La corrida dei libri inutili e il massacro del lettore

La corrida dei libri inutili e il massacro del lettore

La corrida dei libri inutili e il massacro del lettore

Di Lucio Pistis©

La gabbia, credit Mary Blindflowers©

 

Visto che fa caldo e Sandro con cui scrivo di solito, è in vacanza, beato lui, ne approfitto per fare alcune considerazioni che mi sono venute in mente dopo aver letto alcune discussioni on line su vetrine, libri, letteratura, scrittura in genere ma soprattutto sulla figura del lettore. Chi può essere definito oggi un lettore?

Il lettore ideale del grosso editore non è un lettore, è uno sprovveduto osservatore di vetrine, un frettoloso superficiale che compra gioioso col filo dell’aquilone in mano, tutto ciò che il marketing editoriale in mano ai gruppi di potere, propone. Il lettore ideale non è colto, a differenza di quanto comunemente si pensi. La cultura è infatti un elemento che disturba il mercato, lo satura di critiche e la critica ad un prodotto di scarsa qualità che campeggia in vetrina secondo l’ordine di tre fattori fondamentali, agganci-innocuità-vendite, non è una cosa che possa andare a braccetto con le esigenze del marketing né con le esigenze della politica che ha dato lustro ad un certo autore.

In tutto questo che appare quasi scontato, ciò che colpisce è la favolistica ingenuità del fruitore medio che, nonostante subisca giorno dopo giorno la violenza di vetrine cariche di libri inutili, commerciali, nonostante l’aggressione continua ai neuroni e alla vista di pagine e pagine di carta stampata che esaltano ogni possibile e immaginario vuoto contenutistico, in un surplus di assoluta futilità, giudica violenti tutti coloro che con le pagine di quel vuoto vorrebbero pulirsi il deretano.

Lo scarto rievocato dal gesto infatti attiene ad un universo escrementizio che in un Paese perbenista e cattolicissimo, non può essere nominato. Lo scarto costituirebbe violenza, aggressività contro la sacralità dei libri proposti da un super ego dominante che indirizza le coscienze verso il nulla.

Strano Paese il nostro, dove nessuno o quasi si scandalizza che nullità come Volo, Coelho, Gramellini, Moccia, stiano continuamente in vetrina, che l’editoria stia totalmente in mano alla politica e che agli editor della letteratura non importi nulla, (essendo essi stessi spesso completamente impreparati e incapaci di giudicare un testo), ma si scandalizza per l’associazione libro-scarto.

Avete mai assistito allo spettacolo deplorevole e cruento di una corrida?

Io sì e non mi è piaciuto per nulla.

C’è un toro di allevamento con un arpón de divisa, segno di provenienza e appartenenza, etichetta colorata, un nastro che praticamente ha i colori dell’allevamento. Il torero provoca il toro con un grande drappo di tela, il capote, rosa e giallo, mentre il picador cerca di infilzarlo con una picca costituita da un manico di legno di frassino e una punta in acciaio. Il povero toro in una seconda fase viene ricamato di banderillas, il torero sostituisce dunque il capote con la muleta, un drappo più piccolo di colore scarlatto. Il toro viene distratto dal colore rosso, vede solo quello, essendo mezzo cieco. La bestia viene uccisa entro il decimo minuto, con una spada tra le scapole che raggiunge il cuore.

Il toro è il lettore medio, inscatolato dentro un’arena, etichettato prima di competere con la forza dell’intelligenza, e ucciso entro i limiti di un omicidio perfettamente controllato da un sistema di editor-toreri che lavorano per colpire il cuore, annientando la ragione e approfittando della sua cecità. La muleta è la vetrina che attira e inganna i ciechi, la picca è il libro stesso che uccide cuore e mente.

Salvo rari casi in cui un toro più sveglio incorna i suoi massacratori, la fine del toro è scontata, banale, perché viene allevato per morire, per non capire nulla, per non vedere se non il rosso della muleta, per essere distratto da drappi colorati e in movimento. Peccato che quel movimento avvenga dentro il perimetro di uno spettacolo rigidamente prefissato, dentro i confini di un mondo già dato di cui si sa già la fine.

Ci sono molti modi per uccidere. Si può uccidere con una picca e si può uccidere con un libro. Il libro inutile è la picca ficcata tra le scapole ingenue dell’innocuo toro-lettore, che nella sua cecità viene costretto con segni distintivi plateali e colorati, a correre in una certa direzione, per poi venire letteralmente soppresso come un animale.

Cosa rimane?

La carcassa di una bestia che non ha più pensieri perché qualcuno, più furbo, ha provveduto ad eliminarli. Rimane un lettore allevato per morire nel non pensiero, nell’inanità di un mondo inutile che prevede cronica e insanabile cecità.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Similitudine, ahinoi, terribilmente pertinente. Aggiungerei che i blogger che si adeguano e non prendon le distanze da quei prodotti editoriali rassemblano gli spettatori conniventemente inermi quando non entusiasti davanti a quel massacro!

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