Umberto Eco e il fumetto

Umberto Eco e il fumetto

Umberto Eco e il fumetto

Umberto Eco e il fumetto

Il giudice, schizzo su quaderno degli appunti, Mary Blindflowers©

Umberto Eco e il fumetto

Mary Blindflowers©

.

Sono in molti a sostenere che Eco abbia dato dignità al fumetto parlandone nei suoi saggi, ma questo è vero solo in parte, infatti non è stato un precursore, i saggi sui fumetti esistevano già prima di lui, e comunque Eco ha sempre considerato il fumetto come parte integrante di una società omologata, incapace di comprendere se non la superficie e considerava i fruitori di fumetti poco intelligenti. Ma come è possibile, direte voi, se egli stesso collezionava fumetti? Sapeva benissimo che i primi numeri dei fumetti storici hanno un notevole valore economico, sapeva che esiste un mercato di collezionisti dell’usato, leggeva altresì i fumetti con un senso di malcelata superiorità.

In riferimento a Superman infatti, nel saggio Apocalittici e integrati, in particolare nell’articolo Il mito di Superman, scriveva che nemmeno gli autori, esattamente come i lettori, si rendevano conto che il successo del fumetto, fosse dato dalla rottura dello schema temporale tradizionale. Il pubblico dei fumetti è pigro, dice Eco, non è stimolato a fare considerazioni critiche sullo stesso, ma al contrario, a seguire uno schema iterativo, come nei gialli:

Ora Superman… Per precise ragioni commerciali (anche queste spiegabili attraverso un’indagine di psicologia sociale) le sue avventure vengono vendute a un pubblico pigro che sarebbe atterrito da uno sviluppo indefinito dei fatti, tale da impegnare la sua memoria per settimane… le avventure di Superman non hanno affatto intenzione critica  e il paradosso temporale su cui si sostengono deve sfuggire al lettore (come probabilmente sfugge agli autori) perché una nozione confusa del tempo è l’unica condizione di credibilità del racconto.

In pratica ci sta dicendo che non solo il lettore non va oltre una lettura acritica dei fumetti, ma anche gli autori non sono consapevoli di ciò che fanno. L’unico consapevole ovviamente sarebbe lui che compra i fumetti e vi fa sopra analisi sociologiche. Poi attacca un discorso abbastanza scontato sull’uomo eterodiretto, che ovviamente non può essere il dotto accademico quale egli è, ma l’uomo della strada, il consumatore di gialli e di fumetti. Citando i gialli seriali di Agatha Christie, Rex Stout, di Simenon e di Sir Arthur Conan Doyle. Questi sono schematici e iterativi, innocui. Questo è vero. Ma la sua analisi non si limita a descrivere la mitizzazione del personaggio tipico presente nei gialli seriali, nei fumetti e nella pubblicità o propaganda, bensì va oltre. Sfocia, come al solito in una dinamica classista, dando per scontato che nessun fruitore di gialli o di fumetti riesca ad attivare un punto di vista critico sugli stessi. In pratica stabilisce lo spartiacque tra se stesso, studioso di fumetti in relazione al potere dominante delle élite di cui fa parte, e coloro che invece sono eterodiretti, acritici e massa, ergo incapaci di comprendere se non la superficie di uno schema da imprinting iterativo.  Affinché il muro tra accademici e fruitori passivi, sia ben piantato, usa costantemente il plurale maiestatis quando analizza. E oltretutto sostiene che i soggettivisti di Superman sono così disattenti e superficiali da non capire, a differenza di quanto invece riuscirebbe a far lui, che il fumetto a cui danno origine, sarebbe legato ai principi della pedagogia mainstream, esattamente come i primitivi sarebbero incapaci di collegare un gesto rituale al corpus generale delle credenze:

