Consonanze montaliane, automi, ragione

Consonanze montaliane, automi, ragione

Consonanze montaliane, automi, ragione

 

Gli automi hanno ragione, soft pastel on paper, by Mary Blindflowers©

 

Mariano Grossi©

Consonanze montaliane

.

 

Addii, fischi nel buio, cenni, tosse
e spo
rtelli abbassati. È l’ora. Forse
gl
i automi hanno ragione. Come appaiono
da
i corridoimurati!

Presti anche tu alla fioca
l
itania del tuo rapido quest’orrida
e fedele 
cadenza di carioca?—

 

Tornano veementi quanto in altre mai le consonanze delle i, delle rotanti e delle occlusive seguite da vocale di timbro aperto a fisicizzare il frastuono di un rapido in via libera e a scandire l’alienazione del poeta, in procinto di separarsi dall’amata in partenza alla stazione, dal resto dei passeggeri che gli paiono non creature sensibili e meditanti, ma puri automi che ripetono inavvertitamente i soliti rituali ferroviari. Ed assieme ad esse si ripropongono la rima (fioca/carioca) e l’assonanza (abbassati/murati) entrambe alternate.

 

La  speranza di purrivederti
m’
abbandonava;

e mi chiesse questo che mi chiude
ogni 
senso di te, schermo d’immagini,
ha i 
segni della morte o dal passato
è in e
sso, ma distorto e fatto labile,
un 
tuo barbaglio:

(a Modena, tra i portici,
un 
servo gallonato trascinava
due 
sciacalli al guinzaglio).

 

Qui l’effetto organetto nelle distanze e nelle attiguità si esalta ed in una poesia che dà nel suo  dipanarsi tutta l’impronta dello schema libero e deprivato di assonanze e rime, ecco nuovamente l’aprosdoketon formale montaliano e un imperfetto ed un sostantivo che aprono e chiudono la  prima parte del componimento (abbandonava/barbaglio) a intervallo 4, si ritrovano in assonanze analoghe in chiusura di secondo tratto (trascinava/guinzaglio) in un’antitesi semantica sicuramente voluta e cercata, significando che abbandonare si contrappone a trascinare in un sema antipodico, così come barbaglio, emblema del balenio momentaneo e fuggente si contrappone a guinzaglio, effigie della statica e coatta dipendenza. L’immagine dell’amata che fugge lontana si contrappone quasi in maniera di contrappasso a quella dei due animali tenuti prigionieri dall’esecutore d’ordini di una casa padronale. E sciamano e vibrano ancora una volta le consonanze emblematiche del malessere del poeta, le sibilanti e le rotanti, a rimarcarne l’effetto subdolo e strisciante dei ricordi, il  loro citrico accanimento interiore.

 

Il saliscendi bianco e nero dei

balestrucci dal palo 

del telegrafo al mare

non conforta i tuoi crucci su lo scalo 

nè ti riporta dove più non sei

Gia profuma il sambuco fitto su

lo sterrato; il piovasco si dilegua. 

Se il chiarore è una tregua

la tua carminaccia la consuma

 

7 endecasillabi e 2 settenari ne “Il saliscendi bianco e nero” in un abbinamento consueto laddove l’asimmetria e il fenomeno sismico delle rime avvicinate ed allontanate si reitera in un plafond formale che sposa perfettamente l’atmosfera contenutistica del taedium vitae d’ambientazione marittima/lacustre già sperimentato in altri “Mottetti” come quelli di apertura (“Lo sai: debbo riperderti” e “Molti anni, e uno più  duro”) e ne “La gondola che scivola”.

Anche qui rime quasi incrociate a vari intervalli (dei/sei separati da 3 versi, palo/scalo da 1) ed una baciata (dilegua/tregua) ed assonanze extra clausulam sia in forma alternata (balestrucci/crucci/minaccia con intervallo 1 tra prima e seconda e intervallo 4 tra seconda e terza, da 1verso , profuma/consuma ad intervallo 2) sia baciata (conforta/riporta), nonché consonanze intessute stavolta di velari sorde e schiacciate palatali a sottolineare le onomatopee dei volatili protagonisti della lirica (bianco/ balestrucci / conforta/ crucci / scalo / sambuco / piovasco / chiarore/ cara / minaccia / consuma) ed il solito abuso di aggressive urticanti rotanti.

