Mieli, minestrone di citazioni

Mieli, minestrone di citazioni

Mieli, minestrone di citazioni

Mieli, minestrone di citazioni

La violenza, credit Mary Blindflowers©

 

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Mieli, minestrone di citazioni

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Vi è un minestrone di citazioni nell’articolo pubblicato da Mieli l’8 marzo sul Corriere della sera da uscirne sbalorditi; si parte dalla descrizione di uno Zelensky che commosso, chiede a trecento parlamentari americani l’istituzione di una no-fly-zone per proteggere l’Ucraina. Ci domandiamo come mai Zelensky non si turbi minimamente e non si commuova per la presenza di Azov, quel reparto militare neonazista e filoccidentale che fa parte della milizia nazionale o perché non parli mai della strage di Odessa, avvenuta il 2 maggio 2014. Notiamo una presa di posizione sibillina e un tantinello farisaica nei confronti di presunti pacifisti che, dietro il rifiuto a dare aiuti militari a Zelensky, aggredito e non aggressore, sovvertito e non sovversivo (a quanto il main-stream mediatico parrebbe far intendere), nasconderebbero la voglia non troppo recondita di veder subito la resa dell’Ucraina per evitare una carneficina dei suoi cittadini ignari.
L’autore passa poi in rassegna esempi storici disparatissimi a corredo del suo più o meno dichiarato assenso al sostegno militare degli invasi, a cominciare dall’appoggio (Italia in primis) fornito durante la guerra civile spagnola (1936-1939). “Mola precisaba del armamento suficiente que le permitiera proseguir su avance hacia Madrid y acceder a las zonas industriales del País Vasco; y Franco necesitaba poder transportar su ejército a la península. Para ambas cosas los sublevados consideraron estrictamente necesaria la ayuda extranjera” . Il governo italiano era a conoscenza dei preparativi che le forze conservatrici, monarchiche e fasciste stavano attuando per organizzare un colpo di Stato, come scrive Ismael Saz, “existen pocas dudas de que Roma era a la altura de julio de 1936, la capital más informada de cuanto se estaba tramando en España” e risultò coinvolta nella progettazione dello stesso. Negli anni precedenti Mussolini non si era dimostrato avaro di aiuti materiali e finanziari verso i vari gruppi della destra spagnola, tuttavia scelse di non rispondere alle richieste che gli pervennero successivamente alla vittoria elettorale del Frente Popular nel febbraio del ’36, per via delle analisi sulla situazione interna spagnola che giungevano da fonti diplomatiche italiane e dal Servizio Informazioni Militari (SIM) in cui si sosteneva che le possibilità di successo dell’insurrezione erano scarse, oltre che per motivazioni di politica estera legate essenzialmente alla volontà di non generare nuove tensioni con le potenze occidentali, in un momento in cui si ricercava il riconoscimento internazionale dell’Impero fascista dopo la vittoriosa campagna di Etiopia.” (E. Mastrorilli, Guerra Civile spagnola, intervento italiano e guerra totale, Universitat Autónoma de Barcelona, España, 2014, pag. 69).
Ma alcuni mesi dopo la situazione cambiò talché Sainz Rodriguez sottoscrisse quattro contratti col Vice Ministro per il materiale bellico di Mussolini accompagnandoli ad un preciso elenco di armamenti, munizioni e pezzi di ricambio.
Come si può citare un parallelo stringente tra gli eventi di questi giorni in Ucraina, dove siamo di fronte a un’invasione di una nazione straniera, con quelli del 36, allorché due entità fasciste si mettono d’accordo per rovesciare all’interno della nazione stessa il potere costituito?
Oltremodo forzato ci pare il rapporto con il sostegno alla resistenza francese del 1942 e con la rivolta nel ghetto di Varsavia un anno dopo, in piena deflagrazione di un conflitto mondiale, quando da tutte le parti d’Europa e anche d’oltre oceano si confluiva nei Paesi invasi dalla Wehrmacht hitleriana (oggi come oggi pensiamo ci si stia arrabattando, alla peggio ci pare, per non trasformare l’invasione dell’Ucraina nella terza guerra mondiale).
Citare poi Brasile 1964, Indonesia (1965), Cile (1973), Argentina (1976), eventi in cui la CIA ha sempre avuto ruoli protagonistici a livello eziogenetico, cioè il supporto straniero a popolazioni la cui libertà veniva messa a rischio da golpisti militari, ci pare piuttosto rischioso oggigiorno: per le popolazioni del Donbass l’usurpatore della identità nazionale e dell’autodeterminazione dei popoli pare proprio quel presidente ucraino che sta chiedendo alla comunità occidentale il supporto militare per respingere l’invasore russo.
L’articolo di Mieli ci pare intempestivo, ambiguo e redatto sull’abbrivio di una fronda emotiva che pretende di portare la pace con le armi (quale follia!)
Mieli in fin dei conti critica coloro i quali nutrono leciti dubbi sull’utilità di armare il popolo ucraino, definendoli finti pacifisti, e dandoci ad intendere che con le armi si potrà consentire al popolo ucraino di difendersi. Ha mai pensato però a chi stiamo dando le armi? È il caso di armare uno Stato che accoglie dei neonazisti nella sua milizia nazionale? Diciamo che non sarebbe una novità, del resto non è stato forse l’Occidente così civile e sensibile ad armare i fondamentalisti islamici? E non facciamo forse affari anche con il Qatar? Les affaires sont les affaires! Il denaro prima di tutto! Così si esporta la democrazia nel mondo, la stessa democrazia che ha bombardato la Siria, l’Afghanistan, il Sudan, lo Yemen, la Somalia, il Pakistan…
Si è chiesto Mieli se per caso dietro al nicchiare di Biden e coorte governativa yankee non ci sia l’improvviso rincrescimento per aver fatto il passo più lungo della gamba nel sostegno alla campagna elettorale dell’attuale presidente ucraino, una sorta di presa d’atto che la stalla sia stata aperta ed oramai i buoi siano scappati?

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