecchi,
che non brindi coi prosecchi
che non strusci sui ginocchi
e non sciabecchi un tanto all’etto
gnocchi senza stocchi,
salamelecchi in fiocchi
per editori finti e tinti e pinti e stinti
a fuffablocchi.
(2019)
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Cosmattrazione
Cosmattrazione sciami di pianeti,
cavalco il burlesco, morte agli arcipreti
talco di tritostelle a punta,
stufa, esco, disgiunta
con scalco in aggiunta,
pronto,
c’è l’occhio di chi per giunta disputa,
con le punte a punta,
io invece sono stondata,
in aggiunta.
Qualcosa in me non vuol saper di rime,
fine batista e colline.
Tutte prime donne morte di fame.
Gli aeroporti sono chiusi da tempo.
Il metronotte ha alzato il braccio nero,
in bilico tra sogno e punto zero.
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(2019)
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La casa
La casa ha un giardino che spiazza
un mandorlo sfiorito, i pappafichi,
un nano di pietra senza più mito.
Ma sono io il povero impietrito,
svanito su un cartone, mezza tazza,
due stoffe lise, un bottone.
La casa aveva mobili antichi,
i sospiri degli antenati in parrucca,
tortoiseshell, libri con tavole incise,
una feluca del 1850,
una lampada Lalique,
qualche applique,
riflessi di sale nei vetri.
La notte è fredda,
ha gelate improvvise
sulle mie stoffe lise,
il mio bottone,
la mezza tazza, il cartone.
Gli inverni, pendenti di ghiacci
come i cristalli delle applique,
danno riflessi Lalique.
Terrò un diario puntuale.
Sulla mia tomba voglio che buttino sale.
(2019)
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DESTRUTTURALISMO Punti salienti
Nell’orgia di esplosive velari tenui a vocale di timbro scuro e chiaro, per lo più teleutostiche, ma asimmetricamente e casualmente anche endostiche ed acrostiche, sempre col filo forte dell’anelito sperimentale della creazione di onirici neologismi sempre di fresco conio (criptoforni, affanfolata, fuffablocchi), la poetessa fa schioccare (punzecchia, stecchi, avambecchi, princisbecchi, prosecchi, ginocchi, sciabecchi, gnocchi, stocchi, salamelecchi, fiocchi, fuffablocchi) il suo sarcastico crucifige all’anzianità isterilita dei poeti, in una chiave di lettura volutamente non esplicita nel postarsi a cavallerizza tra la valenza anagrafica e quella contenutistico-formale delle nuove infertilissime generazioni di pennaioli del verso cui l’editoria mercenaria tira bordone per interessi di cassetta; notevole la variatio stilistica dal soft alternare d’exordium (ABAB, istupiditi-sostanziosi-rincagniti-chiusi) al martellamento ultra-baciato dei versi in occlusive!