 

L’anima che dispensa
furlana e rigodone ad ogni nuova
stagione della strada, s’alimenta
della chiusa passione, la ritrova
a ogni angolo più intensa.

La tua voce è quest’anima diffusa.
Su fili, su ali, al 
ventoa caso, col
favore della musa o d’un ordegno,
ritorna lieta o 
triste. Parlo d’altro,
ad altri che 
t’ignora e il suo disegno
è là che 
insiste do re la sol sol . . .

 

Endecasillabi e due settenari in apertura e chiusura della prima strofa con il seguente schema: A-B-C-B-A D-E-F-G-F-E; rime quasi incrociate e costantemente distanziate; all’interno dei versi profusione di assonanze sovente triplicate (rigodone/stagione/passione e chiusa/diffusa/musa) e il poeta sembra dare il massimo di sé in questo gioco del quindici che si diverte a porre assonanze ora ad inizio, ora a centro ora a fine verso.

Non può rimanere estranea da questa analisi dei mottetti la dedica che ne è parte e che viene posta dall’autore in incipit d’opera come egli stesso spiega nelle sue note a “Le occasioni” (“”IL BALCONE” fa parte dei MOTTETTI. E’ stampato in limine per il suo valore di dedica”)

 

Pareva facile giuoco

mutare in nulla lo spazio

che m’era aperto, in un tedio

malcerto il certo tufuoco.

 

Ora a quel vuoto ho congiunto

ogni mio tardo motivo,

sull’arduo nulla si spunta

l’ansia di attenderti vivo.

 

La vita che dà barlumi

è quella che sola tu scorgi.

A lei ti sporgi da questa

finestra  che non s’illumina.

 

E’ una lirica correlativamente oggettiva (forse più delle altre della raccolta) con l’intitolazione al balcone che s’intravede a pie’ d’opera, preannuncio pregnante di tutto il leit motiv strutturale e formale della sezione specifica; già nello schema A-B-C-A D-E-D-E F-G-H-F (contemperando in un unicum formale rime ed assonanze) è presente l’intento poikilistico, l’effetto variante anelato dal poeta; ad una prima strofa con rima alternata ad intervallo due e due versi liberi, ne succede una seconda dove il ritmo delle rime alterne si sostanzia perfettamente nei versi pari, ricorrendo all’assonanza in quelli dispari (congiunto /spunta) e poi una terza dove la clausola mira ad una semplice e più sfumata assonanza nei versi di apertura e chiusura (barlumi/ illumina), virando sulla rima endostica nel secondo e terzo verso (scorgi/sporgi); si reitera l’effetto asimmetrico nell’avvicinamento e distanziamento di rime ed assonanze tutte concentrate in clausula con l’inserimento di un trittico di rime endostiche aderentissime (aperto / malcerto/ certo) in prima strofa e di un’altra costituita dalla coppia scorgi/sporgi di cui si è appena accennato nella terza strofa con l’intervallo di un’assonanza nella strofa centrale (tardo /arduo) Ridondante e martellante il suono della vocale più chiusa (giuoco / nulla / un/ tuo / fuoco / vuoto / congiunto/ arduo/ nulla / spunta/ barlumi / quella / tu/ questa / illumina) e l’assalto delle rotanti carissime al poeta (pareva /mutare / m’era /aperto / malcerto /certo / ora/ tardo / arduo  /attenderti / barlumi/ scorgi/ sporgi/finestra).

 

Questa ricerca inesausta, questa tendenza agli effetti asimmetrici permea tutta l’opera di Montale ed è presente sotto altra veste anche in una poesia  come “Lindau” che fa parte della I sezione de “Le occasioni”, laddove l’effetto sismico delle distanze e degli avvicinamenti lascia il posto a rime alternate in schema A-B-A-B C-D-C-D; ma l’effetto sisma è lasciato stavolta all’alternanza frenetica del metro: un settenario, un tredecasillabo, un endecasillabo, un senario, un endecasillabo, un endecasillabo, un tredecasillabo, un dodecasillabo.

 

La rondine vi porta
fili d’erba, non vuole che la vita passi
Ma tra gli argini, a notte, l’acqua morta
logora i sassi
Sotto le torce fumicose sbanda
sempre qualche ombra sulle prode vuote
Nel cerchio della piazza una sarabanda
s’agita al mugghio dei battelli a ruote

 .

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