Tarantolati e leggenda, cenni

Tarantolati e leggenda, cenni

Tarantolati e leggenda, cenni

Tarantolati e leggenda, cenni

Made in Italy, credit Mary Blindflowers©

 

Tarantolati e leggenda, cenni

Mary Blindflowers & Mariano Grossi©

Gli antichi pensavano che la tarantola, mordendo, causasse una malattia che si potesse curare soltanto con il suono della musica e con la danza, senza la quale la leggenda diceva che si potesse morire.
Nicola Caputi nel 1741, con il suo De Tarantulae Anatome et Morsu, sottolinea l’efficacia della danza e della musica come cura contro i morsi della tarantola che poi sarebbe un ragno.
Le pubblicazioni antiche che attribuiscono alla musica e alla danza effetti terapeutici contro il morso del ragno, sono numerose.
Francesco Serao però nel 1742 in un libro ormai rarissimo in edizione originale, Della tarantola, ossia Falangio di Puglia, lezioni accademiche, pubblicate a Napoli, dubita e nega gli straordinari effetti di questo morso, e ha una visione “più scientifica” di un fenomeno vissuto come urgenza collettiva e rituale, smentendo alcune asserzioni degli antichi:

Non saprei per quale origine i tarantolati hanno il piacere di avere armi nude, e ben sorbite alle mani; le quali nel bel mezzo del ballo gentilmente brandiscono; ed alcuna volta incivilmente impugnano contro qualcuno dei circostanti, non senza spavento della moltitudine; e talora con pessimo consiglio rivolgono contro se medesimi, tirando fuori dal proprio corpo qualche stilla di sangue, con orrore e compassione dei presenti… Come se il mal del tarantismo altro non fosse, che un effetto di rabbiosa ira, con cui quella bestia guardasse fino alla morte quella povera gente, che le fosse una volta caduta nelle mani… (pp. 5-6).

Dutens, in Tentativo di una transazione tra gli antichi e i moderni intorno alla preminenza dell’Invenzione, Miglioramento, e Perfezione delle Scienze e delle arti, Tomo III, cap. XVI, contenuto a sua volta in Origine delle scoperte attribuite a’ moderni, Bettinelli, Venezia, 1789, p. 266, 267, sostiene che nell’agosto del 1694, Bernardino Clarizio, uno dei migliori allievi di Tommaso Cornelio, per dimostrare che la tarantola non produceva alcuna malattia, ma era una sorta di isteria rituale collettiva, si fece mordere, come è scritto in Vita, Cariche e scritti di Francesco Serao, Napoli, 1742, lezione II:

Tra queste cose egli, a fondato motivo, definisce importante e degno di esser ricordato ciò che Bernardino Clarizio prese in sé, lui che fu discepolo non ignobile del celeberrimo Tommaso Cornelio. Costui, a proposito del veleno della tarantola (visto che il discepolo di Cornelio lo negava), discutendo casualmente con Domenico Sangineto, suo contemporaneo, (ma che custodiva tenacemente e con un sapere fin troppo grossolano l’opinione popolare) fu spinto a tal punto da farsi mordere sul braccio dalle tarantole. Questi sintomi colpirono il morsicato: nel primo giorno dolore nel dito mignolo del suo braccio; il giorno dopo una minuscola ferita rossiccia a metà del braccio, tutt’intorno bluastra; un biondo cerchietto per la verità chiudeva il livido; al terzo giorno il braccio si gonfiò; al quarto giorno il gonfiore sparì e contemporaneamente cessò il dolore al dito; in verità il rossore e il livido persistettero. Nel giro dei successivi quindici giorni al posto della minuscola ferita rimase una crosticina nera; dopo averla staccata, se ne formò un’altra; e nel frattempo rimase qualche traccia del livido e del cerchietto biondo. Clarizio non provò nulla, in realtà, di quelle cose che in Puglia si dice che seguono al morso della tarantola. Invece guarì completamente, e non fu mai affetto da sopore, ansia psichica o alcun difetto della vista; né tampoco avvertì desiderio di danzare, pur stimolato dall’utilizzo di una musica idonea all’uopo. Quell’esperimento di Clarizio, considerato nella cerchia degli uomini più eruditi della città (come appositamente specifica Serao), è di peso maggiore rispetto ai pur millenari racconti contrari del popolo pugliese. Baglivo, informato da Bulifonio di questo esperimento, ne fece menzione nel capitolo VIII, Historiae XL, del suo libro sulla tarantola. Da questo esperimento (conchiude il dotto professore) consegue che:

– le tarantole irritate mordono di quando in quando, ma infettano o con un veleno pressoché nullo o con uno di potenza esigua, infatti Clarizio, senza essere curato da alcun antidoto o interno o esterno, tornò sano per opera della natura;
– coloro che vengono morsi dalla tarantola:
• guariscono senza musica;
• non sono spinti dalla musica al desiderio di danzare.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    E di cresta ve n’è tanta
    pure oggi su sta balla
    ché la gente è sempre tanta
    quando canta e quando balla
    giù nell’esile Salento
    popolino ben contento
    tra lu sole, mare e viento
    là nel festival concento!
    La taranta ci ha una notte
    dedicata a lei ed a frotte
    quelle genti piglian botte:
    di un biglietto sono cotte!

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