Voto diritto, voto dovere?

Voto diritto, voto dovere?

Voto diritto, voto dovere?

Voto diritto, voto dovere?

I funghi parassiti, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Voto diritto, voto dovere? Qualche ragionevole dubbio

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Il gioco in Italia è sfacciatamente scoperto, l’inganno celato sotto finti intenti di moralizzazione della masse ormai inselvatichite in una manichea quanto falsa visione del mondo, bene-male. Il nuovo predicatore sale dunque sul pulpito preparatogli appositamente dal partito a cui appartiene che lo ha reso noto e ricco e ci dice come vivere: chi dobbiamo votare, come ci dobbiamo vestire, cosa dobbiamo leggere, come deve essere la scuola e come gli studenti, etc. etc. Insomma per ogni aspetto della nostra vita terrena viene suggerita una panacea risolutiva etichettata dentro il barattolo bene per tutti, democrazia, lo dico io che sono dio o chi per lui ne fa le feci.
Così lo psicanalista diventa politologo, il politologo podologo, il filosofo zoologo, lo zoologo archiatra, il Papa dio, dio un colluttorio e un balsamo che a sua volta ci fa la psicanalisi su quante volte dobbiamo andare al bagno e pettinarci i capelli senza pensare se non per interposta persona. C’è una confusione incredibile e in mezzo al tramestio regnano sovrani pochi nomi che ci ritroviamo dappertutto e che sembrano sapere sempre tutto. L’uomo medio, inondato da tanta sapienza, progettata a tavolino in pillole da deglutire senz’acqua più volte al giorno, senza accorgersi che sono supposte, che fa? Condivide microfrasi ad effetto all’infinito ricondivise da altri e poi altri e poi altri…
Questa sorta di populismo spiccio ma efficace si serve di tre elementi per far presa nei social: l’allestimento di una pagina professionale a pagamento che esalti il personaggio già ampiamente noto e non i contenuti; la ripetitività e continuità dei messaggi; l’immediatezza della comunicazione che avviene attraverso il riduzionismo di uno slogan che ha la profondità di una piccola pozzanghera ma arriva subito, un po’ come quelle poesie molto carine che non dicono nulla o quelle canzonette che rimangono in testa ma non hanno senso eppure molti le cantano come in stato di trans, per un fenomeno di acquisizione dovuto proprio alla continua iterazione. La gente canta la canzone del mainstream perché sente solo quella. L’informazione è a senso unico dentro la dicotomica protervia della rissa finta, tutta tinta di colori rosso e nero che oramai, con l’avvento dei grandi gruppi finanziari, non ha più significato alcuno.
Delle ideologie per cui l’uomo comune si spaventa ancora, se vince cip tornerà il comunismo, se vince ciop tornerà il fascismo, etc. non importa veramente proprio a nessuno tra quelli che contano, tranne che al popolino ingenuo.
Agli intellettuali noti preme di rimanere sul carro giusto e di starci comodi sopra, dando di volta in volta indicazioni precise di voto a chi li segue come santi padri nel deserto degli incubi. Ovviamente nessuno di loro vi dirà non votate, ci mancherebbe, perché questi personaggi hanno voce proprio grazie al voto che ha dato voce ai loro amici che li hanno sistemati. Senza politica in Italia non ci si sistema, questo è sicuro, tant’è che nessuno tra gli intellettuali che contano è super partes, sono tutti compromessi, dal primo all’ultimo, di qualunque parte siano, se non lo fossero, non avrebbero spazi per la comunicazione di massa. Anche ai tempi dei Romani era così e la formula è sempre la stessa, servilismo, pane e giochi del circo.
Il servilismo è tale dai tempi del cucco, il pane è sempre quello, a parte i grani geneticamente modificati che hanno sostituito i residui di loglio, e i giochi del circo ora sono rappresentati dal gossip che ha sostituito i gladiatori e le fiere, ingentilendo l’inganno.
Mentre prima il gossip era proprio di giornali creati apposta solo per lo spettegolìo di comari e compari che andavano dal parrucchiere o dal barbiere, oggi l’informazione è un unico grande multisfaccettato gossip. Le grandi testate nazionali ci riferiscono i patemi personali di attori e attrici e le indicazioni di voto di questo o quel critico, questa o quella cantante, questo o quello psicanalista dal doppio registro: silente e chiassoso. Il primo solo pensato recita: votate, fessi, che dobbiamo mantenerci il posto! Il secondo esplicitato e reiterato alla nausea, afferma: votate che è un vostro diritto e anche un vostro dovere!
La tiritera del dovere verso quella che un tempo si chiamava pomposamente patria, del voto come diritto inalienabile conquistato con il sangue e le feci dei nostri valorosissimi antenati e delle nostre virtuosissime antenate in stile Lucia Mondella, copre bene con l’effetto mantra, la vergogna di una legge elettorale truffa in cui capita spesso che non si vota mai chi si vota ma chi decide di allearsi con chi e perché, coi nemici di un tempo che poi diventano lacchè l’uno dell’altro pur di conservarsi la poltrona calda e i vitalizi annonari, per poi rinsultarsi dopo poco come nei teatri di marionette e riniziare tutto da capo, per rinnovare la saga di uno dei governi barzelletta più instabili e ridicoli d’Europa, in cui l’astensionismo e la disaffezione dei cittadini alla politica è regola pressoché costante che fa vincere talvolta anche le elezioni. Viva l’italietta. Great Masters’ Junk.

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