McKay, quando arriva l’alba

Mc Kay, quando arriva l'alba

McKay, quando arriva l’alba

Mc Kay, quando arriva l'alba

La campagna, credit Mary Blindflowers©

 

 

Mary Blindflowers & Mariano Grossi©

McKay, quando arriva l’alba

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Claude McKay, scrittore e poeta giamaicano-americano, figura centrale nella Harlem Renaissance, è un non trascurabile poeta. L’alba triste di New York, l’alienazione del povero, il desiderio di stare altrove, la contrapposizione tra natura e ambiente urbano, sono elementi essenziali nella poesia When Dawn comes to the City in cui descrive una città dolorosamente in movimento.
All’alba le auto ancora stanche, non rombano, ma gemono e brontolano, verbi che indicano un movimento negativo, una stanchezza emotiva veicolata dagli oggetti. Anche i carretti sono vecchi e anziché partire, brontolano anch’essi e lo fanno sotto stelle smorte. Le case sono fredde, i lavoratori che ne escono sono tristi e non camminano ma si trascinano.
Il poeta guarda e vorrebbe stare nel cuore di un’isola sul mare, lontano dai rumori afflitti della città, vorrebbe andare dove i galli cantano e le galline emettono il loro verso sugli alberi di mela rosa, un posto dove perfino il vecchio cavallo non è costretto a tirare carretti, ma nitrisce e si gode la rugiada del campo. Gli animali parlano il loro linguaggio di felicità e hanno perfino un nome a significare che non sono insignificanti creature. La capra si chiama Nannie e l’asino Ned e l’alba non è triste ma piena di rumori naturali, piena di gioia maestosa. E l’onomatopea verbale dei versi degli animali risulta efficacissima nell’originale inglese che usa un lessico molto più aderente alla gutturalità delle bestie; si pensi al to neigh dell’equino modellato sul latino hinnire molto più fedele al suono originale della bestia rispetto al nitrire italiano. E così il to crow del gallo che rimbomba dei toni gravi del pennuto molto più dell’acutissimo chicchirichì nostrano o il raglio d’asino espresso con un aderentissimo, esplosivo e lacerante per l’udito to bray, o il fedele basso muggire del bovino replicato perfettamente da to low.
E la splendida fattoria dipinta dal poeta diventa sema dell’antipodia all’urbanesimo sfrenato e stereotipatissimo degli agglomerati umani: vengono antropomorfizzati con nomignoli affettuosissimi proprio quegli animali considerati “decerebrati” dal locicommunismo dell’uomo, asino e capra, quasi a dire, programmaticamente, “Uomo urbano, non capisci nulla della valenza degli esseri che son parte del tuo stesso ceppo animale! Ed io al tuo baccano motoristico artificiale preferisco mille volte la naturalità del fracasso delle bestie!”
Insomma uno studiato rebellismo alla congrega umana, intelligentemente rappresentato dal frastuono delle macchine e addirittura del povero strillone: proprio colui che deve chiamare a raccolta la gente per l’acquisto dei giornali viene definito lonely, solo, monadico, tutto teso com’è a farsi compagnia canticchiando un nuovo tema musicale.
Proprio la studiata scelta delle onomatopee e il target intelligente delle contrapposizioni tra urbs e rus sono la spina dorsale dell’originalità di McKay:

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Clade McKay

Quando arriva l’alba in città

Le auto stanche prendono a brontolare attorno,
le auto lamentose, gementi,
ed i vecchi carretti del latte prendono a brontolare attorno
sotto le stesse stelle smorte.
Fuori delle case popolari, fredde come pietra,
scure figure partono per il lavoro;
le vedo trascinarsi tristemente,
è l’alba, l’alba a New York.
Ma io vorrei stare sull’isola del mare,
nel cuore dell’isola del mare,
dove i galli stanno cantando, cantando, cantando,
e le galline facendo coccodè nell’albero di mela rosa,
dove il vecchio cavallo da tiro sta nitrendo, nitrendo, nitrendo,
fuori sul bruno campo erboso di rugiada argentea,
e la mucca legata sta muggendo, muggendo, muggendo,
e il caro vecchio Ned sta ragliando, ragliando, ragliando,
e la villosa capra Nannie sta chiamando, chiamando, chiamando
dal suo piccolo angolo calpestato della lunga e ampia prateria
che si estende fino alle acque del torrente collinare che cade
a strapiombo sulle rocce piatte gioiosamente!
Là, oh, là! Sull’isola del mare,
là vorrei stare io all’alba.
Le auto stanche vanno brontolando attorno,

le pazze, pigre auto,
e gli stessi carretti del latte vanno brontolando attorno
sotto le stelle morenti.
Un solitario strillone si affretta,
canticchiando una canzonetta recente;
Rosse strisce si accendono attraverso il grigio del cielo,
l’alba arriva in città.
Ma io vorrei stare sull’isola del mare,
nel cuore dell’isola del mare,
dove i galli stanno cantando, cantando, cantando,
e le galline facendo coccodè nell’albero di mela rosa,
dove il vecchio cavallo da tiro sta nitrendo, nitrendo, nitrendo,
fuori sul bruno campo erboso di rugiada argentea,
e la mucca legata sta muggendo, muggendo, muggendo,
e il caro vecchio Ned sta ragliando, ragliando, ragliando,
e la villosa capra Nannie sta chiamando, chiamando, chiamando
dal suo piccolo angolo calpestato della lunga e ampia prateria
che si estende fino alle acque del torrente collinare che cade
a strapiombo sulle rocce piatte gioiosamente!
Là, oh, là! Sull’isola del mare,
là vorrei stare io all’alba.

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Claude McKay,

When Dawn comes to the City

 

The tired cars go grumbling by,
The moaning, groaning cars,
And the old milk carts go rumbling by
Under the same dull stars.
Out of the tenements, cold as stone,
Dark figures start for work;
I watch them sadly shuffle on,
‘Tis dawn, dawn in New York.
But I would be on the island of the sea,
In the heart of the island of the sea,
Where the cocks are crowing, crowing, crowing,
And the hens are cackling in the rose-apple tree,
Where the old draft-horse is neighing, neighing, neighing,
Out on the brown dew-silvered lawn,
And the tethered cow is lowing, lowing, lowing,
And dear old Ned is braying, braying, braying,
And the shaggy Nannie goat is calling, calling, calling
From her little trampled corner of the long wide lea
That stretches to the waters of the hill-stream falling
Sheer upon the flat rocks joyously!
There, oh, there! on the island of the sea,
There would I be at dawn.
The tired cars go grumbling by,
The crazy, lazy cars,
And the same milk carts go rumbling by
Under the dying stars.
A lonely newsboy hurries by,
Humming a recent ditty;
Red streaks strike through the gray of the sky,
The dawn comes to the city.
But I would be on the island of the sea,
In the heart of the island of the sea,
Where the cocks are crowing, crowing, crowing,
And the hens are cackling in the rose-apple tree,
Where the old draft-horse is neighing, neighing, neighing
Out on the brown dew-silvered lawn,
And the tethered cow is lowing, lowing, lowing,
And dear old Ned is braying, braying, braying,
And the shaggy Nannie goat is calling, calling, calling,
From her little trampled corner of the long wide lea
That stretches to the waters of the hill-stream falling
Sheer upon the flat rocks joyously!
There, oh, there! on the island of the sea,
There I would be at dawn.

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