Autoconsapevolezza, scrittura, cultura, decadenza

Autoconsapevolezza, scrittura, cultura, decadenza

Autoconsapevolezza, scrittura, cultura, decadenza

Autoconsapevolezza, scrittura, cultura, decadenza

Il re del pollaio, credit Mary Blindflowers©

Mary Blindflowers©

Autoconsapevolezza, scrittura, cultura, decadenza

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L’autoconsapevolezza sembra essere morta. Quel sentimento di onestà con se stessi che invita a decifrare bene cosa le reali capacità individuali permettano di fare e cosa no, si è perso in via forse definitiva e tragicamente irreversibile. In sintesi, e tanto per farla brevissima, se non ho mai progettato una nave e non sono ingegnere, posso al limite disegnare una zattera. Se non ho mai studiato astrofisica, non vado a discettare sulla consistenza, grandezza e frequenza dei corpi persi nello sterminato universo. Se non son un provetto agricoltore, non coltivo la terra pensando di trarne profitto, perché non conosco le stagioni della semina e quelle del raccolto e non so nulla di come si coltivi, per esempio, il grano o il pomodoro.
Nel campo culturale tutto si complica. Se non so nemmeno parlare, non faccio il ministro della cultura. Sì, invece.
Se non so scrivere e non so nemmeno cosa significhi la parola “refuso”, non mi improvviso scrittore. Sì, invece.
Se non so dipingere, non posso esporre in una galleria d’arte. Sì, invece.
Il campo culturale e artistico sembra un pianeta a parte in cui la competenza, la qualità professionale e la cultura stessa che dovrebbero essere fattori impliciti assieme al talento, non contano nulla. In altri campi, autoconsapevolezza e preparazione ci devono essere: non puoi guidare un aereo se non studi e non sei competente, e non puoi giocare a calcio se sei un brocco e ti cedono le gambe. La scrittura e l’arte sono diventate invece terre di tutti e di nessuno.
Tutti vogliono scrivere, anche gente che non sa nemmeno cosa sia un refuso, cosa significhi migliorare e limare lo stile, creare contenuti originali e che abbiano più di un significato.
Nessuno legge, tutti fanno finta, ministri compresi. Con l’amico giusto diventano tutti scrittori e non si ha paura alcuna di sbandierare le proprie ciofeche piene zeppe di errori, di incongruenze, di superficiali e innocue inutilità, spacciandole per libri.
Siamo così sepolti dai libri, milioni di libri, spesso più cattivi che buoni, molte volte scritti coi piedi ma pubblicizzati di continuo. Il libro viene semplificato da un cattivo uso della lingua che viene usata in funzione del mercato e non della letteratura.
Sono infatti pochi quelli che fanno letteratura, la maggior parte scrive libri e alimenta l’idea che il libro sia un oggetto sacro: “oh, per carità, non buttate i libri! Sacrilegio! Il libro è arricchimento…” Luoghi comuni, stupidaggini. Il libro non arricchisce nessuno se è scritto male da chiunque si improvvisi scrittore. Semmai il cattivo libro spinto sul mercato con chiasso, con brutalità, rimpingua le tasche di editori senza scrupoli che, strettamente dipendenti dal potere politico, pensano che pubblicare un autore non sia fare cultura, ma l’esito di una compravendita di favori, spinte e circoli chiusi in cui deve emergere il nome più funzionale alle esigenze d’innocuità espressiva del gruppo politico di riferimento.
La morte dell’autoconsapevolezza spinge chi conosce amici influenti a improvvisarsi scrittore pur non essendolo affatto. Spesso il soggetto sa di non essere uno scrittore e di non avere alcun talento in nessun campo artistico, ma non gli importa. Infatti il talento passa in secondo piano, diventa accessorio. C’è una sorta di processo deindividualizzante, come se il soggetto, pur consapevole, prendesse di forza la consapevolezza della propria mediocrità evidente, e la sotterrasse, in modo da non vederla proprio più. Così si annullano i limiti soggettivi, si interpreta un ruolo fuori dal vero sé individuale, si smette in via definitiva di misurarsi con se stessi per creare una confortante immagine uniformata e fittizia che di base rappresenta ciò che l’individuo vorrebbe essere ma non è. Il motivo di tutta questa mistificazione? Soldi e vanità, nonché costruzione di un io iperbolico e truccato che diventa parte di sé, mentre il vero io giace morto, nascosto.
Scrittori oggi si diventa con i trucchetti del marketing, è questo il vero dramma. E lo scrittore che non nasce scrittore, crea seri danni perché paradossalmente innocuo, funzionale al potere. Non solo degrada la sua essenza, ma rovina la cultura, imponendosi sul mercato come unica soluzione visibile, semplice acqua stagnante adattata al bicchiere di una carriera preimpostata e già decisa, qualunque cosa scriva. Ma c’è soddisfazione poi a vincere sapendo di essere, in realtà, dei falliti?

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

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