Biblioteche d’Italia? Per molti ma non per tutti©

Biblioteche d’Italia? Per molti ma non per tutti©

Di Mary Blindflowers©

Sphinx, Antique Engraving Print, credit Mary Blindflowers©

 

Tempo fa per scrivere uno dei miei saggi mi sono dovuta recare alla Biblioteca Nazionale centrale di Roma. Avevo bisogno di consultare un antico libro sulle galee. Feci richiesta. Risposero che il mio documento di identità non sarebbe bastato, occorreva anche un altro documento, un foglio con la firma di un docente universitario in cui lo stesso doveva specificare che io stavo facendo una ricerca per conto dell’università o per conto del docente.

Spiegai alla baffuta signora della biblioteca, peraltro abbastanza antipatica, che non stavo facendo ricerche per l’Università, ma per mio conto, al che rispose stizzita, che in quel caso non avrei potuto consultare in alcun modo il testo che mi interessava, riservato solo a ricercatori a denominazione di origine controllata. Risolsi tutto con la firma dell’editore per il quale dovevo pubblicare il libro per cui stavo facendo le ricerche, sì, perché in alternativa, anche la firma di un editore qualsiasi va bene. 

In poche parole ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B.

Dicono che questa sarebbe una misura di sicurezza per evitare furti e danneggiamenti ai libri antichi, certo perché il fatto di essere un docente universitario o un editore o di avere una loro firma scritta su un foglio, firma tra l’altro che non viene neppure verificata, sarebbe una garanzia di limpida onestà. Così lo Stato presume che io non essendo praticamente nessuno, non vantando titoli accademici di sorta, possa danneggiare un libro consultandolo, mentre un docente universitario lo consulterebbe delicatamente e con tutti gli accorgimenti. La presunzione diventa legge sancendo una separazione tra cittadini che non contano niente e persone che contano. Sorvoliamo poi sul fatto che questi qualcuno contino per via di aderenze politiche, nascita, conoscenze e sottomissioni varie al sistema, sì, tralasciamo, se no il discorso si allungherebbe troppo e diventerebbe anche un poco pesante, resta il fatto che io come libera ricercatrice non posso col mio solo documento di identità consultare un libro antico, mentre al docente basta presentare il suo documento o il tesserino universitario e tutto è permesso.

Maria Gioia Tavoni, studiosa di storia del libro e docente universitaria, ha scritto un bell’articolo sui furti nelle biblioteche, patrimonio di pubblica cultura, però non ha specificato nel suo pezzo che per consultare un libro antico devi essere un cittadino di serie A come lei. Le ho chiesto se questo modo di procedere all’interno delle biblioteche che lei conosce bene, le sembra democratico, ma non mi ha risposto, si è limitata a sottolineare il fatto che il suo articolo è stato molto apprezzato da un suo collega filologo, cosa del resto abbastanza scontata, dato che cane non mangia cane. 

Difficile rispondere a domande imbarazzanti sulla casta quando si fa parte di un sistema. Signori e signore, scrivetevelo in fronte, la casta è casta.

Ora devo segnarmi sull’agenda che sono una cittadina di serie B, me lo devo ricordare la prossima volta che entrerò in una qualsiasi biblioteca italiana, tempio della cultura, sì, ma per pochi privilegiati.

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