“Facce sporche”, l’evoluzione della mentalità

“Facce sporche”, l’evoluzione della mentalità

Di Mary Blindflowers©

Nicola Madia, Facce sporche, Carucci Editore, 1959, credit Mary Blindflowers©

Provocazione, questo bel termine di derivazione latina, ormai viene usato sempre più spesso per indicare la volontà di scatenare una reazione negli altri.

Tra tutte le forme di provocazione quella intellettuale o artistica gode di maggior considerazione, perché stimolerebbe l’attività cerebrale degli interlocutori e degli spettatori che sarebbero così costretti a riflettere su taluni più o meno spinosi argomenti di varia natura.

Nei social attraverso la provocazione, individui che non avrebbero spazi o possibilità per parlare in altra sede, come carta stampata o libri, esprimono le loro opinioni sul costume, la musica, la letteratura, la poesia, le donne, gli uomini, etc.

La provocazione intellettuale o artistica può essere utile e produttiva quando non sconfina nel populismo uniformizzante del linguaggio comune, quando supera il gruppetto di appartenenza in nome di un’evoluzione diversa, più fresca, non ripetitiva di vecchi ritornelli emotivi, escogitata ad hoc solo per attirare l’attenzione dei propri simili o presunti tali. Altrimenti non si comunica se non il vuoto, si cova l’uovo nel proprio pollaio e nasce il pulcino bolso. Categorizzare le persone, indicando le donne con il nome del loro organo sessuale pare vada tanto di moda su fb. La donna così diventa in un amen gnocca e si instaura un’infantile dicotomia tra donne per bene, (termine di origine vetero-borghese, che, a quanto pare, è ancora in uso nonostante non significhi assolutamente nulla, visto che la morale cambia e si evolve in continuazione), e tutte le altre.

Gli italiani sono bravi a fare queste distinzioni perché che ci piaccia o no, l’Italia è un Paese degradatamente misogino che ripete gli stessi schemi mentali a loop da secoli.

Il termine “per bene”, ovviamente, non riguarda gli uomini, per loro la morale è differente. Non si giudica un uomo “per bene” o “per male” sulla base dei propri comportamenti morali perché un uomo è un uomo nella mentalità bigotta dei benpensanti e questo basta a salvarlo da tutto.

Il linguaggio è la spia di una mentalità. Attraverso il linguaggio si capiscono i difetti e le inclinazioni di un popolo. Il linguaggio ha una sua importanza fondamentale. L’evoluzione passa anche attraverso i termini che si usano. Sottovalutare il linguaggio solo per attirare l’attenzione dei propri amici nei social, è populismo spiccio da non confondere con provocazioni intelligenti, specie se chi dice di provocare scrive e pensa di essere un osservatore del proprio tempo.

Categorizzazioni, etichettature, utilizzo di termini che forse andrebbero banditi perché ormai privi di senso come “per bene”, distinguendo e con sicurezza, dipingendo il nero e il bianco come se esistessero veramente, come se l’essere umano non fosse un impasto grigio, una stagione complessa, multisfaccettata, diversa caso per caso, fa pensare che la globalizzazione sia in noi, che poca strada si sia fatta lungo la strada dell’evoluzione, che c’è stato un avanzamento tecnologico ma non un’evoluzione nel modo di pensare.

In Facce sporche, libro dato alle stampe non nell’ottocento ma nel 1959, autore Nicola Madia, si ha un feroce spaccato della mentalità italiana di quegli anni. Sono racconti ben scritti che magari non entreranno nella storia della letteratura, ma offrono un significativo quadro dell’arretratezza italiana. Un giudice, durante un processo per stupro del marito alla moglie, esprime in camera di consiglio la sua opinione: “Fin dalle antiche civiltà la donna è stata considerata solo per un’unica funzione (quella sessuale). Prendete in proposito la poesia, la pittura, la scultura: la donna è quasi sempre raffigurata nella sua aggressività sessuale. Dal rito primordiale che aveva luogo diecimila anni fa quando l’uomo, ritornato dalla caccia, dopo aver mangiato faceva la scelta delle femmine che più lo allettavano, all’epoca rinascimentale, pur luminosa in civiltà, la donna è stata considerata sempre uno strumento di piacere. Pertanto signori, io ritengo che la moglie non possa negarsi al marito, se il marito le chiede ciò che l’umanità, senza stancarsi, sta facendo dai tempi di Adamo ed Eva”.

Nicola Madia, avvocato penalista del Foro di Roma, si è probabilmente ispirato a casi che ha visto egli stesso, casi reali. Il giudice che parla, a parte la grande ignoranza della storia primitiva dell’uomo, dato che in realtà le prime società umane furono matriarcali, rivela una misoginia assurda che relega la donna alla condizione di oggetto del piacere dell’uomo.

Le cose oggi sono cambiate in Italia?

Il linguaggio comune così categorizzante dimostra che ancora c’è molto cammino da percorrere lungo la via dell’evoluzione.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-punti-fermi/

Comments (2)

  1. chiacchia

    L’uomo sia di allora che oggi è rimasto invariato nei comportamenti sempre di
    sopraffazione di imposizione e sfruttatore del facile del vulnerabile.

  2. yellow chiacchia

    non è facile smantellare un ambiente costruito sulla malvagità dell uomo.

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