Tamaro amaro voce sola

Tamaro amaro voce sola

Tamaro amaro voce sola

Tamaro amaro voce sola

Riflessi, credit Mary Blindflowers©

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Tamaro amaro voce sola

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“Per voce sola” è considerato dalla critica il lavoro più riuscito di Susanna Tamaro. Il motivo del successo di questi racconti si chiama Federico Fellini. Sì. perché in Italia senza un Qualcuno che dica che sei bravo, di base non vai da nessuna parte. Il fatto che sia stato Fellini a far decollare il libro, non ce lo siamo inventato, non abbiamo trovato la notizia su un rotocalco di gossip o su un social, bensì lo dice la stessa Tamaro: “Il libro fu scoperto per caso da Federico Fellini che lo lesse durante un’influenza e disse che era dai tempi della sua lettura di Dickens che non aveva provato delle emozioni così profonde. Pur avendo ricevuto in precedenza diverse critiche positive, grazie alle parole di Fellini, il libro decollò. Per voce sola è stato, forse, il mio libro più apprezzato dalla critica che ha amato l’apparente spietatezza dei racconti” (Per Voce Sola, Ed. Bompiani 2013).
E così, se il suono originario crea i mondi conosciuti e sconosciuti, il noto crea altro noto, in un processo di generazione in cui la parola “per caso”, forse suscita qualche piccolo sospetto negli scettici. Comunque sia, è triste dover leggere che un libro decolla, non per le sue caratteristiche intrinseche, ma perché piace al solito noto. Del resto, citando proprio Dickens, Fellini ci fa ricordare come un’opera di livello come “David Copperfield” si fregiò della pubblicità fatta da una serie di illustri personaggi del panorama culturale mondiale: si pensi a Tolstoj, a Henry James, a Dostoevskij, a Kafka, Joyce e Virginia Woolf tutti letteralmente innamorati pazzi del romanzo.
Ma quel che sorprende nel giudizio di Fellini è il paragone tra i pensierini da studentessa di scuola elementare della Tamaro e la forza elaborata e composita dei romanzi di Dickens i cui dialoghi tra i vari protagonisti delle opere hanno una sferza ed una carica emotiva che la povera Tamaro può solo sognare di imitare.
Andiamo avanti.
“Per voce sola”, tanto apprezzato dalla critica, presenta una scrittura abbastanza piatta e senza pregi. È una sorta di elenco telefonico in cui l’autrice innesta la psicopatologia dei protagonisti. Tutto apparentemente normale, si elencano le azioni della vita quotidiana, e vi si fanno fiorire sopra gli atti di spietata violenza percepiti da chi racconta come se fossero normali. Normale far bere acqua calda a una ragazzina, invece di darle la cena, normale, chiuderla dentro il bagagliaio della macchina, normale sgridarla, normale avere un marito orco descritto come meraviglioso.
Certamente rispetto al più noto “Va’ dove ti porta il cuore”, ci troviamo di fronte ad una operazione letteraria in cui il miele che pur c’è, viene addizionato di fiele. Ma questo basta per definire il testo, un’opera emozionante?
Il risultato emozionale crediamo sia molto soggettivo. Personalmente non abbiamo sentito tutto il pathos riferito da Fellini che del resto, non dimentichiamolo, ha fatto diventare famoso pure Morandi, il dipintore di vasi e vasetti che di significato emotivo e di contenuti, ne hanno ben poco. Siccome non esiste un metro per misurare il sentimento che un libro può suscitare in un lettore, e il de gustibus vale sempre, ci limiteremo ad analizzare lo stile di scrittura. Realistico, con periodini molto brevi, secchi e resi sotto forma di Diario. Una scrittura basica e adatta alle masse. Non che abbiamo nulla contro la semplicità, anzi, ci piace. Silone è meravigliosamente bravo nel descrivere semplicemente situazioni complesse. Ma la Tamaro non è Silone. Il gioco della spietatezza del quotidiano è davvero l’unico elemento che fa reggere in piedi questi racconti. Se si prescinde da questo escamotage, il contorno è banale, fin dall’inizio:

Caro Diario. Di nuovo lunedì. Oggi è la prima vera giornata d’autunno: c’è vento e le foglie finalmente gialle, volteggiano in aria. Per il calendario sarebbe dovuto iniziare da molto, ma con questi buchi nell’atmosfera, ormai, non si può più essere certi di niente, neanche della regolarità delle stagioni…

In sintesi sta dicendo: non esistono più le mezze stagioni. Un incipit davvero originale, non c’è che dire. Basterebbe già questo per chiudere il libro. Le foglie gialle che volteggiano in aria poi sono la ciliegina sulla torta del banale. Per quanto riguarda i buchi nell’atmosfera, ignoriamo a cosa si riferisca esattamente. Forse al buco dell’ozono? Mistero.
Se l’attacco del libro è banale, il finale della prima novella è improbabile oltre che pleonastico, utile per aggiungere del barocchismo alla storia. La bambina scrive che il padre è avvocato di giorno e orco di notte, ma il modo in cui descrive il padre non è proprio di una scrittura infantile, bensì di una penna adulta: “il mio papà è di giorno un avvocato e di notte un orco”. L’immediata associazione tra orco inteso come abusatore e avvocato, sancisce l’innesco di una polemica sociale che non è esattamente di matrice infantile, quindi la finzione che sia stata la bambina a scrivere, non è realistica, nonostante gli sforzi di parlare dell’orsacchiotto Teddy.
Come molte opere letterarie contemporanee, in molti punti i racconti peccano di inautenticità, mancano di pathos e soprattutto di genialità espressiva, a favore di un modo di scrivere terra terra, utile per imbonire le masse e indirizzarle verso contenuti emozionali in cui tutti possano provare indignazione. Il tema ricorrente è sempre lo sfruttamento e la persecuzione del debole e dell’indifeso. Più che di letteratura, si potrebbe parlare di un tentativo furbo di fare buonismo.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

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