È possibile stabilire connessioni tra i due fenomeni affermando che Superman altro non sia che uno degli strumenti pedagogici di questa società… Interrogati in proposito, i soggettisti di Superman risponderebbero negativamente  e sarebbero probabilmente sinceri. Ma allo stesso titolo qualsiasi popolazione primitiva, interrogata su una certa abitudine rituale o su un certo tabù, sarebbe incapace di riconoscere la connessione che collega il singolo gesto tradizionale con il corpus generale delle credenze…

In pratica i fumettisti, a suo dire, sarebbero così stupidi, da non capire nemmeno che messaggio stiano comunicando, da non capire che stanno propagandando il pensiero dominante senza accorgersene. Eco afferma così con tutto questo discorsetto la superiorità intellettuale degli accademici par suo, gli unici a suo dire che possono capire le dinamiche sociologiche del fumetto e di ben altro.

Ancora una volta ci dice, io sono io e voi, voi non siete un…

.

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comments (4)

  1. Giorgio Infantino

    Varie considerazioni. Innanzitutto: sono esistiti anche fumetti gialli, uno dei più noti in Italia (che poi è stato fermato improvvisamente nel suo incedere, mai saputo il vero perché), è stato NICK RAIDER (un poliziotto newyorkese, di origini italiane, tanto che Raider deriva da Raidero). In realtà i meccanismi che Eco descrivono avvengono spesso esattamente al contrario. Prendiamo ad esempio questa sua affermazione: ” qualsiasi popolazione primitiva, interrogata su una certa abitudine rituale o su un certo tabù, sarebbe incapace di riconoscere la connessione che collega il singolo gesto tradizionale con il corpus generale delle credenze…”, E’ esattamente quello che avviene in qualsiasi società, non soltanto primitiva, come spiegherebbe qualsiasi sociologo. Il fumetto, inoltre, anche il più disimpegnato, semplifica e destruttura in immagini la realtà ma, a volte, pure in modo complesso, tanto, appunto, che esiste un’arte del fumetto. L’ultima considerazione riguarda i miti che i fumetti possono riprendere o addirittura anticipare. Capitan America, ne è un buon esempio. Quell’idea apparentemente innocua è invece legata a logiche belliche che, mitizzate, è diventata un’autentica ossessione del Pentagono. Oggi, dalle parti di Trieste, Italia, esiste un biolaboratorio che si occupa di eugenetica. Dal fumetto alla realtà, senza passare per Eco. Non ce n’era bisogno.

    1. Destrutturalismo

      Di Nick Raider Eco parla molto male. Apprezza solo i fumetti di Schulz.

  2. Giuseppe Ioppolo

    TRASMISSIONE GENETICA? NO, PER SFIORAMENTO RAVVICINATO
    A proposito di certi tipi che menan vanto d’aver frequentato personaggi illustri della scienza, dello sport, dello spettacolo, dell’arte e dell’arte delle nuvolette parlanti, dovresti sapere che certe qualità si trasmettono per semplice sfioramento ravvicinato.
    Io per esempio devo la mia “mostruosa” intelligenza al fatto che mia madre ebbe un contatto per “sfioramento ravvicinato” con il treno su cui aveva viaggiato Einstein che, evidentemente, aveva lasciato un po’ del suo immenso genio disperdersi per le carrozze. L’imponderabile fato volle che questa donna, già piena di me, dopo qualche giorno dal grandioso evento, prendesse questo treno impregnato dal genio. E il genio, disperso per le carrozze, non perse tempo a concentrarsi nei miei neuroni ancora fetali, stavo per scrivere “fetenti”, e non si sarebbe trattato di errore da t9..
    A me appare chiaro che il nostro amante dei fumetti sia rimasto impregnato dai fumettisti (grandiosi!) con i quali è venuto in contatto. Non fosse che aveva già assunto altri impegni inderogabili ai quali, sfortunatamente per noi, non è potuto sottrarsi, ciavrebbe deliziato con le sue nuvolette parlanti.
    Uno che è stato gomito a gomito con Galep, Villa, Freghieri non può non competere con i migliori cartoonist del secolo, che dico? del millennio!

Post a comment