Franco Riccio, accademismo elitario nella saggistica citazionista

Franco Riccio, accademismo elitario nella saggistica citazionista

Franco Riccio, accademismo elitario nella saggistica citazionista

Di Mary Blindflowers©

Franco Riccio, accademismo elitario nella saggistica citazionista

Franco Riccio, Oltre l’individuo, credit Mary Blindflowers©

 

Il nome che riecheggia, che cingola, che ciondola che gongola e che dondola su ville, stille di stelle filate e già andate e fa faville, avanti e indietro, come Pietro traditore, il nome è un impostore ma fa presa sulla mente lesa di chi ha il cervello dentro l’ano del sistema.

Appena si discute sui social viene fuori il nome iena che sostanzia, appoggia, sostiene chi non ha gambe per procedere lontano, chi non ha cuore per intravedere il futuro, chi non ha forza per sostenere opinioni proprie ed originali. Il nome surclassa ogni ragione possibile, ogni contraddittorio. Se l’ha fatto o l’ha detto il nome è giusto che sia così, perché è scritto, amen, non si sa bene dove, ma se il nome ha agito in un certo modo significa che da qualche parte è scritto e che cosi sia, è legge incontrovertibile, inalienabile d’imprinting paperesco globale. Citare dunque, citare, allo sfinimento, per essere, per contare, rifarsi al nome che è sempre garanzia di infallibile verità, annullare lo spirito critico, logorare la ragione fondamentale come bene umano ormai in disuso, fuori moda.

La venerazione del nome costruito dal sistema per i vassalli del sistema, ha preso definitivamente piede nella società contemporanea, una sorta di divismo spesso irragionevole e balzano in cui per sostenere qualunque tesi non si usa la semplice logica, la riflessione consapevole, ma la citazione spesso estrapolata, devastata ed estratta come un dente cariato, dalle sue intenzioni primigenie. Così si cita Eco o Lagerfeld per giustificare l’acquisto seriale di libri da mostrare poi ai media in foto in cui il nome si fa ritrarre in bella vista circondato da un mare, da un oceano di libri per leggere i quali non basterebbero tutte le vite di Mefistofele, ma fa tendenza farsi fotografare coi libri, una sorta di status sociale, e molti personaggi ai quali il sistema ha assegnato un nome e che tranquillamente davano dell’imbecille a chiunque non assecondasse le loro manie seriali e esibizioniste, vengono citati in continuazione, come esempi di perfezione sublime, di cultura che proviene dall’alto di cieli tersi e cristallini, perché il nome è nome e nessuno può far nulla contro di esso, la sua potenza è diventata tale che ormai non solo nei social, ma anche nella saggistica, si abolisce quasi il ragionamento per citare a raffica il nome, che rimbalza e martella, stanca, sfinisce, stordisce con la sua truce ed ingiustificata prosopopea.

Franco Riccio in Oltre l’individuo, variazioni sul tema Übermensch, in Nietzsche in lingua minore, offre un esempio di come si possa comparire e curare una miscellanea di articoli, senza scrivere nulla di originale. Attraverso una scrittura frammentaria e pressoché incomprensibile nell’esposizione, Riccio, si destreggia malamente tra citazioni, frammenti incastrati non si sa con quale connessione neuronale, in un gioco di continui rimandi a ciò che ha detto quel filosofo su Nietzsche, a ciò che ha detto quell’altro filosofo, etc. Un minestrone di saccenteria citazionistica. Ma non si fa prima a leggere direttamente Nietzsche? È stupendamente molto più semplice da capire.

Il citazionismo ossessivo ha invaso anche tristemente la saggistica che si compone ormai di testi che citano e analizzano non il testo oggetto del saggio, per esempio in questo caso, come si è detto, Nietzsche, ma altri testi che hanno analizzato il filosofo tedesco. Si danno alle stampe libri che sono una critica della critica, una citazione della citazione, un puzzle di rievocazioni bignamesche per costruire un discorso sul discorso, per citare i contributi di quel nome e di quell’altro nome accademico in una sorta di autocircolo referenziale e chiuso. Il contributo di Riccio, è un assemblaggio di pezzi, una composizione, un intervento sintetizzante lavori di altri in due parole, citando, affastagliando nozioni, pareri sul parere, e come risultato si ottiene un polpettone pseudo-dotto di cui il lettore farebbe volentieri a meno.

A volte leggendo questo tipo di saggistica si ha come l’impressione che il testo originario potrebbe anche non essere stato letto, tanto cambierebbe poco nella sostanza dello scritto del saggista.

Ma la forza del nome è trascinante, ipnotica e si passa dal furto del fuoco alla quantistica, come se niente fosse, in un miscuglio dottrinale, stilisticamente discutibile in cui Riccio mescola cosmologia con mito, biologia molecolare con dialettica, ottenendo un impasto micidiale di supercazzola prematurata senza significato alcuno, se non quello di tenere la filosofia in ambito strettamente accademico e di allontanare il lettore, perché il nome ha bisogno di un potere esclusivo, quindi farsi capire sarebbe veramente troppo:

Memoria. Essa tiene vivo il titanismo prometeico, nel fuoco rubato a Dio, esercita il suo potere sulla “terra” dove la vita fiorisce, rubando ad essa nella ripetizione del furto, la sua forza sfuggente, per trasferirla nella parola dell’io che parla e impone di essere udito, mediante la quale promuove e realizza, nella formalizzazione del segno, su cui ritaglia il significato ad essa conforme, l’antico e immutato progetto del regno dell’uomo sulla terra: quel progetto che muove il riso di Foucault. I “quanti”, restituiti all’instabilità del loro movimento… spezzano la continuità istituita del mondo verticale, tra “quanti viventi” e “quanti fisici”, lasciando sussistere la differenza soltanto nel diverso grado di complessità. Informazione trasmessa da una linea di attualizzazione di una sperimentazione, delineante una congiunzione disgiuntiva tra microfisica, biologia molecolare, cosmologia critica, in linea discontinua con la teoria dell’evoluzione, per non parlare della dialettica, della quale cortocircuita quel miraggio antropocentrico che rendeva possibile una teoria universale in grado di prevedere l’evoluzione generale dell’universo, deducendola dai primi principi. Quel livello raggiunto impone alla filosofia un’autoriflessione radicale, masturbazione intellettuale dell’uomo creativo…(Franco Riccio, Oltre l’individuo… pp. 74-75).

L’uomo creativo, dopo aver letto questi contorti accademismi sarà davvero molto felice di usare il libro per raddrizzare le gambe dei tavoli o di buttarlo dentro una zuppa di cavoli, tanto tutto fa brodo purché abbia un nome da esibire nell’etica del dire senza dire.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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